La mia esperienza è legata da oltre trent’anni ai sistemi di formazione e istruzione tecnico-professionale e ai rapporti tra scuola e azienda, vissuti direttamente “sul campo”. Non mi ritengo un grande esperto, non ho centinaia di incarichi e pubblicazioni da sfoggiare nel mio curriculum, ma scrivo per diletto solamente su quello che conosco per esperienza personale, con l’unico scopo di favorire la possibilità dei giovani per un futuro lavorativo di soddisfazione. Non ho tessere sindacali, di partito, o sistemi lobbistici da difendere, ma proprio per questo credo sia fondamentale che chi si assume la responsabilità di intervenire pubblicamente su argomenti delicati quali il futuro dei giovani e del nostro Paese, soprattutto se chiamato a decisioni o pareri su provvedimenti legislativi, debba farlo con cognizione di causa e possibilmente senza preconcetti di parte.
Accade che il risalto avuto nell’ultimo anno dal sistema Its (saranno forse gli 1,5 miliardi di euro di finanziamenti previsti dal Pnrr) abbia portato molti – singoli, associazioni, organizzazioni sindacali – a esternare la propria idea e a cercare di “spingere il sistema” verso i propri fini. Non c’è esperto (o sedicente tale) di istruzione e formazione che non si sia sentito in dovere in questi mesi di esprimere le proprie valutazioni.
Molto bene, si dirà, si alimenta così la discussione sul “nuovo sistema formativo”. Si dimentica forse che gli Its sono nati con il Dpcm 25 gennaio 2008 e hanno cominciato ad operare nel 2010. In questi oltre 10 anni decine di persone hanno lavorato con passione straordinaria per far decollare un sistema, mettendo in fila esperienze straordinarie, spesso ignorate se non apertamente avversate da chi ora cerca di “salire sul carro” (leggi organizzazioni sindacali della scuola e altri).
Io sono uno dei fortunati che oltre dieci anni fa ha avuto la grande opportunità di iniziare da zero. Il sogno di chiunque si occupi di formazione: partire da un “foglio bianco” e con poche imposizioni “costruire” una scuola nuova. Poche indicazioni, ma un compito preciso: dare ai giovani quelle competenze legate allo sviluppo tecnologico che consentissero di inserirsi nel mondo di lavoro in modo attivo e responsabile. E la mia esperienza può essere descritta in poche righe.
La mia Fondazione ha un grande presidente, non preside o direttore didattico, ma imprenditore illuminato che mai in questi anni ha imposto scelte dettate da interessi particolari del mondo imprenditoriale o da spinte politiche locali.
Sono direttore generale della fondazione Its Academy Meccatronico Veneto sin dalla sua costituzione. Il mio ruolo è quello di mettere in pratica le delibere degli organi direttivi e di gestire le attività secondo gli scopi statutari e le indicazioni nazionali e regionali. Nell’ultima versione della nuova legge Its licenziata in commissione al Senato il mio ruolo, che recentemente qualche grande esperto (evidentemente spinto da forti interessi di posizione veterosindacali) ha definito “figura monocratica con forte accentramento di poteri di governance” dovrebbe essere sostituito da una non meglio identificata figura di “direttore didattico” nella persona di un dirigente scolastico di scuola media superiore, evidentemente più controllabile dal sindacato, ma comunque monocratico e inoltre totalmente impreparato alla gestione di un ente complesso quale la fondazione di partecipazione.
Gestisco con attenzione maniacale un bilancio di oltre 4 milioni di euro, che si introitano sfruttando l’intuizione del mio Consiglio di indirizzo di far convergere risorse pubbliche e private su un obiettivo comune. Ogni euro che esce dalla Fondazione è controllato da almeno tre organi indipendenti (revisione regionale, revisore dei conti e Odv ai sensi della legge 231).
La Regione in cui operiamo spinge e aiuta, attraverso la sua struttura, le Fondazioni al miglioramento qualitativo e quantitativo dell’offerta formativa.
Quando penso alla strada compiuta in questi anni, vedo molte Fondazioni (quasi tutte) come la mia aver compiuto enormi progressi e realizzato esperienze che solo un occhio deviato da colpevoli interessi di parte può evitare di riconoscere.
Penso ai “miei” 22 ragazzi del primo corso Its 2011-13 e guardo ai 540 allievi attuali della Fondazione, ai 22 corsi in svolgimento che diventeranno 28 dal prossimo ottobre e agli oltre mille diplomati occupati al 98% (ma potrei scrivere 100%) inseriti dopo un anno dal titolo in ruoli di responsabilità in azienda.
Penso anche alle centinaia di docenti e collaboratori che hanno lavorato con la Fondazione in questi anni con competenza e passione: veri professionisti della formazione. Rivendicazioni sindacali? Nessuna. Ben volentieri accettano di essere valutati da un sistema oggettivo e capiscono che è la competenza professionale e non la posizione in una graduatoria di anzianità che qualifica la propria professionalità.
Ci sono stati problemi in questi anni? Tanti, sicuramente: tutti i giorni la realtà ci pone di fronte a situazioni inconcepibili per chi non ha mai gestito un sistema privo di organico fisso e con risorse economiche che consentono di contare solo su pochi collaboratori assunti. E poi contributi pubblici che arrivano oltre due anni dopo la fine di ogni corso, status non definito (siamo pubblici o privati?), assenza di una direzione generale al ministero dell’Istruzione: ne potrei citare altri, ma la lista sarebbe veramente lunga.
La realtà vista da chi veramente lavora per un Its è che ormai da tempo si è andata delineando una identità e autonomia del sistema rispetto alla scuola superiore. Gli Its sono “istruzione terziaria professionalizzante”: il compito dell’“Istituto di Riferimento” che aveva forse un ruolo nei primi anni di vita dell’Its ha progressivamente perduto il suo senso: sono gli Its che ora possono fare da riferimento all’Istruzione tecnica e professionale della scuola secondaria superiore, con la loro struttura innovativa e la loro capacità di restare aggiornati sulle nuove competenze e metodologie didattiche. Pensare di riportare gli Its a costituire il 6° e 7° anno della scuola superiore è una “posizione di retroguardia” che è già stata abbondantemente superata dai fatti.
Ma le parole forse non rendono conto dei fatti e delle “verità” che il sistema Its sta vivendo, per cui invito tutti coloro che si sentono presi in causa da queste mie righe a non rispondere “a distanza”, ma a venire a vedere, anche senza preavviso, cosa succede tutti i giorni in un Its. Le nostre porte sono aperte.
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