Ha ragione Paolo Giordano (Corriere della Sera del 27 aprile): nei talk show che si ripetono a catena sulle diverse reti della televisione, spicca clamorosamente un’assenza. Tra gli invitati non mancano mai esperti della scienza e dell’economia, medici (virologi e non), politici, rappresentanti del governo, giornalisti, imprenditori, psicologi, in qualche caso persino religiosi. Ma avete mai visto un dirigente scolastico, un insegnante o un rappresentante del ministero dell’Istruzione? 



Tutti siamo chiamati ad una forte assunzione di responsabilità. Da più parti – nel mondo del sociale e dell’imprenditoria, per non dire nella stessa sanità che si sta riorganizzando e reinventando dal basso – emergono proposte e soluzioni, accanto alla pressante richiesta al Governo perché dia indicazioni chiare e inequivocabili. Ma il mondo della scuola, in particolare il livello che istituzionalmente lo rappresenta e guida, questo mondo dov’è? 



Eppure è chiaro che l’emergenza che ci ha travolti è diventata ormai un’emergenza sociale ed economica, che per essere affrontata richiede uomini con una forte energia e capacità di costruzione. Cosa, questa, che interpella fortemente il fronte dell’educazione. Che lo pone in primo piano. È su questo fronte che occorre fare scelte coraggiose e intervenire rapidamente, almeno tanto quanto su quello sanitario ed economico. 

È quindi il momento di forti assunzioni di responsabilità, giocate ancor di più a livello locale e delle singole istituzioni. Altro che aspettare direttive dall’alto; altro che pseudo-decisioni del tipo: “blocchiamo tutto e rimandiamo all’anno prossimo, quando si potrà riprendere” sia lo sviluppo dei programmi, sia a mettere voti. 



Occorre esattamente il contrario: la relazione con gli allievi non va spezzata, va mantenuta con qualsiasi mezzo e per questo reinventata. La Fad o Dad che dir si voglia è uno strumento che sicuramente non rappresenta una panacea, ma che quando serve si può e si deve utilizzare. Occorre pensare da subito a possibili soluzioni e mettersi all’opera con passione e creatività. E penso innanzitutto ai dirigenti scolastici. Non è questo il momento di gestire la solita routine per far funzionare la macchina, autolimitando la propria funzione a quella di terminale di un apparato ormai rivolto al proprio mantenimento. Va ripresa in mano una funzione di “direzione”, che significa non solo gestire l’esistente, ma indicare una prospettiva, assumere un ruolo di guida anche per l’ambito della didattica, in un’ottica di cambiamento e di capacità di risposta ai nuovi problemi e alle nuove sfide. Di sperimentare strade nuove, di aprire sentieri. Di alzarsi in piedi. Utilizzando e praticando tutti i margini possibili dell’autonomia. 

Cerchiamo di essere realisti: se non si immaginano e non si creano ora le condizioni di una diversa organizzazione delle attività, valorizzando le professionalità e le esperienze positive cui si è dato vita in questa fase, a settembre si sarà completamente impreparati

Penso soprattutto al livello della secondaria, dove a mio avviso le condizioni – data l’età dei ragazzi – sono più favorevoli. I punti su cui lavorare e per trovare una diversa soluzione sono: didattica gestita alternativamente in presenza e a distanza; articolazione per gruppi (anche di livello e di interesse) e loro ridefinizione trasversalmente alle classi; orario delle attività distribuito durante l’intera giornata e flessibile, diversificato durante l’anno; dotazione di materiale digitale per l’intero istituto e aiuto alle famiglie per dotarsi dei supporti informatici, in modo tale da abbattere anche il costo dei libri e offrire spazi di autonomia agli alunni; alleanze educative a livello territoriale, attraverso il coinvolgimento delle diverse agenzie del sociale, del volontariato e del civile (enti locali); coinvolgimento attivo delle famiglie e condivisione della presa in carico (superando la logica della delega) degli alunni nel lavoro svolto a casa; progettazione formativa personalizzata, con centratura sulle dimensioni personali (cosiddette soft skills); utilizzo del curriculum dello studente e della modalità dell’alternanza scuola-lavoro per tutte le esperienze con valenza formativa; validazione e certificazione (valevole per il rendimento scolastico) di tutti gli apprendimenti riconducibili al profilo dell’indirizzo di studio acquisiti fuori dalla scuola.

Fantascienza? No, realismo. Impossibile? No, difficile, anche molto difficile, perché comporta uno scontro con la selva dei piccoli privilegi degli intoccabili, cioè del personale dipendente (che si concepisce ormai come dipendente) dello Stato con stipendio fisso a fronte di orario fisso, collocato alla mattina, senza “buchi” e con “giorno libero” collocato in modo strategico per essere attaccato ai ponti e alle “vacanze”.

Difficile perché comporta il passaggio ad un diverso paradigma, quello che ora si sta chiedendo – verificandone anche i vantaggi – a tutto il mondo del lavoro: dalla semplice presenza (timbrare il cartellino; per gli insegnanti: firmare il registro), al risultato. Difficile, ma possibile, anche sulla scorta di tutte quelle esperienze che proprio in questo periodo sono state fatte, di quel movimento di auto-organizzazione creativa che è sorto dal basso. Perché molte sono state le risposte, le soluzioni trovate e che non devono ora andare disperse. Certo, in un contesto dove chi ha voluto, ha continuato a non fare nulla. Anzi, se ne è felicemente stato o tornato a casa. Ma è anche ora che queste situazioni vengano denunciate e si faccia emergere il valore di chi lavora e lavora con passione. 

Due indicazioni molto operative rispetto cui attivarsi subito, cioè ora (siamo già a maggio!). Sul versante del personale docente: 1) utilizzare il mese di giugno per impostare una progettazione curricolare personalizzata; 2) dedicare lo spazio dell’estate – al netto dei giorni effettivi di vacanza (che arrivano a coprire un mese) e relativamente ai giorni in cui si è in servizio senza dover gestire le attività didattiche (almeno un altro mese) – per completare la progettazione, lavorando in modo collegiale a distanza, così da poterla chiudere subito ai primi di settembre; 3) utilizzare lo stesso periodo per predisporre “lezioni”, materiale per la didattica a distanza, da utilizzare all’occorrenza quando si ripartirà. 

Contestualmente, sul versante dei dirigenti, oltre a promuovere e coordinare quanto sopra: 1) ragionare sulla riorganizzazione complessiva degli spazi, dell’orario, dei gruppi e dei flussi di presenza degli allievi; 2) muoversi sul territorio, confrontandosi con i sindaci e con i servizi, con le associazioni e le imprese per costruire o consolidare le alleanze e le soluzioni di presa in carico educativa dei ragazzi, per riorganizzare (condizione essenziale) il trasporto, superando la concentrazione in due sole ore di punta. Soluzione, questa, che tutto il mondo del lavoro dovrà giocoforza adottare, perché occorrerà rispettare il distanziamento fisico tra le persone e non sarà più possibile intasare i mezzi pubblici nelle solite fasce orarie. Fattore, questo, che gioca a favore di una razionalizzazione delle fasce orarie e dei flussi di accesso degli allievi per gruppi agli spazi scolastici. Qui la scuola non può aspettare e deve fin da ora essere presente, facendo valere le proprie istanze nei luoghi dove sono assunte le decisioni strategiche.

Allo Stato, al governo il compito di dare poche, essenziali e chiare linee operative; al livello locale la responsabilità e l’autonomia di trovare le risposte, anche in modo diversificato, perché le situazioni sono e richiedono soluzioni diverse. È il momento dell’autonomia e di una sussidiarietà vera, circolare, che valorizza il ruolo dei corpi intermedi e della dimensione sociale. Non dello statalismo centralista e paternalista.

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