È difficile immaginare quanto potrà durare l’incarico del nuovo ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina in procinto di essere nominato nei prossimi giorni. E ancor più difficile è prevedere se si troverà anche solo parte della somma che il dimissionario Fioramonti invocava a piè sospinto senza mai indicare, salvo qualche generica affermazione, cosa avrebbe voluto farne.
A un buon ministro però si chiede non solo di reperire finanziamenti e, se possibile, spendere bene le risorse disponibili, ma anche di agire su questioni importanti che non richiedono spese, ma sono utili a migliorare aspetti centrali della vita scolastica. In passato non sono mancati ministri che si sono rivelati ottimi navigatori anche senza soldi (un solo esempio: il ministro Malfatti, ai cui provvedimenti si deve l’apertura delle scuole alla società civile). Insomma è possibile agire bene anche se non ci sono soldi, ma se ci sono buone idee.
Vorremmo suggerire al nuovo inquilino di viale Trastevere che siederà sulla scomoda poltrona che fu di Francesco De Sanctis, Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Aldo Moro, di considerare tre questioni che da tempo meritano di essere affrontate con giusta decisione e che non hanno bisogno di particolari stanziamenti.
La prima riguarda la stabilizzazione delle modalità di formazione e di accesso alla professione docente. I giovani, fin dall’inizio del loro percorso universitario, vanno posti nella condizione di sapere attraverso quali modalità formative potranno aspirare all’insegnamento, senza sorprese. Negli ultimi due decenni si è succeduta purtroppo una vera e propria sarabanda con soluzioni di vario genere. Ciascuna di queste è mediamente durata solo qualche anno, con gravi conseguenze per quanti si sono trovati a partire con un quadro normativo e, in corso d’opera, lo hanno visto repentinamente mutare. La stabilità della norma costituisce una certezza cui hanno diritto giovani e famiglie.
Il nuovo ministro raccolga intorno a un tavolo le varie parti in causa e, insieme, si giunga a una chiara e duratura soluzione. Non sembra una missione impossibile, certamente è utile.
Una seconda questione è legata alla regolarità dei concorsi. Se i concorsi si susseguono con cadenze puntuali tanto minore è il ricorso al precariato. La stabilità dei docenti costituisce uno dei requisiti per assicurare la continuità didattica che, come tutti sanno, è uno dei fattori che incide sulla qualità scolastica e sul buon funzionamento scolastico.
Se poi il nuovo ministro fosse in grado di escogitare qualche dispositivo concorsuale (per esempio un cospicuo bonus per le lauree con il massimo dei voti) per attrarre nella scuola i laureati migliori sarebbe davvero un gran bene per tante ragioni, non ultima quella dell’immagine dell’istituzione. Il ministero darebbe il segnale che la scuola non può essere solo un “postificio” ammortizzatore della disoccupazione intellettuale, ma va in cerca dei docenti più validi. Ne guadagnerebbe anche la percezione sociale dell’insegnamento.
Resta infine la questione – che ho richiamato recentemente in un altro articolo – delle scuole i cui risultati, per varie ragioni, sono insoddisfacenti. Si tratta di una tematica assai delicata e spinosa perché nessuna scuola desidera essere qualificata come “scuola debole” o “scuola in difficoltà” anche quando ci sono ragioni obiettive alla base dell’insufficienza degli esiti, scuole, dunque, non da “punire” ma da “aiutare”. Non è possibile continuare a fingere che il sistema funziona bene in tutte le sue parti. Purtroppo non è così.
Sono possibili interventi mirati in varie direzioni a costi zero o molto contenuti. Per cominciare, ad esempio, si potrebbe avviare una iniziativa di sostegno basata su adesioni volontarie per aiutare le scuole che si autodichiarano “in difficoltà” a predisporre piani di miglioramento non solo sulla carta e monitorati in corso d’opera di durata pluriannuale. Ma ci sono tante altre possibilità, ciò che è importante sarebbe avere un segnale che il problema è preso in considerazione.
Tre questioni a costo zero o quasi zero. Vorrà il nuovo ministro passare agli annali come il ministro capace di contrastare l’emergenza scolastica senza invocare tre miliardi?