Nonostante il drammatico ritorno autunnale della pandemia, la maggior parte dei paesi europei, tra cui Francia, Germania, Regno Unito, Spagna, Paesi Bassi, ha scelto di mantenere comunque le scuole aperte, sia pure rafforzando le misure di sicurezza e rendendo più stringenti i controlli. Nel nostro paese al momento le scuole superiori sono tornate alla didattica a distanza, ma si è senz’altro affermata, a prescindere dai comprensibili timori di contagio, una chiara consapevolezza che il rapporto didattico ed educativo in presenza  tra l’insegnante e suoi studenti non può essere surrogato dalle lezioni via internet, anche disponendo delle più adeguate dotazioni tecnologiche.



Su questo aspetto d’altra parte non risulta che il ministero, come era lecito aspettarsi, abbia svolto una qualche indagine  su quanto e come ha funzionato la Didattica a distanza, da tutti i punti di vista: quanti studenti ne hanno effettivamente usufruito e quanti al contrario ne sono stati del tutto esclusi? Quanti insegnanti sono stati in grado di attuarla e in che misura? È stato possibile almeno in parte verificarne i risultati?



La didattica in presenza è poi insostituibile per tutte le attività pratiche che caratterizzano il primo ciclo e per tutti gli indirizzi di studio delle superiori  che hanno il loro fulcro nelle attività di laboratorio, come gli istituti tecnici e professionali e anche  diversi indirizzi liceali, quali l’artistico, il musicale, il linguistico, le scienze applicate.

Come di recente ha sottolineato anche Agostino Miozzo, coordinatore del Comitato tecnico-scientifico, i luoghi dove è più facile il contagio non sono tanto gli spazi interni delle scuole, in genere adeguatamente controllati, ma soprattutto i mezzi pubblici e gli assembramenti all’ingresso e all’uscita dagli istituti scolastici. La questione dei trasporti in particolare non è certo stato affrontata con l’attenzione e il rigore che richiedeva, senza alcun serio tentativo di potenziare o integrare il servizio e limitandosi a una misura che è in sé un palese controsenso, l’aumento dal 50% all’80% della percentuale di affollamento dei mezzi pubblici.



Un ritorno a scuola nella massima sicurezza possibile, per quando la situazione dei contagi lo consentirà, deve essere programmato fin da ora e non con provvedimenti di facciata. Per il Gruppo di Firenze il modo più razionale di affrontare efficacemente il problema è l’istituzione dei doppi turni, mattutino e pomeridiano, con alternanza settimanale, magari riducendo l’unità oraria a 45/50 minuti.

Oltre al dimezzamento delle presenze all’interno degli edifici scolastici, questa soluzione consentirebbe soprattutto di diminuire di molto l’affollamento dei mezzi pubblici e gli assembramenti all’esterno delle scuole, certamente a condizione che su entrambi gli aspetti venga esercitata un’assidua attività di sorveglianza, di persuasione e se necessario di applicazione delle sanzioni in relazione all’uso delle mascherine e al rispetto della distanza di sicurezza.

Questo assetto organizzativo appare necessario per le scuole superiori, dove l’uso dei trasporti pubblici da parte degli studenti è spesso indispensabile, e anche per le scuole medie, molto più diffuse sul territorio, ma dove ugualmente potrebbero essere limitati gli assembramenti all’esterno. Probabilmente non sarebbe indicato per le elementari, dove è ancora molto frequente il tempo pieno e dove d’altra parte sono per lo più i genitori ad accompagnare i propri figli a scuola con mezzi propri.

Siamo consapevoli delle resistenze che questa ipotesi incontra tra gli insegnanti, per il timore del contagio, ma anche della possibilità di un orario che a volte li impegni sia la mattina che il pomeriggio. In proposito tuttavia pensiamo che si possa e si debba trovare una soluzione soddisfacente, anche prevedendo per i docenti delle indennità integrative per un impegno orario più gravoso, tenendo comunque presente l’eccezionalità della situazione e con la consapevolezza della posta in gioco per le giovani generazioni.