Dopo mesi di travaglio parlamentare la riforma che porta alla “Istituzione della filiera formativa tecnologico-professionale“, cosiddetta 4+2 perché, dopo un percorso quadriennale che può essere frequentato sia nell’istruzione professionale, sia nell’istruzione tecnica, contempla anche due anni di istruzione tecnica superiore (ITS), è giunta al traguardo dell’approvazione definitiva alla Camera dei deputati mercoledì scorso, 31 luglio.



Il risultato evidenzia sicuramente un successo per il ministro Valditara, che fin dal suo insediamento ha quasi sempre colto l’occasione per mettere in evidenza il grave problema dell’esistente e drammatico mismatch tra offerta e domanda di lavoro che porta la metà delle aziende a far fatica a coprire i posti disponibili. Una situazione legata alla carenza sul mercato del lavoro delle professionalità necessarie.



Conseguentemente Valditara ha sempre mostrato attenzione alla necessità di migliorare e valorizzare l’istruzione tecnica, per far capire la sua grande valenza formativa all’opinione pubblica, formata da genitori sicuramente coinvolti nelle scelte di indirizzo dei loro figli. Questo ha portato all’avviamento di una sperimentazione fin dal prossimo anno scolastico, autorizzando le scuole a chiederne l’avvio, e a raccogliere le iscrizioni entro la scadenza prevista del 12 febbraio scorso.

L’approvazione della legge assume, quindi, grande importanza anche per le scuole che hanno aderito, poiché diventa la garanzia di una stabilità futura e dell’attenzione da parte del ministero affinché gli obiettivi del nuovo percorso possano essere realmente perseguiti, per dare agli studenti che lo frequenteranno il concreto risultato di una preparazione adeguata alle richieste del sistema produttivo.



Sicuramente sarà inevitabile che alcune “sirene” saranno pronte a dire che questa legge porterà alla “svendita della scuola alle esigenze del mercato”, come avvenuto nel passato. Sirene che non vanno ascoltate, poiché se si vuol dare un futuro lavorativo ai nostri giovani si deve tener conto di quali richieste di formazione troveranno e si deve porre fine ad un sistema che negli anni spesso ha preparato giovani per qualifiche che, quando raggiunte, erano ormai obsolete, con la conseguente impossibilità di trovare un posto di lavoro.

Benvenuta, quindi, questa legge, e questa attenzione pragmatica alla formazione dei nostri studenti.

L’adesione alla sperimentazione è stata, inevitabilmente, limitata nei numeri. La comunicazione ufficiale del ministero indica in 176 il numero complessivo delle scuole aderenti a livello nazionale, raggruppate principalmente in sei Regioni: Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Puglia, Sicilia per un totale di 136 (78%). Un risultato sicuramente frutto delle incertezze legate all’approvazione della legge e ad alcuni aspetti non ancora definiti e che l’approvazione concorrerà ad accelerare nella loro concreta organizzazione.

Il lavoro per il ministero e le scuole sarà intenso, anche perché avrà tempi ristretti e dovrà essere efficace per dare risposte positive a quanto promesso agli studenti che si sono iscritti e che si iscriveranno nei prossimi anni.

Si tratta dunque di una riforma coraggiosa, che tuttavia si trova di fronte anche nodi complessi da sciogliere. Ne elenchiamo alcuni. La collaborazione e la sinergia con le Regioni, che, ricordiamo, hanno costituzionalmente la competenza della formazione professionale (art. 117 co. 3 Cost.); l’amalgama nella programmazione didattica per ottenere una preparazione finale utile ad accedere agli ITS Academy sia da parte di chi proviene dall’istruzione tecnica sia da quella professionale; una costruzione funzionale dei “campus”; la predisposizione di un concreto collegamento scuola-territorio con la messa in atto di un monitoraggio vero, che recepisca rapidamente le esigenze formative del territorio e altrettanto rapidamente spinga a modifiche didattiche ai fini di un’adeguata preparazione.

Una sfida che ci auguriamo possa essere vinta nell’interesse de nostri giovani. L’attuale numero dei NEET e il livello della disoccupazione giovanile nel nostro Paese lo impongono.

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