Definiti un pilastro educativo da Mario Draghi – tanto che nel Recovery Fund è previsto un finanziamento di 1,5 miliardi – gli Its (Istituti Tecnici Superiori) sono una realtà dell’educazione e della formazione molto diffusa in Europa, soprattutto Francia e Germania, e che anche in Italia stanno acquisendo popolarità, grazie soprattutto al metodo e all’impegno educativo di realtà che hanno saputo farsi apprezzare e riconoscere in Europa e nel mondo. È il caso di Cometa, dal sito puntocometa.org “un luogo dove si cresce, si studia, si lavora e s’impara attraverso l’esperienza”.  Indicata come modello anche dal New York Times, Cometa comprende la Scuola Oliver Twist, che accompagna i bambini e i ragazzi fino al secondo grado d’istruzione superiore, e l’Its (Iath Academy, di cui Cometa è socio fondatore) che opera nel settore del Turismo e dell’Ospitalità grazie a prestigiose partnership sul territorio comasco. Ne abbiamo parlato con Erasmo Figini, noto designer oltre che fondatore dell’Associazione Cometa insieme ai fratelli Innocente e Mariagrazia.



Quella degli Its è una formula poco conosciuta nel nostro Paese, di cosa si tratta?

Gli Its sono corsi di alta formazione tecnica post-diploma, ma anche post-laurea, rivolti a chi ha delle passioni e vuole svilupparle, vuole perfezionarsi. Noi abbiamo, in particolare, la specializzazione incentrata su Turismo e Ospitalità, con ragazzi che vengono da tutta Italia. L’Its è un’alta specializzazione, Draghi l’ha definita un “pilastro educativo”. È una preparazione tecnica al lavoro insieme e dentro alle imprese.



La durata?

Un biennio, due stage in azienda.

La vostra offerta dunque punta tutto sull’ospitalità?

Sì, puntiamo su Turismo e Ospitalità, attraverso corsi sul Management degli Hotel, la Ristorazione internazionale e il Turismo,  proposti sia nella versione Full English che con specializzazioni sulle competenze di Digital marketing e nuove tecnologie Industry 4.0.

Come è nato?

Come tutte le cose, è accaduto. Noi non abbiamo mai deciso niente a tavolino, è sempre la realtà che provoca. C’era la possibilità con la Regione di avviare un Its su Turismo e Ospitalità. Nel corso professionale della Scuola Oliver Twist abbiamo anche un indirizzo Sala bar, rivolto al mondo hôtellerie, con cui copriamo tutta la filiera. Nel secondo anno avevamo degli stage molto importanti, mandavamo i nostri ragazzi presso gli alberghi più importanti di Como, per permettere loro di raggiungere da subito un certo livello di competenze.



E poi cos’è successo?

Poi i proprietari degli alberghi erano dispiaciuti del fatto che nel territorio non ci fosse più una scuola di alta formazione rivolta a questo mondo, i ragazzi dovevano andare in Svizzera per frequentarne una. Quando si è presentata l’opportunità di avviare un Its, li abbiamo convocati invitandoli a creare una partnership. Abbiamo detto: sarebbe bello partire dove la professionalità diventa sempre più alta. Così è nata questa Fondazione, che ha diverse partnership importanti, anche col Comune di Cernobbio.

Perché Cernobbio?

Abbiamo scelto Cernobbio perché è una località turistica famosa nel mondo, il Comune ci ha dato in comodato lo stabile e siamo partiti nel 2014.

Quanti alunni avete?

All’inizio erano 40, ora ne abbiamo 200 solo su questo Its, ma ormai i ragazzi che ruotano intorno al mondo Cometa, fra ex alunni e iscritti, sono più di mille.

Qual è il tasso di occupazione?

L’80-90% di loro trovato lavoro subito, chi non risulta occupato è solo perché sceglie di proseguire gli studi o seguire altre vocazioni.

Chi sono i docenti?

Manager dal mondo del lavoro, professori universitari delle migliori università e figure direzionali del Turismo e dell’Ospitalità sia nazionali che internazionali. Poi abbiamo anche ospiti e presenze di professionisti di spicco che vengono a offrire la loro testimonianza.

Da dove nasce l’Its come formula educativa?

Nasce da un’intuizione per far diventare competenza formativa l’italianità, ispirandosi all’Europa naturalmente. È un’alternativa alle lauree brevi: è più specializzante come opzione, essendo incentrata su un settore specifico. Ma è soprattutto una opportunità per l’80% dei giovani che altrimenti entra nel mercato del lavoro senza una laurea e senza significative competenze spendibili.

Sono previsti grossi finanziamenti nel Recovery Fund, avete già notizie in merito?

Adesso siamo in grande ascolto per capire cosa accadrà, noi siamo bene introdotti in Europa perché il nostro progetto di scuola impresa è già stato tra i cinque enti eccellenti di formazione professionale in Europa, in virtù del nostro metodo che è nato nel tempo, suggerito dal buon senso, come dico sempre io. Siamo alla finestra, attenti a vedere e capire tutto ciò che verrà proposto in questo periodo per utilizzare i fondi europei, pensando soprattutto al fatto che i più penalizzati da questa pandemia sono stati i giovani, il futuro del nostro Paese.

Durante questo periodo avete portato avanti la didattica, e con quali modalità?

Sì, per noi questo periodo è stato uno stupore e una realizzazione di quel compito che ci è stato affidato anni fa da Giussani, cioè di fare opera di comunione. L’opera di comunione è quella che poi determina ogni azione.

Perché parla di stupore?

Quello che è successo mi ha veramente stupito, perché tutti hanno reagito spontaneamente o con delle iniziative, è stato un fiorire di esperienze. Ad esempio, i ragazzi che vivono all’interno di Cometa, affidati alle varie famiglie, si sono resi volontari per la manutenzione, c’è stato un fluire di volontariato in una presa di coscienza che, in questa vita, come sempre i momenti di dolore sono i momenti veri, in cui l’uomo diventa mendicante: mendica un benessere di cui è alla ricerca. Sono i momenti in cui accadono i piccoli miracoli. E questo è stato un piccolo miracolo.

Siete riusciti a tenere vivo il contatto con gli alunni?

Abbiamo cercato coi mezzi a disposizione di mantenere sempre il rapporto con lezioni online, anche per la scuola, poi la Regione ha concesso la frequenza per i ragazzi più fragili, ora sono rientrati al 50%. I laboratori per fortuna sono stati sempre in presenza, perché sono un momento importante: il fare gratifica sempre i ragazzi e li rende più attenti. La presenza dei laboratori ha aiutato a tenere vivo il rapporto e ad affrontare le difficoltà che inevitabilmente ci sono state, perché la solitudine ti segna. L’Its, per sua natura tecnologico, non ha mai sospeso le attività, sviluppando significative esperienze di didattica a distanza.

E coi più piccoli?

Coi ragazzini e i bambini siamo arrivati a fare appuntamenti la sera in cui raccontavamo loro le favole online per farli addormentare, abbiamo cercato in ogni modo di essere presenti. Per i ragazzi della Scuola Oliver Twist abbiamo perfezionato le tecniche, il ristorante ha studiato per la pasticceria nuovi tipi di dolci, e abbiamo deciso di iniziare a fare il pane col lievito madre.

Teoria e pratica come sono divise nel vostro percorso educativo?

Il nostro metodo è “dal fare al sapere”, un mix, direi 50-50. Da quando la Regione ha studiato il nostro caso, i nostri laboratori poi sono luoghi aperti al pubblico: il ristorante, il bar, la pasticceria. I ragazzi del legno hanno una falegnameria vera e propria, con clienti veri, e il tessile lo stesso. Dall’origine di Cometa abbiamo puntato su fare e sapere, che devono andare di pari passo: più so più desidero far meglio.

Qual è la sfida principale che vi contraddistingue?

La sfida è sempre stata questa, rendere desiderabile il sapere per fare meglio. Infatti crediamo nelle commesse, sono la spina dorsale del nostro metodo.

Cioè?

Io all’inizio dell’anno entro in aula come se fossi un cliente e do la commessa. Il ragazzo si sente già come se fosse in un’azienda, come se lavorasse per un brand.

Questo risponde al principio che guida gli Its e che un po’ manca nei percorsi tradizionali: il fare insieme al sapere, l’avviamento al mondo professionale.

Sì, è sempre stato il nostro metodo. Come ho detto qui nulla nasce a tavolino, tutto è nato da esigenze del territorio. Ogni cosa che è nata in Cometa ha un nome proprio, ad esempio la scuola Oliver Twist sa com’è nata?

Come?

È nata per 15 ragazzi che venivano al nostro doposcuola, quello che chiamiamo “affido diurno”, perché non è solo un doposcuola ma un farsi carico dei ragazzi. Pensi che i ragazzi bigiavano la scuola ma venivano al doposcuola! È così che è nata.

Che età hanno in media gli alunni?

La scuola professionale Oliver Twist è rivolta a ragazzi che arrivano dopo le medie, dai 14 anni diciamo, dopo il terzo anno si ha un riconoscimento di frequenza. Il 99% arriva al quarto anno e ottiene un diploma regionale. Poi, facoltativo per chi vuole continuare, c’è il quinto anno o l’Ifts, un anno di formazione tecnica in Iath Academy; al termine, con un esame esterno si può accedere a un’università o all’Its a Cernobbio, dove appunto ci sono ragazzi diplomati o laureati.

Cos’è per voi l’educazione?

Per noi l’educazione più che una questione di strumenti è una verità di vita. Un ragazzo vuole essere guardato, non basta dirgli “sei un pezzo unico e irripetibile”, devi farglielo sentire, vivere. Il ragazzo desidera come ognuno essere pensato, abbiamo fatto corsi ad hoc sulla singola persona pur di non perderla, pur di cercare di  tirare fuori i talenti di ciascuno.

È questo per voi il compito della scuola?

Sì, non accanirsi sulle fragilità o sulle materie in cui uno magari non riesce ma guardare la persona in tutta la sua totalità e cercare di lavorare sui talenti che ognuno di noi ha per valorizzarli. Come dico ai ragazzi: se sei qua è perché il mondo ha bisogno di te e dei tuoi talenti. E noi siamo qui per aiutarti a tirarli fuori.

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