Se dovessi riassumere gli ultimi mesi e le ultime settimane userei questo slogan: “un anno in un click”. A quanti “click” è stato affidato il futuro anche della scuola: la Dad, ormai convivente non più sconosciuta, i webinar, le iscrizioni ai concorsi e alle graduatorie. Seduti dietro ad uno schermo, cliccando su “accetta” o su “end the meeting” si è concluso un anno scolastico, si sono svolti esami di Stato, si è compiuta la scelta su dove trascorrere i prossimi nove mesi scolastici.



Ripercorrendo questa successione di eventi e di scelte pensavo a quanto questo sistema così informatizzato e moderno ci stia portando a vivere in modo quasi asettico. Potrebbe trasformarci in numeri, in codici. È forte il rischio di dimenticare come si sta “in presenza” e di delegare a delle macchine destini, cattedre, conoscenze, apprendimenti. La vita virtuale fa parte del reale e del nostro quotidiano, non va demonizzata, anzi. È proprio grazie a queste risorse che è stato possibile continuare a far r-esistere il mondo della cultura scolastica anche in un periodo di emergenza sanitaria.



C’è un rischio grande, però, da tenere sempre come monito. Visibile, davanti agli occhi, con il campanello di allarme acceso. Un virus ci sta riducendo ad indossare per molte ore al giorno una maschera, la stessa maschera che proviamo ad insegnare a togliere ai nostri alunni affinché mostrino la bellezza che sono e che esiste in loro.

Paradossale quasi. Teniamo, invece, desta e vigile l’attenzione, l’orizzonte ultimo, il fine con cui compiamo ogni gesto educativo. Cerchiamo di avere ben fisso nel cuore la meta: “il tirar fuori” (e-ducere) il meglio dai nostri alunni, nonostante l’ennesima difesa che potrebbe impedire loro di parlare e manifestare chi sono.



Con questa visione nel cuore anche i nostri “click” diventano azione educante e trasformante, anche una mascherina non è più un ostacolo, ma accoglienza di una nuova realtà e occasione per porsi domande.

La scuola ha dimostrato che, nonostante non fosse pronta ad affrontare questa pandemia, ha messo in campo risorse inimmaginate. Continuiamo a sfruttare ciò che la realtà ci propone come campo di lavoro coi nostri alunni. In questo modo anche un virus diventerà libro di scuola e le maschere cadranno.