Sara aveva cambiato scuola e si era trovata in terza con compagni nuovi; tutti si conoscevano, lei non conosceva nessuno e si sentiva da sola in quella nuova classe. I primi giorni di scuola erano stati da un lato affascinanti, perché finalmente faceva un tipo di scuola che valorizzava la sua passione per il disegno, dall’altra però non riusciva a inserirsi nella classe e ogni giorno che passava aumentava la sua sensazione di estraneità.
Un giorno Sara aveva detto in classe che non si trovava bene, ma l’esito di questa sua sincerità le era costato parecchio, i suoi compagni e le sue compagne avevano innalzato le barriere difensive, dopo averla accusata di fronte all’insegnante di italiano di essere lei la causa del suo isolamento.
Sara era sempre più delusa. Un giorno aveva detto alla sua amica Maria che stava perdendo la fiducia negli altri, tutti le sembravano un ostacolo insuperabile, un fattore di resistenza. Come era possibile entrare in una classe senza essere accolti?
Maria stentava a crederci e le aveva chiesto se non avesse notato in qualcuno uno spiraglio di simpatia per lei.
“Un tuo compagno, una compagna, un professore? Possibile che non vi sia una persona, una!, che abbia uno sguardo di amicizia a te?”
“No! Non c’è nessuno!” aveva risposto decisamente e senza ammettere contraddittorio Sara.
“Anch’io?” aveva allora chiesto Maria.
“Che cosa c’entra? Tu non sei in classe mia!”
“In me hai ancora fiducia?” le aveva allora chiesto provocatoriamente Maria.
“Certo!” aveva risposto Sara.
“Non dimenticartelo, perché se hai fiducia in me significa che anche nella tua classe ci sarà un fiotto di simpatia, cercalo!”
“No, non c’è!” aveva risposto con decisione Sara e aveva tagliato lì il discorso cambiando subito argomento e chiedendo all’amica alcune spiegazioni di letteratura italiana.
Il giorno dopo, in classe, quel “cercalo” continuava a fare capolino nella sua mente. Allora si era messa a guardare con più attenzione quello che succedeva intorno a lei e a scrutare i volti di compagni e compagni per scoprire qualche sprazzo di luce nei loro occhi. Non era successo nulla neanche quel giorno, la giornata era finita come tutte le altre, belle le spiegazioni, affascinante disegnare, ma nei rapporti tutto era come prima.
Alla fine della lezione la prof di arte aveva chiesto se ci fosse stato qualcuno disposto ad aiutarla a scegliere i disegni che avrebbe dovuto esporre ad una mostra della scuola. Tutti avevano guardato la prof come se fosse un’aliena: come poteva pensare che uno rimanesse alla fine delle lezioni? C’era da andare a casa a pranzare e poi ad iniziare il pomeriggio, stare a scuola era proprio l’ultima cosa da fare!
Sara era rimasta, anche questa volta, da sola, e aveva aiutato per un’ora l’insegnante di arte a scegliere tra tanti disegni.
Finito il lavoro, la prof l’aveva salutata e Sara stava per andarsene quando lei l’aveva richiamata e le aveva detto: “Ho capito che sei da sola, che i tuoi compagni non ti hanno accolto.”
“È vero!” aveva risposto Sara “e questo mi fa molto soffrire!”
“Mi spiace” aveva aggiunto la prof, “non so cosa fare!”
“Questo che ha fatto è già tanto!” le aveva allora detto sorridendo Sara.
“Che cosa?” aveva reagito la prof che non capiva.
“Che lei si sia accorta di me! Questo per me è importante, io non lo sapevo, che oggi me l’abbia detto mi dà tanta fiducia. Grazie, penso che sia l’inizio di qualcosa di nuovo.”
Si erano salutate, sembrava essere finito tutto lì, in realtà quella prof aveva cominciato a fare il miracolo. Sara era felice che qualcuno si fosse accorto di lei; era la strada perché quello sguardo camminasse oltre loro due.
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