Con lunedì 13 settembre, a parte qualche anticipo di calendario per la scuola dell’infanzia, ha avuto inizio ufficialmente l’anno scolastico tra norme dell’ultimo momento, qualche polemica sul green pass per i genitori, difficoltà con il green pass per i docenti, ma quello che rimane tristemente stabile e costante è “l’assordante silenzio” sulla scuola paritaria, come ricordavo nel mio ultimo articolo.



È vero che in occasione dell’incontro al Meeting su abilitazione e reclutamento sono uscite intenzioni e affermazioni positive dai politici e sindacalisti partecipanti, quali il pieno accordo sulla necessità di tenere separata la possibilità di acquisizione di abilitazione per l’insegnamento dal reclutamento per l’immissione in ruolo nelle scuole di Stato, o sull’urgenza di istituire “un tavolo” con tutte le forze di maggioranza per fissare le nuove regole per l’acquisizione dell’abilitazione, ma, chiuso il sipario, siamo tornati nel silenzio.



Eppure, alle spalle di questo problema spinge il vento dell’urgenza poiché, come sappiamo e come ricordato nel citato incontro, la riforma del reclutamento è una di quelle previste nel Pnrr, come deciso dal Consiglio dei ministri e dal Parlamento a fine aprile scorso, con conseguenti scadenze ai fini di poter percepire il finanziamento previsto.

La prima speranza è che esca una proposta e conseguentemente un provvedimento burocraticamente semplificato, stabile, con periodicità annuale e che preveda la citata separazione tra abilitazione e reclutamento, ma oggi voglio lanciare una provocazione a vantaggio dei giovani insegnanti: non si può nascondere l’urgenza di una stabilizzazione del lavoro per molti di loro che, senza colpa, attendono ormai da più di sette anni un contratto a tempo indeterminato, possibile solo per chi è in possesso di abilitazione.



È vero che siamo il Paese che “solo” dopo cinque anni inizierà la ricostruzione di Amatrice o che “solo” dopo 113 anni ha iniziato la rimozione della baraccopoli provvisoria costruita per i terremotati di Messina che ospita ancora 3mila famiglie, ma questo non può diventare una consolazione con conseguente rassegnazione, bensì lo stimolo per una reazione, poiché il nostro Paese ha dimostrato in tante altre occasioni – il Ponte di Genova è solo l’ultima – di essere migliore e capace di grandi cose.

Pongo quindi una serie di domande provocatorie: abbiamo veramente a cuore il futuro dei nostri giovani? Un giovane ha diritto ad avere un contratto di lavoro stabile su cui costruire il proprio avvenire? Sapete che senza un contratto a tempo indeterminato le banche non rilasciano né mutui per la casa né prestiti? I giovani hanno diritto di pensare di poter costituire una famiglia ed avere dei figli? Può essere definita soluzione il prolungamento a sei anni della possibilità di rinnovo di un contratto a tempo determinato? Se, come dicono in tanti, il futuro dei nostri giovani e quindi dei nostri figli è un problema che abbiamo nel cuore, questo problema è o no un’emergenza?

Per me è una grande e grave emergenza che rischia di mettere in difficoltà una generazione. Se emergenza è, ci si aspetta dalla politica, oltre a norme per il futuro, l’utilizzo di strumenti straordinari nell’immediato, norme speciali e semplificazione per stabilizzare il lavoro dei giovani insegnanti, come è avvenuto per le grandi opere e, per il settore scuola, per l’abilitazione delle discipline Stem.

Non possiamo continuare a portarci sulle spalle un lamento, tratto dalle Storie di Tito Livio, vecchio di secoli: “Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur” (Mentre a Roma si discute, Sagunto brucia) nato dai saguntini che dopo otto mesi di assedio si videro costretti a cedere ad Annibale e vedere la loro città rasa al suolo a causa delle indecisioni, delle discussioni e del conseguente mancato intervento di Roma. I giovani si aspettano altro dalla politica: attenzione e fatti. Inutile lamentarsi, poi, per la “fuga dei cervelli” che rischia di aumentare.

Il grande Eduardo De Filippo nella bellissima Napoli milionaria! fa chiudere la commedia a Gennaro, il protagonista, con un’altra famosissima frase: “Ha da passà ’a nuttata”, messaggio di ottimismo e di speranza verso un futuro migliore. Chiudo anch’io il mio articolo con questa citazione. Al momento, dal mio osservatorio, vedo buio, spero che la luce arrivi presto. I nostri giovani l’aspettano: la parola e i fatti alla politica.

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