La scuola italiana sembrerebbe essere diventata un modello di inclusività internazionale da prendere come esempio, tanto che in Francia, è stato pubblicato un articolo sul quotidiano Libération, nel quale si elogiano le capacità di integrazione e i metodi didattici adottati da una scuola superiore di Roma, l’istituto Giorgio Ambrosoli, nel quale sono state adottate tecniche innovative per far partecipare alle attività allo stesso modo anche gli studenti con bisogni educativi speciali. Fino ad arrivare ad una grande percentuale di successo, sottolineata dallo stesso giornale: il 25% degli studenti disabili riesce a diplomarsi nei tempi previsti, compresi quelli che hanno gravi problemi di apprendimento o comportamentali.



E chi non riesce a completare il ciclo di studi partecipa a corsi professionali ed ottiene almeno un diploma di partecipazione o di qualifica. Tutto il merito è da attribuire ad un sistema di sostegno personalizzato. Cioè ogni per ogni studente viene analizzato il bisogno di presenza dell’insegnate a supporto dell’attività, e vengono assegnate le ore in base ai diversi casi. Cosa che invece non succede in altre scuole. Ma soprattutto non succede in Francia, dove sembra essere sempre più difficile per le scuole statali riuscire ad integrare i ragazzi con handicap e le famiglie spesso sono costrette a pagare per l’iscrizione in istituti privati che garantiscono buoni livelli di assistenza ed educazione.



Scuola, l’Istituto G. Ambrosoli di Roma come modello di integrazione

Il quotidiano francese Libération, ha intervistato l’assistente didattica Grazia Anna Di Ganzi, che lavora all’istituto Giorgio Ambrosoli di Roma. In merito al successo del sistema inclusivo che la scuola sta adottando ha detto “la scuola attualmente ha 20 insegnanti di sostegno e 6 assistenti educativi incaricati di promuovere l’autonomia nell’ambiente scolastico“.

Ha poi aggiunto “Certo non facciamo miracoli ma senza questo tipo di assistenza, molti ragazzi sarebbero stati abbandonati, si sarebbero persi, e non sarebbero stati in grado di seguire le lezioni senza questo tipo di supporto“. Inoltre, dice l’insegnante, questo modello ha permesso di ottenere risultati positivi su tutto il resto delle classi. Anche gli altri studenti infatti, beneficiano parecchio della presenza di un disabile in classe, “i ragazzi sono più aperti e più sensibili ai temi dell’inclusività e della prevenzione del bullismo“.