Caro direttore,
il decennio che si è appena aperto risulterà decisivo per il sistema scolastico italiano, sia per il settore statale, che per quello paritario. Per il primo risulteranno determinati le scelte che dovranno essere prese in relazione alla qualità ed efficacia dell’istruzione per non perdere definitivamente il contatto con i sistemi educativi europei. Infatti le ultime rilevazioni (Ocse-Pisa 2019, Invalsi 2019) evidenziano come siano in aumento le carenze degli studenti italiani nella comprensione del testo e nella lingua italiana in generale, nelle lingue straniere e in matematica. Purtroppo il gap aumenterà se si continuerà a sbagliare obiettivi. Infatti i temi dell’edilizia scolastica o la carenza di investimenti nella scuola pubblica, come sbandierano a più non posso molti esponenti dell’attuale partito di maggioranza relativa, non sono i problemi maggiori della scuola italiana. Più che di investimenti, la scuola italiana sembra carente di una buona gestione delle sue finanze, ma soprattutto nella qualificazione delle risorse umane, in primis nella formazione dei docenti.



Sul versante della scuola paritaria le tematiche sono invece più stringenti e tra dieci anni sarà possibile capire se l’istruzione non statale avrà ancora una chance o se sarà destinata a un inevitabile declino. I segni di una lenta, ma irreparabile perdita di posizioni sono già presenti oggi.

In primis la riduzione progressiva di alunni è un dato evidente. All’inizio del decennio appena concluso la scuola paritaria contava poco più di un milione di iscritti, ora siamo a circa 860mila, con una perdita netta del 16-17%. La crisi demografica fa sentire i suoi effetti e la tendenza sembra consolidarsi, visto che, come afferma l’Istat, il gap demografico sarà molto evidente nei prossimi anni.



La crisi della vocazioni e l’invecchiamento delle religiose degli ordini che si occupano di educazione è arrivato a maturazione in questo cambio di decennio. Anche se non ci sono dati certi, il numero di istituti scolastici guidati da suore con un’età superiore ai 75 anni sono molto numerosi per cui è molto probabile che entro pochi anni molte scuole (fatto già verificatosi in passato), per mancanza di personale direttivo, saranno costrette a chiudere.

Questo fatto ne introduce un altro, per certi versi più pericoloso. La mancanza di cambio generazionale nella gestione e direzione delle scuole paritarie influisce direttamente sulla loro identità, per cui se il carisma educativo perde la sua evidenza, gli istituti saranno sempre meno appetibili nella scelta delle famiglie.



Luisa Ribolzi su queste pagine si è occupata di questi temi e della condizione dei docenti delle scuole cattoliche. Tra i tanti aspetti ha toccato quello della  “sistematica rapina” di giovani insegnanti, formati a spese del sistema paritario, e poi attirati nelle scuole statali con contratti più vantaggiosi. Questa sleale competizione realizzata sul personale assume i caratteri del cosiddetto “bracconaggio” (talent poaching per le imprese private), che se non verrà interrotto a breve, può mettere a rischio un numero elevato di scuole, che vedendosi lentamente e in modo sistematico sottrarre i propri docenti, rischiano un pericolosissimo impoverimento educativo che le può portare allo smarrimento delle proprie origini e addirittura alla chiusura.

La reale attuazione di un sistema efficace tra scuola statale e non statale,  previsto dalla legge 62/2000 e adeguatamente finanziato rimane il nodo principale irrisolto dell’istruzione italiana. Abbiamo appena parlato di sleale concorrenza dello Stato, ma anche l’eccessiva attività normativa con i numerosissimi adempimenti in campo sanitario, fiscale, previdenziale, di sicurezza del lavoro e tanto altro, schiacciano le scuole paritarie (spesso configurate come microimprese con 4-5 dipendenti) sotto una montagna di obblighi e aumento dei costi tali da rendere l’impresa sussidiaria impossibile da attuare.      

Se la situazione non muterà in modo sostanziale, solo in Regioni come la Lombardia, il Veneto e l’Emilia-Romagna, dotate di sistemi legislativi adeguati e congrui finanziamenti, sarà garantita la sopravvivenza del sistema paritario. Nel resto d’Italia, come è già accaduto in molte aree meridionali, è molto probabile una sorta di desertificazione del sistema scolastico paritario, con un sistema formativo schiacciato sulle scuole di Stato. Come è noto, una scuola solo emanazione dello Stato rivela un grande deficit democratico e solo le società e gli Stati totalitari impongono un sistema monolitico. Al contrario se viene garantita la libertà di educazione e la possibilità di scelta tra vari soggetti formativi, il pluralismo e la democrazia hanno un futuro.

Sono dunque tanti i problemi che affliggono il sistema scolastico italiano per cui sembra necessario un cambio di passo sostanziale, per progettare una scuola adeguata alla multiforme società italiana. L’onorevole Gabriele Toccafondi, esperto di politica scolastica, spesso propone anche su queste pagine riflessioni interessanti. Recentemente, in occasione delle repentine dimissioni del ministro Fioramonti, ha sostenuto che il problema non era cambiare il titolare del Miur e sdoppiare i ministeri (Istruzione e Università), ma modificare “metodo e atteggiamento”. Toccafondi ha proposto al nuovo vertice dell’Istruzione (nel frattempo è stata nominata la ministra Azzolina) di superare quel verticismo ministeriale proprio di Fioramonti e ha chiesto nella gestione della scuola più collegialità; altrimenti secondo l’esponente di Italia viva ci sarà il rischio “di avere una non maggioranza sul tema della scuola”.

Se nella dialettica politica attuale i toni di Toccafondi sono comprensibili nonché condivisibili, come spesso si dice all’interno di Italia viva, c’è bisogno anche di guardare al futuro per provare a salvare il sistema paritario (e quindi l’intera scuola italiana), che oggi purtroppo sembra fortemente compromesso, per le ragioni qui addotte e per tante altre di cui non è stato possibile far cenno.  Oggi è necessario costruire soggetti politici più ampi rispetto alla maggioranza parlamentare che regge il governo giallo-rosso, che come è noto è caratterizzata da ampie fragilità. Bisogna cioè mettere al centro dell’attività dell’Intergruppo parlamentare per la sussidiarietà il tema della scuola e far nascere al suo interno una “task force della parità scolastica”. Per smuovere veramente le acque, per guardare al futuro, politici di buona volontà e sostenitori dell’Intergruppo,  come Maurizio Lupi, Mara Carfagna, Ettore Rosato, Fabio Rampelli, Ignazio La Russa, Massimiliano Romeo, Barbara Saltamartini, Graziano Delrio, Lorenzo Guerini, Simona Malpezzi, Matteo Richetti, Stefano Lepri, Luigi Marattin, Maria Stella Gelmini, Anna Maria Bernini, Licia Ronzulli, Antonio Palmieri e Gabriele Toccafondi hanno a mio avviso il compito di rimettere a tema la natura sussidiaria della parità scolastica, iniziando dall’istruzione ad arrestare il declino dell’Italia.