Il rischio che corre la nuova "educazione alle relazioni" a scuola è il tecnicismo, qualcosa che inevitabilmente non tocca la carne della vita
Dopo l’assassinio di Giulia Cecchettin il ministro Valditara ha messo in campo una serie di interventi nelle scuole per prevenire il femminicidio e tra questi la “educazione alle relazioni”. Matteo Renzi in Senato durante la discussione sul ddl contro la violenza sulle donne ha affermato che “la questione da affrontare è la questione educativa e questo ci riguarda tutti”.
Nulla da eccepire sui propositi di Valditara, però occorre allargare lo sguardo, capire che cosa stia succedendo e intervenire di conseguenza. Si sta parlando senza sosta di società patriarcale e di femminicidio, e si è deciso di cambiare la situazione per evitare queste derive pericolose. In tal modo, però, il rischio è quello di prendere di mira supposte conseguenze senza mettere veramente a fuoco l’origine della violenza, e attuando misure destinate a mostrare tutta la loro debolezza.
Sotto la pelle di questi fenomeni variamente etichettati c’è l’emergenza di una cultura che si è diffusa lentamente e in silenzio e che ora è dominante: una sensibilità nichilista per la quale come nulla ha senso, allo stesso modo anche l’altro, diverso da me, non ha alcun significato. Se l’altro non è più un mistero, una ricchezza unica, un essere libero pieno di dignità, si può fare di lui ciò che si vuole. E la prova sta nel fatto che l’altra persona va bene se si conforma a quello che voglio io. Questo riguarda tutti, fuori da ogni etichetta o slogan. La società patriarcale non c’entra nulla, perché non esiste più; anzi si dovrebbe dire che il padre è scomparso e la sua mancanza ha generato una enorme fragilità. La nostra è una società in cui l’altro è strumento o nemico, non una persona ma un oggetto senza valore da tenere in mano: se è utile lo si conserva, altrimenti lo si butta, lo si rimuove anche fisicamente.
Occorre ripartire dalla presa di coscienza che l’altro è un valore, un mistero di libertà, una ricchezza che ci viene donata, non da possedere ma da contemplare e da cui lasciarsi fare. Qui sta la questione dell’origine che riguarda tutti. Di conseguenza tutti, proprio tutti, dovrebbero sentirsi coinvolti in questa ripresa educativa: le famiglie, in cui spesso i figli devono essere come padre e madre se li immaginano, le scuole, in cui gli studenti sono una somma di voti, le realtà associative, dove vale chi fa una performance.
E in che modo si dovrebbe agire? Oggi si pensa che il problema si possa risolvere con un corso o con lo psicologo. Essendo invece una questione di cultura, ci vuole molto di più: serve un cammino educativo che vada al cuore della questione e riporti tutti a riscoprire il valore intoccabile dell’essere umano.
L’assassinio efferato di Giulia ci chiede certamente che si contrastino i femminicidi, però prima chiede che torni una cultura vera dell’io.
Per questo ci vuole un movimento che sappia guardare all’altro in modo positivo, che sappia vedere la bellezza di ogni persona: solo così si sconfigge la violenza diffusa che che ha pervaso in mille modi il nostro quotidiano, riportando dentro la vita uno sguardo aperto all’altro, accogliente e di simpatia.
Si facciano pure gli interventi di Valditara, ma senza assecondare frettolosamente pulsioni tecniciste, perché la questione che siamo chiamati ad affrontare, essendo eminentemente educativa, è quella di un cambio culturale. Tutti siamo chiamati ad attuarlo, cioè tutti siamo sfidati ad accettare che è l’altro a cambiarci, non siamo noi a cambiare necessariamente l’altro. È una rivoluzione culturale.
Don Luigi Giussani negli anni 50 ai suoi giovani propose un gesto, quello della caritativa, vivendo il quale potevano imparare uno sguardo d’amore all’altro: andavano nelle cascine per stare con i bambini che non avevano compagnia, e dare gratuitamente questo tempo innanzitutto cambiava lo sguardo, che diventava uno sguardo ricco d’amore e perciò più umano.
Solo questo cambia: fare qualcosa di buono ad un altro, e in ciò sperimentare qualcosa per sé. È l’inizio di un cambiamento di sé stessi.
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