La riforma degli Its Academy è legge. Gli Its, della durata di due e in alcuni casi di tre anni, sono operativi dal 2010, anno dei primi corsi attivati. Abbiamo oggi la certezza non solo che la scelta coraggiosa e lungimirante di immaginare una filiera professionalizzante non universitaria fosse una scelta giusta, ma soprattutto che è questo il modo per aiutare sia il sistema produttivo italiano ad avere personale qualificato, motivato e costantemente aggiornato, sia tanti ragazzi a trovare lavoro, un lavoro coerente con il titolo di studio e quindi con le loro passioni e competenze.



Non a caso passa all’unanimità. Una legge unitaria, di iniziativa parlamentare, che sia in commissione che in aula ha trovato un percorso di dialogo, di discussione (anche accesa), di dibattito, ma anche e soprattutto di ascolto. Siamo partiti da sei posizioni diverse con sei proposte di legge diverse e ne siamo usciti con una proposta unitaria e un voto unanime. Segno che la politica, quando c’è volontà, sa anche ascoltare, dialogare e trovare una soluzione.



I percorsi post diploma non universitari, Its, funzionano e aiutano sia il sistema produttivo italiano, sia tanti ragazzi che trovano lavoro, un lavoro coerente con il titolo di studio. Occorre partire dai dati reali di questi anni, dalle storie di giovani e meno giovani, che lavorano stabilmente, se ascoltiamo i racconti dei responsabili delle aziende che per decenni cercavano senza trovare competenze e con gli Its le trovano. Tutto questo dimostra che la strada che dobbiamo seguire in una fase di ripartenza e ricostruzione deve tenere in considerazione le necessità del mondo del lavoro ma anche le vocazioni di giovani e meno giovani che cercano un percorso che sia collegato con il mondo delle professioni e del lavoro.



109 fondazioni attive, distribuite in tutte le regioni italiane, 713 percorsi attivi, 18.273 studenti iscritti, 2.898 imprese partner. L’80% dei diplomati trova lavoro e per oltre il 90% è coerente con il percorso di studi.

Tra gli elementi di efficacia ci sono sicuramente gli stage (nel 2019 il 41% delle ore del corso sono state in stage), le ore in laboratori anche di aziende (27%), le ore di docenze provenienti dal mondo del lavoro e delle professioni (70%), un uso intensivo delle tecnologie abilitanti 4.0.

Il post diploma non universitario di due e in alcuni casi di tre anni è realtà anche in Italia e lo è dal 2010, anno dei primi corsi attivati. Un sistema giovane, che funziona, che ha bisogno di aumentare i numeri, gli investimenti, migliorare il funzionamento senza snaturare la sua funzione.

È una legge che risponde ai bisogni di nuove figure professionali, migliora l’orientamento e la possibilità di far conoscere a sempre più studenti questa opportunità, nonché la spendibilità del titolo di studio; mantiene alta l’attenzione alla qualità dei percorsi, conferma la premialità per la distribuzione del 30% dei fondi, anche se avremmo preferito che questa quota fosse più alta, e li assegna direttamente alle fondazioni; introduce novità importanti sull’accreditamento e sulla sua possibile revoca dello stesso.

Ricordando che il governo Draghi tramite il Pnrr finanzierà con ulteriori 1.500 milioni nei prossimi 5 anni gli Its, che adesso si chiameranno Its Academy, sappiamo che il lavoro non è terminato.

È necessario molto impegno affinché le scuole e il ministero aiutino i ragazzi dell’ultimo anno a conoscere il sistema Its, e non solo quello universitario, in modo da incrementare significativamente il numero di diplomati che ogni anno escono da un percorso Its: l’auspicio è decuplicarli in 5 anni. Gioverebbe non poco che al ministero ci fosse un dirigente dedicato esclusivamente alla formazione terziaria professionalizzante non universitaria. Le regioni devono essere chiare e nette nel limitare al massimo la costituzione di nuove fondazioni, concentrando l’aumento dei corsisti e dei corsi sulle fondazioni già costituite, anche perché è costante in questi anni il dato delle fondazioni con risultati “critici” o “problematici”, intorno al 20%. Tutti dobbiamo lavorare perché il sistema funzioni, ovvero aiuti i ragazzi a trovare occupazione. Per questo se un Its, un corso o una fondazione non funzionano, vanno corretti e se questo non accade si devono chiudere.

Qualità, merito, valutazione dovranno essere sempre più al centro dell’azione di tutti i soggetti coinvolti. La legge va in questa direzione; ministero dell’Istruzione e Senato, a cui adesso passa la proposta, sono sicuro che si faranno guidare dagli stessi principi.

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