L’avvio della sperimentazione per una riforma degli istituti tecnici e professionali è sicuramente una buona notizia.
L’esigenza, ricordata spesso dal ministro Valditara, parte in primis dalla necessità di costruire un percorso solido e qualificante che permetta agli studenti in uscita di avere la giusta e considerevole preparazione per un buon inserimento nel mondo del lavoro, oltre alla forte opportunità di una rivalutazione di percorsi che puntano ad una valorizzazione delle capacità di studenti imperniate su un’intelligenza più pratica e non solo teorica.
Da troppi anni nel nostro Paese si è costruita un’opinione pubblica che ha considerato, erroneamente, questi studi come percorsi di secondo livello, tanto da far dire non a caso al ministro: “oggi l’istruzione tecnica e professionale diventa finalmente un canale di serie A”.
Come spesso rilevato, il gap verso altri Paesi europei si è pian piano allargato e la forbice del numero dei nostri studenti che hanno raggiunto alte qualifiche tecniche e professionali (Its) rispetto ai coetanei europei si è spaventosamente allargato: qualche migliaio dei nostri studenti contro, ad esempio, i 120mila francesi o i 240mila tedeschi.
Occorre invertire la tendenza e l’obiettivo, come dice il ministro, è quello di “garantire agli studenti una formazione che valorizzi i talenti e le potenzialità di ognuno e sia spendibile nel mondo del lavoro, garantendo competitività al nostro sistema produttivo”.
L’impostazione sembra avere concretamente questa volontà: una sperimentazione su larga scala che dovrebbe coinvolgere fino al 30% degli istituti tecnici e professionali del territorio, con l’idea di una filiera formativa tecnologico-professionale impostata sulla base di percorsi quadriennali, a cui saranno aggiunte ulteriori due annualità offerte negli Its Academy.
La metodologia didattica, “on-the-job”, prevede il diretto coinvolgimento degli studenti in esperienze pratiche direttamente sul posto di lavoro, oltre all’inserimento nell’organico di docenti provenienti dal mondo produttivo e professionale, per potenziare l’insegnamento.
Altra novità significativa è l’introduzione del “campus tecnologico-professionale”, una comunità composta da scuole, centri di formazione professionale e Its Academy, oltre a prevedere accordi di partenariato per la coprogettazione dell’offerta formativa e l’implementazione di percorsi specifici.
Indicazioni che ritengo importanti si possono trarre dalla bozza del decreto pubblicata dai media, come:
i) l’adeguamento e l’ampliamento dell’offerta formativa, con particolare riferimento alle discipline di base.
ii) la quadriennalità del percorso di istruzione secondaria di secondo grado;
iii) il ricorso alla flessibilità didattica e organizzativa.
Sul primo punto, come ho già ricordato, occorre studiare bene l’equilibrio tra insegnamento teorico e di base ed insegnamento pratico, un problema che ha messo in crisi l’ultima riforma di questo settore, attuata nel 2010.
Sul secondo punto nasce l’auspicio che sia l’avvio per una revisione complessiva che porti l’intero sistema verso i 12 anni di scolarizzazione per arrivare al diploma.
Sul terzo punto la riflessione non può che approfondire la forte volontà di una grande sinergia con il mondo del lavoro. Per far questo occorre infrangere l’attuale muro che impedisce il rinnovamento rapido delle qualifiche professionali che portano studenti ad ottenere, dopo anni di fatiche e di impegno, qualifiche obsolete ed ormai inutili per l’inserimento lavorativo.
La vera flessibilità didattica ed organizzativa si ottiene con la piena autonomia di programmazione da parte delle scuole. Come avviene per le sperimentazioni quadriennali occorrerà che il ministero si limiti ad indicare gli obiettivi formativi e le competenze chieste in uscita, lasciando alle scuole la piena libertà di programmazione didattica, utile alla preparazione per raggiungere i livelli richiesti.
La velocità con la quale si evolve oggi il mondo del lavoro e le richieste di specializzazione non si allineano con i vecchi tempi necessari per la stesura di programmi nazionali. Occorre avere il coraggio di dare alle scuole obiettivi formativi costantemente aggiornati, chiedendo loro il rapido ed indispensabile adeguamento della programmazione didattica. Questo permetterà ai nostri giovani di arrivare al temine del loro percorso di formazione con qualifiche spendibili, rispondendo a pieno alle loro aspettative di lavoro.
La sperimentazione prenderà avvio nel 2024/25 e avremo modo di valutare, ci auspichiamo in modo positivo, gli sviluppi nell’impostazione concreta.
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