Ci abitueremo. Accadrà sempre più spesso, fino a diventare un’abitudine, non restare supini su una poltrona facendo al massimo uno zapping fra un canale televisivo e l’altro per scegliere una trasmissione all’interno di tante programmazioni, già definite. Ci saranno le piattaforme digitali a cui attingere, come a un enorme archivio di Stato, dove cercare risposte alle proprie domande sia di intrattenimento che di approfondimento culturale. Ciascuno si costruirà il suo “programma” giornaliero o settimanale, visualizzando un’offerta di contenuti personalizzata in base alle proprie scelte, ai propri gusti, alla propria maturità personale.
Forse finirà l’ossessione giornaliera dell’audience e l’illusione di conduttori, a volte spregiudicati, che presumono di orientare l’opinione del pubblico col chiasso dei dibattiti. Spettacolo momentaneo e non riflessione. Emozione e non ragione. Già nel 1996 Luca Doninelli, nel libretto intitolato Talk Show, evidenziava “tutto l’orrore, l’ambiguità, il cinismo, l’idiozia e la mancanza di dignità che dominano la televisione”. Per quanto tempo pensano di poter andare avanti così?
La televisione, ormai, sarà sempre più on demand con un distacco netto fra offerta e fruizione. Questa nuova prospettiva aprirà problematiche finora inimmaginabili e altri compiti immani per i genitori, per gli educatori e per la scuola. Infatti, cercare risposte presuppone la consapevolezza del domandare. Una consapevolezza umana che si deve formare. C’è un popolo a cui fornire gli strumenti culturali e digitali per padroneggiare la nuova realtà. Bisogna imparare non solo a leggere, scrivere e far di conto ma anche a saper cercare le informazioni con gli strumenti digitali.
Sembra essere venuto il momento di una nuova Unione nazionale per la lotta all’analfabetismo (Unla) a cui bisogna aggiungere la “D” di digitale. Alla fine della Seconda guerra mondiale, infatti, fu lo stesso governo italiano a intraprendere un’intensa campagna contro l’analfabetismo (perlopiù nel Sud Italia). Nel 1947 fu approvata una legge speciale, il ministero dell’Educazione attivò 11mila corsi pubblici, che furono frequentati da 30mila tra adulti e giovani. Questa azione governativa fu parallela alla creazione di una serie di istituzioni private, di cui una delle più importanti fu, appunto, l’Unione nazionale per la lotta all’analfabetismo, fondata da un gruppo di studiosi che ebbe come presidente Francesco Saverio Nitti; gli succedettero il giurista Vincenzo Arangio-Ruiz, il matematico Gennaro Cassiani, la pedagogista Anna Lorenzetto, il senatore Salvatore Valitutti e il docente universitario Saverio Avveduto.
Qualcosa di simile sembra essere l’“Operazione risorgimento digitale”, un grande progetto della Tim di educazione digitale per l’Italia, che intende raggiungere un milione di persone attraverso corsi di formazione diffusi in tutte le 107 province italiane. Per dare impulso al processo di digitalizzazione del Paese, favorendo l’adozione delle nuove tecnologie da parte di un sempre più ampio bacino di cittadini.
Per coinvolgere principalmente le persone rimaste fuori dall’economia digitale e con maggiore necessità di essere affiancate nel loro percorso di educazione digitale, per imparare a navigare in rete, comunicare e usufruire dei servizi di cittadinanza digitale, come ad esempio mandare una Pec, cambiare il medico di base con lo Spid e pagare un certificato con il sistema pagoPA.
Ed ecco che già oggi per la scelta degli indirizzi di studio da frequentare dopo la scuola media c’è la possibilità di acquisire le informazioni necessarie per la propria scelta: il portale “Eduscopio” della Fondazione Agnelli, da qualche settimana disponibile online con i nuovi dati. Genitori e studenti possono consultare la classifica delle scuole superiori in Italia, con diverse graduatorie stilate in base agli istituti scolastici che preparano meglio alla carriera universitaria o al lavoro dopo il diploma. Il sito offre all’utente una banca dati sconfinata di 1 milione e 255mila diplomati italiani, negli anni scolastici 2013/14, 2014/15, 2015/16, in circa 7.300 indirizzi di studio nelle scuole statali secondarie di secondo grado.
Se si sceglie il percorso universitario, si deve indicare quale indirizzo di studio si è interessati a seguire, quindi si procede indicando l’area di residenza nel raggio di 10, 20 o 30 chilometri. Al termine si giunge alla classifica di Eduscopio, stilata in base a un indice (Fga), che pesa al 50% la qualità negli apprendimenti universitari, attraverso la media dei voti agli esami, e al 50% la velocità nel percorso universitario (percentuale di crediti ottenuti). Vengono considerati solo i licei e gli istituti tecnici che mandano almeno un diplomato su tre all’università e solo le scuole che per almeno un indirizzo di studio conducono all’università un numero non inferiore a 21 diplomati nell’arco del triennio considerato.
Le carriere universitarie degli studenti vengono ricostruite a partire dalle informazioni contenute nella banca dati dell’Anagrafe nazionale degli studenti universitari (Ansu) del Miur, che raccoglie i dati amministrativi ricevuti dalle segreterie universitarie. Le prestazioni universitarie dei singoli studenti possono essere considerate come il risultato di un insieme di fattori che operano congiuntamente. A parità di abilità, preparazione e impegno, certamente contano le scelte universitarie. Gli atenei e i corsi di studio differiscono fra loro in termini di severità, difficoltà intrinseca, coerenza con gli studi precedenti e altri fattori che possono avere un impatto sulle capacità degli studenti di superare gli esami e conseguire buone valutazioni.
Se frequentare un corso di studio triennale sanitario presso un determinato ateneo vuol dire avere una carriera universitaria più agevolata rispetto al frequentare una facoltà scientifica presso un altro ateneo, bisogna evitare che una scuola che abbia più diplomati nel primo che nel secondo corso di laurea risulti più avvantaggiata nel giudizio. Per questa ragione i confronti tra studenti vengono effettuati per gruppi omogenei, rispetto alle scelte universitarie compiute. In breve, profili e corsi di laurea vengono “normalizzati” ed è come se gli studenti di tutta Italia frequentassero lo stesso corso di laurea nello stesso ateneo, il che rende le loro performance comparabili.
Eduscopio fornisce una documentazione tecnica con tutti i dettagli per illustrare i fattori di correzione dei punteggi utilizzati. Una lettura interessante, oltre che per i genitori e gli studenti, per i ricercatori dell’Invalsi, perché se utilizzassero analoghi criteri di “normalizzazione” anche loro fornirebbero risultati effettivamente comparabili. La capacità di una scuola secondaria di secondo grado di preparare bene agli studi universitari viene rivelata dalla media delle prestazioni dei suoi studenti nei tre anni precedenti. Tenere conto di tre anni successivi fa sì che le scuole vengano valutate per la capacità educativa espressa da un numero maggiore di consigli di classe. La misurazione è, pertanto, più realistica perché meno dipendente dalle particolarità di una singola annata di diplomati o di un piccolo gruppo di docenti.
Non tutte le scuole hanno, però, come compito primario di preparare i propri studenti alla prosecuzione in corsi universitari. Gli istituti professionali, per esempio, perseguono lo scopo di favorire l’ingresso dei propri diplomati nel mondo del lavoro. Infatti, da queste scuole meno di uno studente su quattro transita all’università. Pertanto, non avrebbe senso valutarle in base ai risultati universitari.
Per gli istituti tecnici, invece, il discorso è più complesso perché, nonostante abbiano un chiaro intento professionalizzante, una percentuale considerevole dei loro diplomati (circa il 40%) preferisce la prosecuzione degli studi al livello universitario piuttosto che l’ingresso nel mondo del lavoro.
Il motore di ricerca di Eduscopio permette, pertanto, di confrontare licei classici con licei classici, istituti tecnici economici con istituti tecnici economici e via dicendo.
Affinché le informazioni siano rilevanti per le scelte degli studenti e per la riflessione sul proprio operato da parte delle scuole viene proposta la possibilità di confrontare le scuole solo con altre scuole dello stesso tipo su un territorio circoscritto.
Le ragioni di questa scelta sono semplici. In primo luogo, confrontare scuole che offrono indirizzi di studio differenti è fuorviante: ogni indirizzo di studio presenta una proposta formativa differente. In secondo luogo, mentre nella scelta della sede universitaria vi è un notevole grado di mobilità degli studenti, che spesso decidono di proseguire gli studi lontano da casa, quando si sceglie una scuola secondaria superiore la mobilità è ridotta. Il perimetro delle scelte è per forza di cose limitato. È del tutto irrilevante per uno studente sapere dove si trovi la scuola dell’indirizzo prescelto che offre in assoluto le migliori basi per gli studi universitari se quella scuola per lui non è raggiungibile. Molto meglio avere a disposizione una comparazione delle scuole che operano in prossimità della propria abitazione o a una distanza relativamente ridotta e percorribile quotidianamente.
Per il lavoro si procede analogamente, ma dopo aver scelto l’indirizzo e selezionato la residenza, la ricerca offre due tipi di risultati: l’indice di occupazione dei diplomati oppure il criterio della coerenza tra gli studi effettuati e il lavoro svolto. Per questa ragione la comparazione diretta tra scuole viene proposta sulla base di tre indicatori: la percentuale di diplomati occupati, il tempo di attesa per il primo contratto, la coerenza tra studi fatti e la qualifica professionale conseguita.
Il portale “Eduscopio” della Fondazione Agnelli si rivela uno strumento di consultazione rigoroso e affidabile per la scelta degli indirizzi di studio da frequentare dopo la scuola media, fornendo molte informazioni utili per la propria scelta di vita.
Perché bisogna conoscere per poter scegliere, solo così si è liberi di costruire il proprio futuro, facendo tesoro degli strumenti già oggi disponibili nella nuova società digitale.