Entro dicembre, come è risaputo, deve essere approvata la legge di stabilità. Come tutti gli anni, sapendo che “se non chiedi non ottieni attenzione ed eventuali risorse”, il settore delle scuole paritarie si è messo in movimento e ha dato il via “al tempo delle richieste” con un web pressing, la modalità utilizzata prima delle vacanze per il “decreto ristoro”, visto i buoni frutti allora prodotti.
L’esito è stato positivo ed ha visto la partecipazione trasversale di parlamentari di maggioranza ed opposizione che hanno presentato alcuni emendamenti:
– detraibilità integrale delle rette corrisposte alle scuole paritarie con un tetto di spesa di 5.500 euro annuo ad alunno;
– incremento del fondo destinato agli alunni con disabilità che frequentano scuole paritarie a partire dal 2020 di ulteriori 100 milioni di euro;
– misure di sostegno economico confermando, anche nel bilancio 2021, il contributo straordinario di 300 milioni erogato alle scuole paritarie nell’a.s. 2019/2020 per far fronte all’emergenza Covid-19;
– semplificazione delle procedure di assegnazione contributi cassando l’obbligo di emanare annualmente il decreto ministeriale, che così potrà avere carattere permanente;
– estensione superbonus agli immobili che ospitano scuole paritarie estendendo loro gli incentivi per efficientamento energetico, sisma bonus e fotovoltaico anche agli interventi sugli immobili adibiti ad attività educative e scolastiche posseduti o detenuti da enti senza scopo di lucro;
– istituzione del fondo di dotazione per il finanziamento in convenzione, su base di quota capitaria, delle scuole paritarie d’infanzia non profit;
– convenzionamento tra ministero dell’Istruzione e singole scuole dell’infanzia paritarie no profit sulla base della costituzione di un adeguato fondo nazionale costruito su base di quota capitaria.
Emendamenti che ho condiviso nella sostanza, anche se un paio sono ancora inficiati dall’impostazione no profit che occorrerà superare per equilibrio nel sistema, poiché quando una scuola offre un servizio con richiesta di rette nei limiti previsti dalla tabella predisposta dal Mef, deve avere la stessa considerazione e lo stesso trattamento normativo, secondo i canoni europei, indipendentemente dalla sua natura giuridica.
Continuando a parafrasare il libro biblico del Qoelet (Qo 3,1-11), a seguito delle attenzioni e delle promesse di interventi dei parlamentari partecipanti è iniziato “il tempo della speranza”, con notevole produzione di comunicazioni ottimistiche da parte delle 70 associazioni promotrici del web pressing, riportate da una consistente rassegna stampa.
Quando in Commissione si è chiusa la scadenza per la presentazione degli emendamenti è iniziato, non senza qualche preoccupazione, “il tempo dell’attesa” per valutare l’effettiva disponibilità politica e soprattutto quante fossero le risorse disponibili per la copertura degli emendamenti presentati.
Con l’avvio delle operazioni parlamentari è iniziato “il tempo della discussione”, che ha messo a nudo la realtà con cui fare i conti: la mancanza di risorse e il diverso approccio del Parlamento verso i problemi delle scuole paritarie. Le scuole sono ripartite, vi sono state chiusure, ma inferiori alle drammatiche previsioni; i settori più vicini al problema lavorativo dei genitori, infanzia e primaria, funzionano regolarmente in presenza. Questo ha spinto il mondo politico a non considerare il settore in emergenza, ai fini di un ulteriore stanziamento di risorse ad hoc.
L’unico punto che ha avuto la giusta attenzione riguarda gli alunni con disabilità e la necessità di incrementare le risorse onde ridurre l’odiosa discriminazione verso gli studenti e le famiglie che frequentano le scuole paritarie, come ho approfondito in un mio articolo qualche tempo fa.
Da qui è iniziato “il tempo della delusione” e la reazione delle associazioni, espressa in un comunicato stampa, è stata sì di ringraziamento ma vi traspare anche l’insoddisfazione per la mancata ricezione delle altre richieste e la speranza che in prossimi provvedimenti, vedi uno dei periodici “decreti ristoro”, ci si ricordi ancora delle scuole paritarie che, come ricordato, pur in una condizione di ridotta emergenza hanno dovuto sostenere costi aggiuntivi, come ad esempio l’aumento del personale ausiliario per le maggiori necessità di sanificazione o un aumento delle riduzioni di rette alle famiglie in difficoltà.
Traiamo da questa situazione un fatto sicuramente positivo, ossia che il provvedimento ha avuto un voto e una disponibilità di risorse trasversale dei parlamentari e dei partiti di maggioranza e di opposizione, indice, finalmente, che su questo tema l’aspetto ideologico è caduto e su questo si può iniziare a lavorare in prospettiva.
Sulla base di queste considerazioni mi sento di poter pensare ad un “tempo della concretezza” con prospettive di innovazione che possano portare alla soluzione di annosi problemi non risolti. Ne evidenzio due.
1. Studenti a disagio: è evidente che quanto stanziato è ancora insufficiente a sanare l’iniqua differenza di stanziamento di risorse da parte dello Stato. Il contributo approvato porta a 94 milioni il fondo destinato agli alunni con disabilità con un riparto di circa 8.000 euro per studente, ancora meno della metà di quanto stanziato, allo stesso fine, per uno studente di scuola statale pari a ca. 20.000 euro.
Il “cigno nero” rappresentato dall’emergenza Covid porta a cogliere occasioni per pensare in modo diverso le soluzioni: ad esempio perché non utilizzare una minima parte del Recovery Fund per colmare questa palese discriminazione verso cittadini in difficoltà per dare loro la giusta attenzione e non aggiungere alle loro difficoltà anche l’umiliazione dell’indifferenza, come spesso ricordato anche da istituzioni eminenti come lo stesso Presidente della Repubblica?
2. Un secondo punto si riferisce all’autonomia delle istituzioni scolastiche. Come molti dirigenti scolastici e loro associazioni hanno evidenziato in questi mesi, la scuola italiana ha retto all’urto del Covid grazie all’autonomia che molte scuole hanno attivato, allargando gli attuali paletti previsti, prendendo decisioni coraggiose che hanno permesso di mantenere al meglio l’offerta formativa ai loro studenti. Questo evidenzia che i tempi possono essere maturi e possa essere decisa una riforma virtuosa a costo zero, come approfondivo in un altro mio articolo lo scorso anno (due ministri fa), avviando una sperimentazione di piena autonomia graduale e volontaria che nel giro di una dozzina d’anni trasformerà completamente l’organizzazione del nostro sistema scolastico statale e paritario, allineandolo ai livelli dei Paesi più avanzati che possono vantare ottimi risultati nei livelli di apprendimento dei propri studenti. Sottolineo “a costo zero” e con graduale riduzione di costi, re-investibili sempre nella scuola, se si passasse in breve tempo dall’utilizzo del costo storico a quello del costo standard, da mettere allo studio.
Le difficoltà possono creare depressione o essere colte come occasione per un rinnovamento. Mi auguro che i politici abbiano lungimiranza e facciano la seconda scelta.