La scuola è indietro e c’è l’impellente necessità di ripensare i processi di apprendimento e la collaborazione tra scuola e lavoro, puntando sulla persona. È quanto è emerso nel corso del seminario svoltosi a Lamezia Terme, organizzato dall’Ipsaar Einaudi, dall’Associazione per il bene comune “Il Sud già e non ancora” e da Disal.



La relazione centrale è stata tenuta da Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà e curatore insieme a Giorgio Chiosso e Anna Maria Poggi del volume Viaggio nelle character skills. Persone, relazioni, valori.

Vittadini ha introdotto citando la funzione della scuola, che non è un investimento sociale, come normalmente si ritiene in Italia, ma è, da sempre, un fattore di integrazione verticale, un fattore con cui si crea la persona capace di lavorare in un mondo che cambia. Le pari opportunità sono presenti solo in entrata, per l’accesso ai percorsi formativi di base, ma non c’è una uguale opportunità di portare a completamento i percorsi formativi.



Ciò è dimostrato, nei numeri, dai 150mila abbandoni annui, con una dispersione scolastica che ha natura implicita, dettata soprattutto dalle difficoltà a frequentare. E con differenze territoriali rilevanti: in Italia uno studente su quattro è a rischio dispersione ma al Sud tale rischio sale ad uno su tre. È discriminante come sia poco considerato il ruolo delle scuole professionali, con i periti che furono invece il vero motore di sviluppo nella fase del boom economico degli anni 60 ed è discriminante, diseguale la differenza di strumenti (come la dote lavoro) disponibili in alcune Regioni e non in molte altre, magari dove servirebbero maggiormente.



Per Vittadini le competenze non cognitivecapacità di rapporto adeguato con la realtà, di costruzione di legami e di relazioni sociali, di dialogo e bene comune. Le Ncs (non cognitive skills, character skills) pongono al centro fattori individuali, bisogni primari e aspettative di successo, superando l’idea di una scuola funzionale solo alla produzione. Non è per nulla automatico, come erroneamente ritenuto negli ultimi decenni, l’apporto positivo delle sole competenze.

Le character skills, in quanto espressione dell’antropologia, sono correlate allo sviluppo anche economico di un Paese. “Le character skills – ha proseguito Vittadini – sono il futuro dell’orientamento al lavoro. Nessuna agenzia educativa da sola (scuola, famiglia, parrocchia, associazioni, impresa) è in grado di realizzare una simile progettualità: occorre una comunità educante. La velocità dei cambiamenti, unita alla difficile congiuntura economica in corso pandemia, guerra, metterà sempre più al centro dell’attenzione la capacità di ‘imparare a imparare’, qualità legata alla personalità come passione, grinta, capacità critica, umiltà, creatività, apertura mentale, responsabilità, stabilità emotiva”.

Vittadini, riprendendo i risultati di una recente ricerca dell’Università di Trento, ha rimarcato come lo sviluppo delle Ncs porti ad una crescita diretta anche delle competenze cognitive, migliorando i risultati scolastici tradizionali.

Secondo Vittadini, per educare le character skills è fondamentale il ruolo degli insegnanti, capaci di guidare i ragazzi, passando da una scuola basata sulla centralità dei programmi e con un insegnamento standardizzato ad un modello in cui assume un ruolo centrale la relazione.

Al seminario hanno partecipato, tra gli altri, il presidente di Disal Ezio Delfino, il presidente del Consiglio regionale della Calabria, Filippo Mancuso, e la vice-presidente della Giunta regionale Giusi Princi, che ha tra le sue deleghe anche la Formazione ed il Lavoro.

L’iniziativa è stata patrocinata dell’Ersaf (Ente ricerca scientifica e alta formazione), con il coordinatore nazionale Michele Monaco che ha tratto le conclusioni dell’incontro.

 

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