Fa perfin tenerezza, a suo modo, il “Documento di indirizzo e di orientamento per la ripresa delle attività in presenza dei servizi educativi e delle scuole dell’infanzia”.

Fa tenerezza perché è uno straordinario impasto di ovvietà, buone intenzioni e dichiarazioni di impotenza. E non è una critica rivolta a chi ha emanato il documento; è che è espressione di una situazione in cui non si può fare altrimenti.



Ma sulla situazione tornerò più avanti. Prima, una paio di documentazioni di quel che vado affermando. Per esempio, punto 1, “Corresponsabilità educativa”, ultimo capoverso. Primo, l’ovvietà: “Resta inteso che il bambino, in caso di sintomatologia sospetta di Covid-19 sia del minore stesso che di un componente del nucleo familiare o convivente, non dovrà accedere al servizio educativo o alla scuola dell’infanzia”. Ma va? C’era bisogno di ripeterlo, che con il Covid addosso o anche solo sospetto non si va da nessuna parte?



Subito dopo, la buona intenzione: “A tale fine, va promosso l’auto–monitoraggio delle condizioni di salute proprie e del proprio nucleo familiare, dei genitori e degli accompagnatori”. Bellissimo: “va promosso”. Come? Da parte di chi? Con quali mezzi? Non è proprio questo che una norma dovrebbe stabilire?

Infine, l’impotenza: “Gli stessi dovranno essere informati circa i comportamenti da adottare in caso di comparsa di sintomi sospetti di Covid-19 e invitati a metterli in pratica scrupolosamente”. Altrettanto meraviglioso: “dovranno essere invitati”. Se uno è malato di Covid siamo di fronte a un’emergenza grave, in cui occorre mettere in atto misure rigorose ed eventualmente coercitive; che cosa può fare la povera educatrice dei servizi educativi o della scuola dell’infanzia? “Invitare” garbatamente genitori e accompagnatori a comportarsi come si deve.



Gli esempi si potrebbero moltiplicare, già che i “potranno”, gli “è consigliabile”, i “sarebbe opportuno” la fanno da padrone. Ma lasciamo al lettore il piacere della ricerca e veniamo al sodo. Perché il ministero dell’Istruzione emana un documento di questo tenore? E, si badi, scelgo consapevolmente il termine “ministero” e non ministro: non è questione di un ministro giallo o rosso o verde, è un problema strutturale. Perché dunque un documento così? Perché è il risultato della melma in cui è impantanata la scuola italiana, impastoiata fra uno statalismo impotente e un’autonomia di facciata.

Uno statalismo impotente. Perché il sistema scolastico italiano è ancora statalista, strutturalmente dipende ancora dal ministero, in questi mesi tutti hanno invocato “direttive chiare” da viale Trastevere. Ma è uno statalismo impotente, perché l’autorevolezza per cui un ministro emanava una circolare e questa dava forma alla vita di ogni istituto da Lampedusa al Brennero è morta da un pezzo, sepolta dalle competenze prima degli organi collegiali (anni Settanta) e poi dell’autonomia scolastica (1998).

Allora, siamo nella scuola dell’autonomia? Neanche per sogno. Perché i presidi trasformati con un colpo di bacchetta magica in dirigenti, dei dirigenti hanno assunto tutte le responsabilità e nessun potere. Per non andare lontano. Se una scuola non garantisce la didattica a distanza, di chi è la responsabilità? Del preside. Ma se un insegnante non è disponibile a fare la didattica a distanza, che cosa può fare un preside? Niente. Certo, può esortarlo, spiegargli, motivarlo, magari usare quei pochi mezzucci a sua disposizione come fargli un orario un po’ più antipatico; ma se quello si ostina, il povero preside non può che abbozzare: risponde di una macchina di cui non può governare il funzionamento. E se si azzarda a insistere un po’, trova subito il sindacato che lo denuncia per comportamento antisindacale e il giudice che dà ragione al povero insegnante angariato. Per non parlare dei genitori in agguato per denunciarlo per le ingiustizie subite dal pupo.

Torniamo adesso al punto di partenza. Si capisce perché il ministero non può fare che un documento così? Perché tocca a lui dare le linee, perché è quel che tutti si aspettano; ma non può fare niente davvero, e si limita a buone parole. E le scuole a loro volta si arrabatteranno come potranno.

Per questo il Covid è stata l’ennesima occasione perduta. Perché ha reso assolutamente evidente che l’unica strada per l’efficacia della scuola è l’autonomia, la possibilità riconosciuta alle scuole di scegliere metodi, contenuti, obiettivi, personale coerente con questi obiettivi, fondi per perseguirli. Ma ci sono troppi interessi che prosperano nella palude del centralismo. Speriamo che la prossima emergenza capiti con un governo più lungimirante.

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