In atteggiamento di minacciosa protesta davanti al Commissariato di polizia o distratti nell’ineffabile speranza che le parole dei loro insegnanti li strappino dalla fatale seduzione degli smartphone in classe, a essere in crisi è quella relazione cruciale del vivere che ha come protagonisti adulti e giovani e li loro comune destino. Il binario su cui si svolge tale rapporto, però, quello dei diritti, è un binario morto.



Lo mostra bene La sala professori, il film del regista berlinese Ilker Çatak, già candidato agli Oscar come miglior film straniero. In effetti, sarebbe sbagliato circoscrivere alla scuola la dinamica che qui si descrive. E tutto accade con le migliori intenzioni. Vale la pena di ripercorrere la trama. Carla Novak (Leonie Benesch), è un’insegnante di matematica, progressista, rispettosa di regole e diritti e, soprattutto, appassionata al proprio lavoro. Nel tentativo di risolvere un caso di furti che si ripetono nella scuola, proprio per salvaguardare gli alunni dal sospetto degli insegnanti, con l’ausilio della telecamera del pc viola la privacy di colleghi e personale scolastico.



Il primo piano del regista sul cortocircuito tra diritto alla privacy e diritto alla giustizia che si registra in sala professori (ma potrebbe essere quello tra il diritto di manifestare e quello alla sicurezza), però, offre solo l’occasione per mostrare gli adulti allo sbando proprio nel rapporto con coloro dei quali dovrebbero prendersi cura. In effetti è esattamente il rapporto educativo a essere venuto meno. Un tempo basato su una relazione di fiducia in cui l’adulto comunicava al bambino un significato di sé e della realtà nel contesto di una tradizione che costituiva il retroterra comune e comunemente accettato dalla società nel suo insieme, tale dimensione è stata trasposta sui binari egalitari e democratici dei diritti.



Si tratta, però, di un terreno infido e scivoloso, dominato dal sospetto, in cui a rischiare di finire a gambe all’aria è comunque l’adulto. Nel film ad esempio, al di fuori dalla lezione, i dialoghi con gli alunni devono svolgersi sempre alla presenza di un testimone. La preoccupazione dominante, però, finisce inevitabilmente per essere di tipo legalistico e formale, un inconveniente da cui si vorrebbe stare alla larga. Tornando alla trama, poiché la ricerca del ladro porta sulla pista infondata di un bambino turco, la vicenda perde i toni della correzione comportamentale (dei bambini) per assumere, immediatamente, quelli della discriminazione (da parte degli adulti).

Poco importa se gli insegnanti in causa sono essi stessi di origine straniera. Carla Novak nasconde infatti con zelo le proprie origini polacche, mentre l’attore che interpreta il professor Liebenwerda, Michael Klammer, ha origini nigeriane. Nella scuola del terzo millennio, luogo in cui si imposta il rapporto educativo tra le generazioni, tradizione e passato, persino come esperienza personale a cui ricorrere per affrontare i conflitti, sembrano banditi. Basta la legge! In realtà, in assenza di fiducia e autorevolezza, la superficiale empatia tra le parti si trasforma facilmente in rabbia e risentimento. Quando si scopre che ad essere fortemente indiziata dei furti è una segretaria della scuola, madre di uno degli alunni della professoressa Novak, l’incapacità del mondo degli adulti di uno sguardo che abbia a cuore il bene e la crescita dei ragazzi deborda. Solo Carla, benché minacciata da Oscar, l’alunno intellettivamente più dotato, figlio della donna in questione, riesce a non farsi determinare dalle proprie reazioni emotive.

La scena finale è bellissima, passando dal realismo alla caricatura. Dopo essersi rifiutato di allontanarsi dalla scuola che lo ha espulso a seguito di un episodio di violenza nei confronti della professoressa Novak, Oscar viene infine prelevato dalla polizia e portato via a spalla fuori dall’edificio, seduto sulla sua sedia. Come su di un trono, come una divinità intoccabile sul fercolo. Trionfatore solo e triste su di un mondo alla mercé della sua intelligente tirannia. Binario morto. Incontriamoci su un altro binario.

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