L’insegnante di storia aveva parlato del 25 aprile e dell’importanza di quella ricorrenza, ma Mohamed non aveva capito molto. Anzi, aveva la netta sensazione che più pensava a quei concetti, più si guardava intorno, e meno capiva. Tutto gli si annebbiava nella mente. “È il ricordo di chi ha lottato contro il nazifascismo – aveva detto il professore – uomini e donne, molti giovani, che con il loro sacrificio hanno costruito un’Italia nuova.”
Mohamed, che era un ragazzo molto libero, aveva chiesto al professore il perché di tanta enfasi. Lui non aveva motivo per prendervi parte.
“Sei italiano?” gli aveva chiesto il prof.
“Certo, lo sa bene che ho la cittadinanza italiana e che qui sto bene” aveva ribattuto Mohamed.
“Allora questa è una ricorrenza che ti riguarda. Tu non avresti le libertà che hai senza quei giovani partigiani che sono morti perché finisse il fascismo e iniziasse una società veramente libera e democratica.”
Mohamed non era riuscito a spiegarsi, lui voleva capire cosa significasse oggi quella lotta, ma l’insegnante riproponeva il fatto storico, la lotta per la Liberazione, di cui anche Mohamed, ormai, conosceva i fatti salienti. Mohamed non aveva insistito, aveva chiuso con un banale “va bene” che non significava nulla, come il “va bene” dei suoi compagni che erano contenti che ci fosse un giorno di vacanza in più.
Mohamed continuava a pensare a questa ricorrenza del 25 aprile e non capiva dove fossero i nazifascisti da combattere. E poi c’era poi il razzismo, tutti da giorni martellavano anche su questo, ma a ben vedere strideva col resto. Nel pomeriggio Mohamed si era trovato con alcuni suoi amici egiziani e tutti gli avevano detto di non fissarsi su quella questione. Amir aveva ragione, dopo tutto non era che ai ragazzi italiani di nascita quella ricorrenza interessasse più di tanto. E ancora una volta Mohamed aveva ripetuto quel “va bene” che però non significava nulla per lui.
Il giorno dopo, durante l’intervallo, Mohamed era andato a cercare un insegnante di storia che lo aveva aiutato a capire l’illuminismo. Lo aveva trovato nel corridoio al piano superiore mentre stava parlando con alcuni studenti probabilmente della sua classe. Vedendolo, l’insegnante con un gran sorriso lo aveva chiamato per nome e gli aveva presentato uno ad uno i ragazzi con cui stava parlando.
“Come mai qui?” gli aveva poi chiesto, sorpreso di vedere uno del piano di sotto.
“Non volevo disturbarla.”
“Tranquillo, stavamo parlando di calcio, vero ragazzi?” e tutti avevano annuito, mentre lui aveva aggiunto “dimmi, che non abbiamo molto tempo.”
“Il 25 aprile, io vorrei capire in fondo che senso ha. Più tutti ne parlano e meno ne capisco.”
“Bella domanda. Se tu pensi alla tua vita, lo capisci bene.”
“Non mi ributti addosso la questione, per favore, io voglio chiarezza.”
“Io posso spiegarti quel che è successo.”
“No, no, di spiegazioni me ne hanno date molte, quello che non capisco è perché dovrei festeggiare anch’io, Amir e gli altri.”
“Vuoi dire che non ti bastano le tante spiegazioni che vanno per la maggiore, che bisogna impedire che rinasca il fascismo, che bisogna fermare il razzismo, chi si oppone ai diritti e via dicendo… bene, mi pare una bella domanda.”
“Va bene, ma poi?”
“Quei giovani, nel 1943-’45, avevano poco più della tua età, scelsero di combattere per un ideale di libertà, per ciò che sentivano vero e giusto, e misero a rischio la loro vita per liberare il Paese da un regime durato più di vent’anni. Per te oggi questo cosa significa? Se tu fossi nella loro situazione, oggi, che cosa sceglieresti?”
Mohamed cominciava a capire. Dunque era quello il busillis, la sostanza della questione. Scoprì in un attimo che quelle domande lo riguardavano direttamente.
“Ma certo”, disse il professore. Comunque è bello che tu ti ponga la domanda, così solleciti anche me.”
“Basta la domanda, allora?”
“No la domanda ti apre la strada verso nuovi orizzonti. Ti fa capire che oggi la questione non è dove siano i fascisti, ma…”
“Ha ragione” lo aveva interrotto Mohamed. “Quelle domande sono anche le mie, potrei farmele io adesso”.
“Ora non fermarti ai luoghi comuni, cerca di interrogarli in prima persona, di metterli davanti alle tue domande. Solo così puoi capire se il 25 aprile abbia ancora qualcosa da dirti o no. E tirane le conseguenze.”
Mentre suonava la campanella di fine intervallo, il professore, prima di rientrare in classe, aveva ringraziato Mohamed.
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