Nei giorni scorsi il Governo ha approvato il disegno di legge proposto dal ministro Valditara di riforma dell’istruzione tecnica e professionale. Gli obiettivi dichiarati dal ministro sono di “dare un futuro ai tanti giovani che non ce l’hanno, o che non ce l’hanno adeguato alle loro professionalità e ai loro talenti, e, al tempo stesso, spingere la competitività del nostro sistema produttivo, che altrimenti rischia una brusca frenata”.
Il progetto intende far nascere in Italia la nuova “filiera formativa tecnologico-professionale”, destinata a coinvolgere in un’ottica di “campus” istituti tecnici, istituti professionali statali, percorsi Ifts, IeFp regionale e Its Academy. Il progetto dovrebbe partire come sperimentazione dal 2024-25 e potrà coinvolgere fino a un massimo del 30% degli istituti tecnici e professionali attivi sul territorio di ciascuna Regione.
La proposta di riforma propone il modello “campus”, che dovrà rappresentare la nuova filiera che si caratterizza per l’introduzione di percorsi quadriennali più ulteriori due annualità negli Its Academy (modello 4+2). Pertanto, gli studenti dei percorsi di istruzione tecnica e professionale al termine dell’esame di Stato potranno iscriversi di diritto ad un Its Academy biennale. Invece gli studenti provenienti da un percorso IeFp regionale potranno iscriversi dopo una prova di valutazione degli apprendimenti predisposta da Invalsi.
I “campus” dovrebbero nascere a seguito di accordi specifici tra gli Uffici scolastici regionali (Usr) e le Regioni e configurarsi come luoghi dove aggregare tutte le scuole tecniche e professionali del territorio, quale polo formativo legato alle esigenze specifiche dei territori. Inoltre sono previsti il rafforzamento delle materie di base (in particolare italiano e matematica), l’apprendistato formativo e più alternanza scuola-lavoro, già dal secondo anno, che potrebbe arrivare fino a 400 ore.
A tal fine il progetto prevede accordi di partenariato per la co-progettazione dell’offerta formativa e l’implementazione di percorsi specifici. Sarà anche possibile l’inserimento di docenti esperti provenienti dal mondo produttivo e professionale in possesso di “specializzazioni particolari per le quali manchino competenze interne”, ciò al fine di potenziare e ampliare l’offerta didattica, in primis quella laboratoriale. Questi saranno assunti con contratti di prestazione d’opera, senza “intaccare” l’organico assegnato al singolo istituto e la titolarità dei docenti.
Infine, è prevista una spinta all’internazionalizzazione con più scambi culturali ed esperienziali, visite e soggiorni di studio e stage all’estero.
Il disegno di legge proposto ha sicuramente il pregio dell’innovazione e di offrire uno “sbocco naturale per gli studenti, ma non l’unico, nella formazione Its, con due anni di specializzazione post diploma”. In realtà gli Its, non solo in questo nuovo percorso sperimentale, possono rappresentare una concreta opportunità di sviluppo dell’istruzione tecnica e professionale sia in chiave occupazionale ma anche di sviluppo e mantenimento delle eccellenze italiane in diversi settori produttivi.
Tuttavia, c’è il rischio che anche questa proposta di riforma rientri nel novero della marea di riforme che hanno inondato la scuola dal 2000 in poi. Ogni governo ha fatto la sua riforma e la scuola è stata sempre più terreno di scontro e di propaganda, dove tra riforme e controriforme si è determinato un sostanziale immobilismo e molta confusione. Mai, però una riforma organica che interessasse l’intero ciclo scolastico!
Pertanto, è auspicabile una riforma dei cicli scolastici che abbia una visione unitaria dalla scuola dall’infanzia al secondo ciclo. È anche opportuno che i nostri studenti escano da scuola un anno prima, a 18 invece che a 19 anni: in linea con gli altri Paesi europei e con gli Stati Uniti, nonché con il gigante cinese.
Come ho già scritto su queste pagine la vera riforma del sistema scolastico deve interessare lo snodo intermedio, il cosiddetto “buco nero” della scuola italiana per farne invece, il fulcro del percorso. Ripropongo il modello 4+4+4 dei tre segmenti scolastici (primaria, primo grado, superiori). I due bienni di scuola media sarebbero il primo di collegamento e approfondimento con la scuola primaria e il secondo di consolidamento e orientamento verso il secondo ciclo, prevedendo al quarto anno percorsi personalizzati che consentano agli studenti di verificare in anticipo l’effettiva coerenza della scelta con le proprie attitudini.
Una riforma così articolata della scuola media potrebbe sostenere anche la riduzione a quattro anni della scuola secondaria. Altrimenti corriamo il rischio di rinunciare in partenza ad alcuni saperi.
Al di là di queste considerazioni si intravedono alcune preoccupazioni e perplessità. Di sicuro sono da definire le modalità costitutive della filiera formativa tecnologico-professionale in un’ottica di “campus” che saranno costituiti a seguito di accordi specifici tra gli Usr e le Regioni. Pienamente condivisibile l’auspicata costituzione di poli formativi collegati con il territorio e il tessuto produttivo di riferimento. Ma quali certezze e garanzie che ciò avvenga in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale?
La sperimentazione, che sulla carta sembra garantire l’organico in essere, prevede però l’introduzione nel sistema di nuove figure di docenti, già presenti negli Its, non contrattualizzate e senza indicarne il monte ore e la percentuale di presenza rispetto ai docenti curricolari. Sarà sostenibile economicamente? Le scelte didattico-organizzative sono lasciate alle singole autonomie scolastiche? Non è condivisibile la scelta di riservare all’Invalsi di certificare se gli alunni, al termine del quarto anno della IeFp, hanno raggiunto gli obiettivi specifici di apprendimento del quinto anno per passare direttamente agli Its Academy?
Il progetto sperimentale sembrerebbe anche un tentativo di rilancio della formazione professionale, che sicuramente è auspicabile, ma forse sarebbe opportuno ripensare la stessa formazione professionale nell’ottica di una riforma complessiva del sistema scolastico.
Credo che in definitiva nella proposta di riforma ci siano utili piste di lavoro, ma è auspicabile un confronto ampio con il mondo della scuola e una visione complessiva di riforma dell’intero sistema scolastico. In definitiva la scuola è un bene prezioso che non può trascurare i bisogni educativi degli studenti, senza piegarla prioritariamente ad intercettare il fabbisogno del territorio, certamente importante soprattutto per i percorsi tecnici e professionali.
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