Parlare di digitalizzazione per la scuola cominciando proprio dalla primaria perché prima è meglio è, con tutti i ritardi che abbiamo accumulato, non è sufficiente nel 2022, anche perché è dal 2015 e dai fondi previsti dalla legge 107/ 2015 e dai fondi strutturali Europei (Pon Istruzione 2014/ 2020) fino ad arrivare a oggi con il Pnrr (i finanziamenti sono 50 miliardi di investimenti per la “Missione 1- Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura”, di cui 10,95 dedicati alla digitalizzazione della Pubblica amministrazione, e 33,81 per la “Missione numero 4 – Istruzione e ricerca”, di cui 20,89 dedicati alla scuola) che le risorse ci sono. L’impiego di più fonti di risorse a favore dell’innovazione digitale non è non solo fino a oggi stato chiaro ma purtroppo drammaticamente in mora. E a fronte di una legittima e lucida lettura critica e razionale del percorso del Ministero che sta di nuovo accentrando le energie a livello nazionale quando sarebbe necessario invece incentivare la reale autonomia scolastica per accompagnare un Piano che generi opportunità istituzionali diffuse (così come auspica il Pnrr), spontanee connessioni e margini di collaborazione tra la scuola e il territorio uffici di altri ministeri, regioni, enti locali, imprese, fondazioni, comunità per produrre un impatto trasversalmente da nord a sud del Paese.
Si usa spesso ultimamente un termine errato, cioè “mettere a terra i progetti”: ebbene dobbiamo capire e subito come affrontare la sfida digitale prima di tutto nella cultura della comunità scolastica. Non è un semplice dispiegamento di tecnologia: nessun passaggio educativo può infatti prescindere da un’interazione intensiva docente-discente e la tecnologia non può distrarsi da questo fondamentale “rapporto umano” come L’Ocse ha ricordato.
Un Piano che risponda concretamente alla chiamata per costruire una visione di Educazione nell’era digitale, attraverso un processo che, per la scuola, è correlato alle sfide che la società tutta affronta nel sostenere l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita (life-long) e in tutti contesti della vita, formali e non formali (life-wide), dalla scuola primaria. Si tratta di un’azione colta e sapiente, che parte da una concezione rinnovata di scuola, intesa come spazio aperto per l’apprendimento e non unicamente luogo fisico, come piattaforma che metta bambini e bambine, studenti e studentesse nelle condizioni di sviluppare le competenze per la vita.
Le tecnologie diventano abilitanti, quotidiane, ordinarie, al servizio dell’attività scolastica, le attività orientate alla formazione e all’apprendimento, ma anche l’amministrazione, ricongiungendo tutti gli ambienti della scuola: classi, ambienti comuni, spazi laboratoriali, spazi individuali e spazi informali, veri e propri orti di cultura, con ricadute estese al territorio.
Gli obiettivi sono quelli del sistema educativo: le competenze degli studenti, i loro apprendimenti, i loro risultati, e l’impatto che avranno nella società come persone, cittadini e professionisti. E ancora prima le competenze degli insegnanti perché siano in grado di accettare sfide metodologico-didattiche, e sfide organizzative per i dirigenti scolastici e il personale amministrativo. Del resto, la “scuola digitale” non è un’altra scuola. È più concretamente la sfida dell’innovazione della scuola degli insegnamenti dei contenuti, degli strumenti per stare nelle indispensabili traiettorie di innovazione, per utilizzare meglio le risorse disponibili, per attrarne di nuove, e per non fare errori di scelta che diversamente paghiamo ora e negli anni.
Gli insegnanti devono fare i conti con sostanziali modifiche dei contenuti nei programmi d’insegnamento e dovranno essere in grado di avere specifiche competenze aggiuntive fin dalla scuola primaria, trattando il tema con equilibrio e criterio. Ci sono problemi nel momento in cui le nuove aziende che puntano sull’innovazione cominciano a vedere nella digitalizzazione nella scuola un business molto convincente e approfittano di questo fornendo preventivi che lo Stato non può permettersi o problemi che riguardano nuove metodologie di studio e di apprendimento didattico, ancora più importante rispetto alle tecnologie; la violazione della privacy e, soprattutto, fenomeni legati al cyber bullismo, che consegnano alla scuola, una grossa responsabilità nel controllo e nel corretto utilizzo delle tecnologie da parte dei bambini e degli studenti.
Internet è per i giovani un ibrido tra un’opportunità e un pericolo, la digitalizzazione nella scuola può diventare il nuovo modello di istruzione, con nuovi temi da affrontare che non devono essere visti né come una perdita di tempo, né come qualcosa che risulta fuori luogo rispetto ai programmi didattici standard.
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