Il successo nella vita è un concetto complesso che può essere influenzato da una varietà di fattori, tra cui le circostanze personali, sociali ed economiche di un individuo. Di fronte ai campioni dello sport o a coloro che raggiungono i vertici in una determinata attività, è automatico chiedersi quanto sia dovuto al talento e quanto ad altri fattori. La ricerca scientifica ha ormai da tempo chiarito che il talento non conta, o contribuisce in maniera minima. Ciò che fa la differenza è la quantità di tempo dedicata ad un’attività e, soprattutto, la dedizione continua assieme ad una corretta e lucida visione del futuro. Con questa ultima espressione non si intende cosa un individuo vuole fare domani, o fra un anno, ma avere ben chiaro cosa vuole fare nella vita.



In ambito psicologico con “grinta” si intende la passione e la perseveranza rivolti ad un obiettivo a lungo termine. Ma per avere un obiettivo a lungo termine bisogna avere una visione del futuro a lungo termine. Senza visione di futuro, non si può avere grinta.

Nel suo bestseller Grinta. Il potere della passione e della perseveranza (Giunti, 2017), Angela Duckworth affronta il concetto di grinta e l’importanza della passione e della perseveranza nel raggiungere il successo. Il talento da solo non è sufficiente; è necessario anche un impegno costante nel perseguire obiettivi a lungo termine, tenendo conto degli ostacoli e degli inevitabili fallimenti. Duckworth suggerisce che la grinta può essere coltivata attraverso l’identificazione di una passione personale e il mantenimento di un impegno continuo nel perseguire tale passione nel tempo. L’autrice fornisce numerosi esempi e casi di studio per illustrare come la grinta possa influenzare il successo nelle varie aree della vita, come l’istruzione, il lavoro e lo sport.



In sintesi, il concetto di grinta proposto da Duckworth enfatizza non solamente l’importanza della determinazione e della perseveranza, ma soprattutto come queste siano importanti anche in circostanze avverse. Uno studio (Duckworth, Peterson, Matthews, Kelly, 2007) su studenti delle scuole elementari ha rilevato che la grinta è un predittore migliore del successo accademico rispetto al QI (Quoziente Intellettivo). Gli alunni con alti livelli di grinta avevano una probabilità del 45% in più di raggiungere il livello di lettura previsto per la loro età, rispetto a quelli con bassi livelli di grinta.



Un’altra ricerca (Duckworth & Tang, 2012) ha seguito studenti universitari per quattro anni e ha scoperto che quelli con più grinta avevano una probabilità del 60% in più di laurearsi, anche se avevano voti di partenza più bassi.

Diverse teorie psicologiche e ricerche empiriche suggeriscono che avere una visione futura o un senso di scopo sia correlato a una serie di risultati positivi nella vita delle persone. Ad esempio, secondo la teoria dell’autodeterminazione (Self-Determination Theory: Basic Psychological Needs in Motivation, Development, and Wellness. Ryan e Deci, 2017) avere una visione futura e obiettivi personali è essenziale per promuovere un senso di motivazione intrinseca, che a sua volta è correlato a una maggiore soddisfazione nella vita e al raggiungimento di obiettivi significativi.

Quindi, anche se non si tratta dell’unico determinante, sapersi prefigurare un futuro fra i tanti possibili è certamente un fattore importante per il successo. Nelle scuole e nelle università si dovrebbe cominciare a parlare di futuro, anzi di futuri, e insegnare agli studenti a guardare in avanti, fissare degli obiettivi a lungo termine, disegnare i possibili percorsi per raggiungerli, predisporre un sistema di monitoraggio per capire quanto si è sulla “giusta via”, e definire le azioni da intraprendere quotidianamente. Ma in questi percorsi verso il futuro è fondamentale includere quanti più ostacoli possibili. Infatti, una traiettoria verso il futuro realistica deve necessariamente considerare dei problemi da risolvere, delle battute di arresto, dei “cigni neri”.

Un futuro che non tenga conto di difficoltà è utopico quindi inutile (non è utile sognare, passivamente, un futuro migliore) ma anche uno che tenga conto solo di terremoti, guerre e pandemie è, all’opposto, distopico e costringerebbe all’immobilità (di questi futuri sono pieni i notiziari quotidiani, spaventando così i giovani e immobilizzandoli nella passività del presente). Come sempre, la giusta via sta nel mezzo.

I futuri utopici sono chiamati dalla psicologa Gabriele Oettingen “fantasie positive”. Le sue ricerche dimostrano chiaramente che abbandonarsi a visioni di un futuro senza problemi, senza ragionare su come arrivarci e senza riflettere sugli ostacoli che si incontreranno, può dare dei vantaggi solo nell’immediato, ma a lungo termine porta al fallimento. Nel suo libro Io non penso positivo. Come realizzare i tuoi desideri (Tlon, 2023), la scienziata spiega come il pensiero positivo – il solo sognare ad occhi aperti un futuro fantastico – non paga e, in alternativa, dimostra come la chiave per il successo passa attraverso un equilibrio ottimale fra visione positiva del futuro e il delineamento dei possibili ostacoli che ne impediranno la realizzazione.

La psicologa Carol Dweck ha messo a punto la teoria della “mentalità di crescita”. Secondo i suoi numerosi studi, le persone si possono classificare in due grandi categorie: quelle con una “mentalità di crescita” e quelle con una “mentalità fissa”. Gli individui con mentalità di crescita riescono meglio a scuola, nelle relazioni interpersonali e hanno una salute fisica e mentale migliore di quelli con mentalità fissa. Uno studio ha rilevato che gli studenti con mentalità di crescita hanno il 42% in più di probabilità di eccellere in matematica rispetto a quelli con mentalità fissa.

All’opposto, le persone con “mentalità fissa” credono che le proprie capacità (compresa l’intelligenza) siano innate e immutabili, e quindi tendono a evitare le sfide per paura di fallire e dimostrare così una mancanza di talento. La ricerca di Dweck ha dimostrato che adottare una mentalità di crescita può portare a un maggiore successo e benessere, poiché le persone sono più inclini a perseverare di fronte alle difficoltà e a adottare strategie di apprendimento efficaci.

Le due ricercatrici, Angela Duckworth e Carol Dweck, hanno lavorato insieme e hanno scoperto che fra la scala di misura della grinta e quella che misura la mentalità di crescita c’è una fortissima correlazione positiva: significa che chi ha una mentalità rivolta alla crescita possiede anche un atteggiamento di grinta.

Ormai c’è convergenza di opinioni fra gli studiosi nel ritenere che, quando i bambini riescono in un compito, bisogna esaltare l’impegno profuso e non far riferimento al talento. Al punto che le persone con mentalità fissa sono state molto probabilmente giovani a cui si riconosceva il talento in qualcosa mentre quelle con mentalità di crescita hanno spesso avuto riconoscimenti e rinforzi positivi per l’impegno profuso in una attività.

Il tipo di mentalità è dunque strettamente legato ai pensieri ottimistici e alla capacità di perseverare nelle avversità (resilienza). Angela Duckworth spiega così questi legami: “una mentalità fissa circa le attitudini conduce a spiegazioni pessimistiche delle avversità, cosa che a sua volta spinge ad arrendersi di fronte alle sfide, o a evitarle in partenza, mentre una mentalità di crescita porta a spiegare le avversità in maniera ottimistica, il che induce a perseverare e a cercare nuove sfide, che infine renderanno più forti”.

Ad oggi, le ricerche che legano la grinta alla capacità di visione del futuro sono molto limitate. Tuttavia, evidenze empiriche suggeriscono un potenziale legame significativo tra i due costrutti. Infatti, la futures literacy (alfabetizzazione ai futuri) è un’abilità chiave per affrontare un mondo incerto e in continuo cambiamento. Essa implica la capacità di anticipare, comprendere e prepararsi a futuri alternativi, sviluppando una mentalità aperta e flessibile per comprendere le implicazioni future delle decisioni attuali.

La grinta potrebbe giocare un ruolo cruciale nel coltivare questa mentalità adattiva. Gli individui con alti livelli di grinta potrebbero essere più propensi a impegnarsi attivamente nell’apprendimento continuo, abbracciare l’incertezza e l’ambiguità come elementi intrinseci del processo di esplorazione del futuro e perseverare di fronte a ostacoli e fallimenti nel percorso di costruzione di un futuro desiderabile.

D’altro canto, la futures literacy non si limita alla mera esplorazione del futuro, ma incoraggia l’azione e l’impegno per creare un futuro desiderato. In questo senso, la grinta può fungere da catalizzatore per la trasformazione individuale e collettiva. Pertanto, le persone con alti livelli di grinta potrebbero essere più propense a tradurre le visioni del futuro in azioni concrete e perseguire obiettivi ambiziosi con tenacia. Potrebbero inoltre essere più capaci di superare le resistenze e gli ostacoli che si incontrano nei percorsi verso il futuro.

Grinta, visione del futuro e mentalità di crescita si possono sviluppare e dipendono anche dai messaggi che i bambini ricevono dagli adulti di riferimento. Nelle famiglie, e soprattutto nelle scuole, si dovrebbe educare tenendo presenti questi principi. Per fare degli esempi, genitori, insegnanti e allenatori sportivi dovrebbero dire a un bambino “Bravo, sei uno che impara” e anche “Se è andata male, come si potrà fare meglio in futuro?”, e non dire invece “Bravo, sei un talento ”oppure “Non sei portato per questa materia/sport”.

I laboratori di futuro, appositamente progettati per sviluppare nei giovani la capacità di comprendere e navigare il futuro, sono già una realtà nelle scuole di diversi Paesi del mondo. Anche in Italia si potrebbero introdurre come attività didattiche integrative (nella scuola dell’obbligo) e come laboratori professionalizzanti nelle università.

In conclusione, grinta, mentalità di crescita e alfabetizzazione ai futuri sono tre fattori importanti per il successo. E dato che sono aspetti della personalità stabili ma non immutabili, si possono sviluppare attraverso adeguati interventi di tipo educativo. La scuola e le università dovrebbero tenerne conto nei programmi formativi e nei supporti all’apprendimento.

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