La domanda più importante che oggi si pongono le famiglie, la scuola, il contesto sociale nella sua complessità, tutte le agenzie formative, ognuna per quanto riguarda la sua responsabilità specifica, nel tentativo di capire come sostenere la formazione alle relazioni umane e quindi prevenire la violenza nelle sue molteplici manifestazioni, riguarda indubbiamente il come educare, avendo ben presente che ogni fascia d’età ha le sue esigenze specifiche, le modalità che gli sono proprie. Se si considera il fenomeno della violenza contro le donne nell’arco degli ultimi 20 anni, colpisce come il fenomeno sia in aumento e questo rappresenta una critica oggettiva rispetto a quanto fatto finora.



Non c’è dubbio che la violenza sia uno dei fattori di maggiore instabilità sociale; un indicatore della involuzione della cultura del rispetto reciproco e una pesante manifestazione di come la relazione di cura si stia progressivamente diluendo in un clima di anonimato e di reciproca indifferenza. L’omicidio di Giulia Cecchettin, studentessa di 22 anni, uccisa dal suo ex fidanzato Filippo Turetta, risale all’11 novembre 2023 e ha suscitato notevole scalpore e indignazione nell’opinione pubblica. Ma disgraziatamente non è l’ultimo e in poco più di 45 giorni si sono susseguiti altri femminicidi e numerosi fatti di violenza che dimostrano tutta l’attualità di questo problema.



Il governo, il mondo politico, dopo tanti dibattiti ha individuato due modalità per affrontarlo e provare a ridurlo. Da un lato la direttiva del ministro Valditara che ha previsto 25 ore per una specifica formazione sul tema delle relazioni umane, da realizzare a scuola con vari progetti e diverse iniziative. Dall’altro l’attuale Legge di bilancio, che all’articolo 39 prevede una serie di interventi dedicati alla prevenzione della violenza, alla presa in carico delle donne maltrattate e alla rieducazione degli uomini maltrattanti e alla formazione. La quota più cospicua, 40 milioni, proviene dal fondo parlamentare per le minoranze, interamente dedicato a questo obiettivo; a cui vanno aggiunti 20 milioni per le case rifugio; 5 milioni per i centri antiviolenza, 4 milioni per la riabilitazione degli uomini maltrattanti, dai 4 ai 10 milioni nel prossimo triennio per il cosiddetto reddito di libertà, 3 milioni per la formazione al contrasto della violenza domestica e infine significativi sgravi contributivi per chi assume donne vittima di violenza.



Niente di tutto ciò era stato fatto finora, neppure dopo l’approvazione della legge “Codice rosso” del 2019. La violenza maschile solo da pochi anni è diventata tema di dibattito pubblico e mancano tuttora politiche in contrasto alla violenza alle donne; sono scarse le ricerche in tal senso, mancano progetti di sensibilizzazione e di formazione.

Un impegno così significativo sul piano economico non può che intrecciarsi con la direttiva prevista dal ministro dell’Istruzione e del Merito, che ha sollevato una serie di perplessità, soprattutto a proposito del ruolo dei garanti, che dopo essere stati nominati sono stati velocemente congedati. Tre persone, tutte donne con grande esperienza in specifici campi della loro attività professionale, ma sprovviste di quella dimestichezza familiare con i figli che crescono, che pongono domande, o che non pongono domande ma cercano comunque risposte alla loro incipiente maturità affettiva e sessuale.

In ogni caso sul ruolo dei garanti può essere comunque interessante riflettere dopo l’episodio che si è verificato recentemente in una scuola media romana, partendo dalla perplessità dei genitori e dalle loro reazioni, comunque accolte dagli insegnanti, che hanno rapidamente modificato il loro approccio. Il punto di partenza riguarda uno dei libri di lettura consigliati ai ragazzi in queste vacanze di Natale. Ossia La canzone di Achille (The Song of Achilles), romanzo di esordio di Madeline Miller, premiato con l’Orange Prize nel 2012.

Il romanzo ripercorre la storia di Achille e Patroclo, dall’esilio di Patroclo adolescente all’incontro con Achille, per raccontare l’addestramento dei due con il centauro Chirone, l’amore che nasce tra i due principi, la guerra di Troia e infine la morte e il successivo incontro nell’Ade dei due eroi. A molti genitori inizialmente è sembrata una narrazione in chiave moderna dell’Iliade, il più classico dei libri che da tempo immemorabile si legge in prima media. “Il mio problema – scrive una mamma – non è che tratti una relazione omosessuale. Come undicenne conosce questa realtà e quello che insegniamo è il rispetto. Il problema è la descrizione dell’intimità, lo sbandieramento della masturbazione, la descrizione dettagliata delle sensazioni, dei gesti, dell’approccio alla sessualità descritto con dovizia di particolari, le relazioni intime…”.

Madeline Miller (Boston, 24 luglio 1978) è una docente di latino e greco, molto apprezzata negli Stati Uniti, che usa la storia di Achille e i fatti dell’Iliade mescolandoli con altre vicende estranee all’epica di Omero con la libertà dello scrittore che si spinge oltre l’aderenza al testo originale per ridisegnarlo secondo una sua linea narrativa, in cui il linguaggio, secondo un gruppo di famiglie della classe, non è adatto a chi ha solo 11 anni. Il libro, peraltro, è suggerito per ragazzi dai 15 anni in su. I genitori hanno voluto leggere il libro, esercitando la loro funzione educativa; davanti alle osservazioni dei genitori il romanzo è stato accantonato e la lettura rimandata ad altri tempi, mentre i genitori hanno ottenuto che i figli leggessero un libro diverso, a loro scelta. In questo modo hanno esercitato la loro funzione educativa e stimolato altri genitori a fare altrettanto.

Il testo di Madeline Miller è un testo per ragazzi più grandi che a 11 non facilita certo la scoperta delle relazioni affettive tra pre-adolescenti, semmai ne acuisce la curiosità, ne stimola il desiderio di sperimentare, proprio tenendo conto che gli 11 anni di oggi non sono certo quelli di qualche decennio fa. Miller si batte da sempre per i diritti delle donne e queste sue posizioni traspaiono anche in altri suoi libri, in particolare in Circe. A proposito delle donne nella letteratura ha affermato: “Le donne umiliate mi sembrano il passatempo preferito dei poeti. Quasi non possa esistere storia senza che noi strisciamo o piangiamo”. Una posizione che prelude ad una possibile riedizione di molti classici, raccontati in chiave femminista e rivendicatoria.

L’educazione affettiva a scuola passa indubbiamente attraverso la lettura dei romanzi, dei racconti e delle poesie: da sempre il luogo privilegiato per capire meglio il mondo degli affetti, delle sensazioni, per imparare a dare un nome a ciò che i ragazzi sentono a volte in modo confuso e nebuloso. Ma se si vuole che la formazione affettiva proceda attraverso la scoperta delle relazioni tra ragazzi e ragazze, e faccia scaturire rispetto reciproco, desiderio di accompagnamento anche sentimentale nello sviluppo dell’età, serve quella delicatezza che oggi è più difficile trovare nel linguaggio, nell’indugiare delle descrizioni, nel manifestarsi delle situazioni che dalla letteratura portano alla vita e viceversa. Sarebbe forse stato meglio che il ministro dell’Istruzione avesse insistito per stanziare anche in legge di bilancio fondi da destinare alla formazione dei docenti davanti alle nuove sfide educative e fondi per le biblioteche, in cui non dovrebbero mai mancare i classici.

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