Riprendiamo le nostre riflessioni dal principio di reciprocità, concetto basilare dell’economia civile, per sua peculiarità non escludente perché mosso da una previsione di aspettativa, ma anche tipologia di approccio chiave per l’inclusione educativa e sociale. Andiamo direttamente oltre la considerazione del significante “reciprocità”, e guardiamo piuttosto alla valenza certamente prospettica ma anche strettamente attuale ed urgente che questa modalità gestionale dell’intero sistema civile potrebbe implicare in termini di effettivi passi in una direzione evolutiva.



Il 25 settembre 2015 le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile e i relativi 17 obiettivi da raggiungere entro il 2030. Si è trattato di una determinazione di evidente significato per la cui attuazione occorre un pieno coinvolgimento di tutte le componenti della società, dalle imprese e associazioni al settore pubblico, dalle università e centri di ricerca alle scuole. In particolare, soggetti imprescindibili sono le associazioni del terzo settore, che potremmo in verità pensare di indicare come terza dimensione proprio in virtù dell’ampia e diversificata gamma di profili possibili.



Tra processi educativi da un lato e condizioni afferenti all’economia civile dall’altro si definisce la strada perseguibile di una nuova cittadinanza economico-civile e interattiva perché reattiva rispetto a partecipazione e relativo senso di appartenenza e di identità non solo territoriale. E vediamo perché economico-civile e interattiva.

La reciprocità nell’ambito educativo e formativo esige che le ragazze e i ragazzi abbiano un ruolo attivo nell’iter di costruzione del sapere: una reciprocità più facile grazie alle ormai diffuse, ma non ancora troppo, metodologie didattiche innovative quali a titolo esemplificativo il cooperative learning o il service learning.



Nel sistema economico civile, in senso stretto ma organico, dobbiamo evidentemente inglobare anche la dimensione educativa e formativa che si pone come una parte di quel reticolo che non è più solo una metaforica chiave di lettura. Il  modello sistemico proposto dalla filosofia, dalla psicologia, dalla sociologia o dall’informatica e dalla stessa economia civile si dipana sotto i nostri occhi sovente distratti e impone paradigmi oramai diversi. E per parallelismo paradossalmente convergente, il principio di reciprocità dell’economia civile, strutturato sulla socialità umana sospinta dall’intelletto emotivo, ci sostiene nella risoluzione di criticità troppo radicate per farci restare ancora inerti. Il cardine di quella ideologia che si formò proprio a Napoli grazie alle intuizioni del grande Antonio Genovesi, intuizioni espresse nella sua opera Lezioni di economia civile poi ulteriormente sviluppate nell’ambito della scuola di pensiero napoletano della seconda metà del 700, si fonda sulla convinzione che una società valida sia espressione tanto di un mercato che funzioni quanto di processi che attivino la solidarietà non assistenzialistica da parte di tutti i soggetti. In tal senso, l’attenzione alla persona non è elusa e neppure delegata alla sfera privata o a varie forme di pubblica filantropia.

Con le variabili che questa dimensione ci suggerisce bisogna gettare le basi di un umanesimo della logica non più tanto o solo capitalistica, ma civile, perché finalizzata alla promozione e alla tutela del bene comune. La rinnovata humanitas (di cui stiamo ampiamente trattando in un’esperienza largamente condivisa nell’innovazione formativa della scuola campana) dovrebbe quanto prima permeare di sé l’abito mentale di tutti i soggetti coinvolti nel circuito Stato-mercato-terza dimensione sociale per la piena attuazione dello stesso principio di reciprocità finalizzato alla piena attuazione della facoltà di influenzare il contesto sociale e quindi di mettere in atto il diritto alla vera cittadinanza anche economico-civile e interattiva.

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