Da diverso tempo ormai nelle classi in cui insegno italiano leggo testi di narrativa per intero. Nella sezione a cui sono assegnata, da almeno quattro anni, non utilizzo e non richiedo l’acquisto del libro di antologia.
Lo scorso anno, però, oltre alla classe inserita nel corso in cui non è previsto l’uso del testo di antologia, sono entrata in una prima appartenente alle sezioni in cui tale strumento raccoglie ancora ampio consenso tra i colleghi.
Nella prima, diciamo così, tradizionale mi sono concentrata molto più a lungo sulla fiaba, utilizzando, in parte, quanto reperito nel libro di antologia, ma soprattutto scegliendo personalmente le fiabe su cui lavorare, anche attingendo ad alcuni dei suggerimenti ricevuti durante il corso della Bottega del Libro fondativo.
La lettura e il lavoro sul testo in generale ci ha tenuti occupati per almeno due ore alla settimana a partire dalla metà inoltrata del primo quadrimestre fino alla metà del secondo quadrimestre.
Prima di iniziare la lettura vera e propria, abbiamo guardato il film della Walt Disney La bella addormentata nel bosco per introdurre la tipologia testuale. Questo ci ha permesso di rilevare fin da subito alcune caratteristiche precise del genere e ci ha preparati a ricercare quelle medesime caratteristiche nelle fiabe con cui ci siamo confrontati in seguito.
La lettura è stata accompagnata da un lavoro di comprensione e analisi scritta e/o orale sul testo.
In seguito abbiamo visionato insieme il film Maleficent di Robert Stromberg, che, tra l’altro, ci ha consentito di riflettere sui diversi punti di vista e sulla complessità dei comportamenti degli esseri umani, sulla profondità della realtà e sulle sue multiformi manifestazioni. A questo punto ha preso il via l’esercizio di scrittura vero e proprio. Dapprima, la classe è stata suddivisa in gruppi e all’interno di ogni gruppo sono stati assegnati degli incarichi sulla base delle competenze che ciascun alunno ha riconosciuto di possedere (nel disegno, nell’impaginazione/presentazione, nella stesura, nell’esposizione, nell’ideazione…), permettendo loro di mettersi in gioco in maniera personale.
Questa attività, svolta in classe, ha richiesto circa quattro ore di lezione. Il lavoro si è concluso con la presentazione della fiaba prodotta dai singoli gruppi ai compagni.
In seguito è stato proposto a ciascun alunno di produrre un testo a casa a partire da percorsi già tracciati e con indicazioni precise da seguire (es. ambientazione: castello fatato, villaggio isolato, cima di una montagna…; protagonista: ragazzo triste, principessa canterina…; complicazione: da inventare; aiutante e mezzo magico; prova/prove da superare e conclusione). I ragazzi hanno lavorato incontrando inizialmente alcune difficoltà a causa di una scarsa abitudine alla produzione di testi scritti. Successivamente sono stati sollecitati a stendere testi similari in classe e, grazie al continuo esercizio, sono stati in grado di produrre elaborati via via più precisi e corretti sia dal punto di vista della struttura che della forma.
Ad un certo punto dell’anno è accaduto un fatto per me sorprendente e che parla più di qualsiasi analisi/trattazione delle attività svolte o delle risorse messe in campo: la classe ha espresso il proprio desiderio di poter leggere insieme un libro. Pensando che fosse un’esigenza propria solo di alcuni di loro – quelli che, di norma, classifichiamo come “gli amanti della lettura” – ho interpellato singolarmente ognuno di loro e, con grande stupore, ho appreso che anche coloro che non avevano già dimestichezza con le ore di lettura nei pomeriggi di riposo, sentivano il bisogno di fare tale esperienza con i compagni e l’insegnante.
Ritengo che questa novità a suo modo spiazzante sia legata a quanto i ragazzi ed io abbiamo vissuto leggendo e dialogando insieme sulle tematiche proposte dalle fiabe.
Il clima che si è generato è stato di totale apertura e libertà, al punto tale che mi è parso evidente che l’apprendimento non era più percepito come qualcosa da subire e/o accettare durante il percorso, ma qualcosa che veniva da sé, man mano che l’esperienza procedeva.
Aggiungo che, sempre in questa classe, per un’ora a settimana, abbiamo letto interamente l’Odissea raccontata da Nicola Cinquetti lasciando spazio a domande nate dall’impatto con le vicende descritte (un tema che colpisce molto i ragazzi è il rapporto tra le relazioni intessute da Odisseo con altre figure femminili mentre Penelope lo attende e il permanere del desiderio di tornare a casa), riflessioni sulla vita, sulla morte, sull’amicizia.
I ragazzi hanno aspettato l’ora di lettura con trepidazione e la fedeltà all’appuntamento è stata quasi “imposta” dalla loro curiosità e partecipazione alle imprese dell’eroe omerico.
Nell’altra prima, non avendo, come ricordato precedentemente, libri di testo canonici in adozione, il percorso didattico si è sviluppato in prima istanza sulla lettura del libro di Clive Staples Lewis, Le cronache di Narnia. Il leone, la strega, l’armadio per circa tre ore alla settimana, e in seconda battuta sull’analisi di alcune fiabe e la loro comparazione con il libro letto nei primi mesi dell’anno scolastico. Rilevati i tratti distintivi del genere fiaba, si è proceduto proponendo un percorso di scrittura analogo a quello seguito con i ragazzi della prima a cui ci si riferiva sopra.
Nella seconda parte dell’anno scolastico abbiamo letto anche Le avventure di Pinocchio, che per noi rappresenta la base dell’intero percorso, e, ancora una volta, forse più di ogni altra, questo libro ha mostrato la sua vera natura.
Man mano che procedevano i mesi sono emerse lentamente, ma non in maniera meno imponente, delle dinamiche relazionali di classe molto particolari e difficili. Da tempo tutti noi colleghi ci eravamo resi conto, e ne avevamo avuto notizia e conferma da diverse parti, che la classe era spaccata e che c’era un gruppo sparuto al suo interno in grado di suscitare malcontento, ferire i compagni più deboli e indifesi, isolare coloro che non si piegavano alle loro pretese. Personalmente ho continuato ad osservare, pur sapendo tutto, a volte anche conoscendo dettagli molto significativi delle relazioni tra i ragazzi, e tacendo. Mi sono affidata, per scelta, alla lettura in classe, al continuo confronto tra le vicende narrate da Collodi e la vita, quella spicciola e quotidiana che fa fremere, tribolare, sbagliare, esaltare e gioire grandi e piccini. Ho osservato, posto e raccolto domande e atteso per mesi, fin quando, un giorno, è accaduto qualcosa che non penso di poter più cancellare dalla memoria.
Presa da parte dal gruppo dei “più forti” e invitata a difenderli dalle presunte angherie perpetrate nei loro riguardi dal resto dei compagni (quelli che avevano subito oltraggi e dileggio per una buona parte dell’anno), ho riproposto, facendo riferimenti e sollecitandoli in tal senso, quanto emerso dalle nostre letture e dagli scambi di opinioni e insieme abbiamo iniziato a confrontare la realtà e i fatti da loro riportati con i personaggi, le vicende, la situazione in cui si trovano immersi e, passo dopo passo, qualcuno ha cominciato a descrivere il proprio disagio, qualcun altro ha avuto il coraggio di “alzare la voce” in difesa degli indifesi.
Man mano che il dialogo si è acceso, il cerchio si è stretto, e quando ormai i ragazzi erano sul punto di fare i nomi di chi aveva creato malcontento, ho bloccato l’ingranaggio della “vendetta” che stava per partire e siamo tornati con la mente a Edmund che si comporta male con Lucy, a tutte le volte che Geppetto e la Fatina perdonano Pinocchio… e coloro che fino a quel momento si erano sentiti in dovere di aggredire i deboli rei di essere fragili, hanno confessato e si sono messi a piangere, liberandosi del peso che avevano, e i compagni – vessati fino a pochi istanti prima – non hanno esitato ad accogliere, abbracciare e asciugare le lacrime di chi chiedeva scusa e, soprattutto, a scoprire la forza disarmante e disarmata del perdono.
Questo può sembrare un racconto con il lieto fine, come ce ne sono tanti, ma non è un racconto. È un fatto, è quanto ho vissuto con i miei ragazzi e grazie a loro. E non esito ad affermare che ciò è stato possibile perché, leggendo i libri in classe, si costruisce un rapporto, si sperimenta una libertà e una capacità di scrutare e conoscere sé senza eguali e ciò si raggiunge non per tramite di progetti (che pur sono necessari) o mettendo in atto delle strategie, ma attraverso l’osservazione nuda e cruda della realtà e seguendo ciò che si agita negli animi e negli occhi di questi tanti piccoli-grandi “io” con cui siamo chiamati giorno per giorno ad entrare in relazione.
Tutto questo insegna a me, ancora una volta, che leggere insieme è crescere insieme, imparare a guardarsi e a guardare.
E ogni anno scolastico c’è l’attesa di scoprire nuove letture e nuove avventure.
Per info: librofondativo.com
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