Come riportavo nel mio ultimo articolo in cui commentavo le prime impressioni sul programma del governo Conte 2, alcune uscite del ministro Fioramonti avevano creato generali perplessità.
Vorrei tornare a quelle affermazioni affrontandole con l’occhio dell’economista, mia estrazione culturale e competenza, per valutarne i fondamenti e le possibili prospettive.
È un principio base dell’economia che, nella esigenza di recuperare risorse, si facciano scelte di imposizione fiscale che portino alla tassazione di beni di secondaria o scarsa necessità per investirne il ricavato in beni o servizi di prima necessità. Non è quindi scandaloso o sbagliato “tassare le merendine” per aver, ad esempio, risorse utili a mettere in sicurezza le scuole.
Nella fase economica in cui si trova il nostro Paese che deve presentare una manovra in deficit per recuperare i 23 miliardi necessari a bloccare l’aumento dell’Iva, diventa una scelta economica corretta, tanto che anche il governo, nel suo complesso, ha preso in considerazione la tassazione di merendine e bibite gassate.
Mi piacerebbe, motivo ed obiettivo di questo mio articolo, che l’analisi economica fosse il riferimento anche di altre scelte nel settore scuola, scelte attese da decenni che per un motivo o per l’altro (mancanza di coraggio politico? Pregiudizi? Mancanza dei necessari approfondimenti?) sono rimaste al palo.
Mi riferisco alla piena applicazione dell’autonomia scolastica la cui norma, datata 1997, non è ancora stata attuata. Non intendo ripetere analisi e giudizi già espressi, inascoltati, da molti commentatori, approfonditi in innumerevoli convegni (ossia che laddove le scuole sono diventate autonome, la qualità del sistema scolastico e il livello degli apprendimenti è migliorato), ma fare una concreta analisi economica e normativa.
Per l’avvio di una stagione di piena autonomia didattica, organizzativa, di innovazione e finanziaria, innanzi tutto, non vi è bisogno di una legge, dato che vigono già norme ad hoc (dall’articolo 21 della legge 59/1997 e successive norme attuative, agli artt. 117 e 118 della Costituzione), ma solo un atto ministeriale, come, ad esempio, l’avvio dei quadriennali.
Credo che l’aspetto economicamente molto interessante è che questa scelta, come amano dire i politici e troviamo scritto in molti atti e provvedimenti, non comporta incrementi di costi per il bilancio dello Stato, anzi lo stesso avvio sarebbe a costo zero.
Ritengo che l’avvio di una sperimentazione di piena autonomia, oltre ad essere volontaria per raccogliere il consenso tra chi crede in tale modello organizzativo ed è disponibile ad assumersi le responsabilità che l’autonomia comporta, deve essere graduale trasferendo, alla scuola che ne fa richiesta, risorse pari al costo storico di gestione, ossia senza necessità di spese aggiuntive per lo Stato.
L’utile avvio, contestuale ed indispensabile, di uno studio che porti alla valutazione dei costi standard, nel tempo, anche breve, porterà a poter ridurre i trasferimenti, poiché l’utilizzo del costo standard quale riferimento economico, anziché il costo storico, ha sempre comportato risparmi dovuti all’eliminazione degli sprechi.
I risparmi che, altrettanto gradualmente, saranno sempre più consistenti, frutto dell’allargamento della platea di richiedenti, potranno essere reinvestiti nella scuola per migliorarne ulteriormente la qualità del servizio, per gratificare i docenti per la preziosissima e fondamentale professione svolta, per anticipare l’allargamento della platea dei partecipanti a tutte le scuole del sistema nazionale, come avvenuto ovunque sia stata messa in atto una simile sperimentazione (ad esempio le academies inglesi dove un percorso graduale, durato una ventina d’anni, porterà nel 2020 a far sì che tutte le istituzioni scolastiche inglesi siano pienamente autonome).
Voglio rilevare che quanto esposto tocca gli aspetti organizzativi e gestionali e non altera l’impostazione e la tradizione culturale del nostro sistema se non, grazie all’autonomia, migliorarne il livello degli apprendimenti.
Introduzione della piena autonomia con tutti gli effetti benefici internazionalmente ottenuti e riconosciuti, avvio a costo zero, studio ed applicazione dei costi standard (già in uso per Its e università), risparmi nelle risorse erogate gradualmente sempre più consistenti con evidenti benefici sul bilancio dello Stato, sono gli effetti positivi che produrrebbe l’attuazione di questa proposta.
A corollario e supporto di quanto esposto va ricordato che se a livello nazionale poco si è mosso, a livello locale il pragmatico parametro economico è sempre più usato da un crescente numero di amministrazioni locali che, nella corretta applicazione, ad esempio, del decreto legislativo 65/2017 che ha regolamentato il settore 0-6 anni, utilizzano una sempre più ampia sinergia pubblico-privato che permette loro risparmi di risorse da poter destinare al miglioramento dei servizi offerti ai loro cittadini.
Concludo con l’invito al ministro Fioramonti di valutare la fattibilità di questa proposta che ormai da anni circola nei diversi convegni, senza prevenzioni e con l’ottica della cultura economica che lo contraddistingue culturalmente e se dovesse decidere, come auspico, di approfondire per procedere sappia che troverà molti professionisti desiderosi di un sistema più moderno e vicino alle esigenze di preparazione degli studenti, pronti a collaborare ad un “big bang” culturale che aprirebbe una nuova ed entusiasmante stagione per il nostro sistema scolastico nazionale.