Caro direttore,
le violenze di gruppo di questa estate commesse da adolescenti hanno acceso discussioni su tutti i media e social nazionali. Le soluzioni che però vengono proposte nella scuola sono spesso irrealizzabili o inutili se non addirittura dannose.

Chi conosce il web sa benissimo che vietare siti pornografici è praticamente impossibile, bastano semplici app VPN gratuite per aggirare il divieto imposto dalle legislazioni nazionali, come è praticamente impossibile certificare l’età delle persone che navigano nella rete; rimarrebbe poi il problema delle numerose app o siti web social e di messaggistica come Telegram, in cui è possibile trovare qualsiasi tipo di materiale.



In una prima media (11 anni) alcuni anni fa, nel dialogo con i miei alunni, loro stessi mi fecero un lungo elenco di questi tipi di app, raccontandomi di ogni tipo di schifezza in cui si erano imbattuti; e l’elenco in pochi anni è purtroppo aumentato.

Consideriamo poi che troppo spesso gli “esperti informatici” nelle famiglie sono proprio i nativi digitali che meglio dei loro genitori conoscono il web e le app “trasgressive”; ho incontrato spesso genitori su queste tematiche e in percentuali altissime sono totalmente ignoranti sui rischi del web per i loro figli. L’esperienza mi dice che pochissime famiglie impostano un parental control o tentano di limitare la navigazione dei figli con filtri o app di controllo (che comunque hanno grossi limiti e sono costose) anche nell’età di elementari e medie. Mentre si sta abbassando sempre di più l’età in cui si concede l’uso degli smartphone e dei social.



Oltre a queste soluzioni inattuabili, su cui però certamente dovrebbe esserci più formazione e aiuto nei confronti dei genitori, si parla di rendere obbligatoria un’educazione sessuale a scuola per gli adolescenti, sperando in qualche modo di frenare questa ondata di violenza.

L’idea di svolgere 4-5 ore di educazione sessuale pensando di cambiare nei ragazzi tutto quello che hanno imparato sul sesso da film, pubblicità, canzoni e spettacoli ipersessualizzati che in qualche modo hanno condizionato il loro modi di pensare al sesso, in una mentalità dominante che ha reso permissivo qualsiasi tipo di atto sessuale già in età preadolescenziale, è pura follia.



Tra l’altro i progetti di educazione sessuale già vengono svolti nelle scuole da tanti soggetti pubblici e privati con pochissimi controlli nel merito di ciò che viene proposto. Ricordo in una terza media (13-14 anni) di aver votato contro in consiglio ad un progetto che prevedeva un esperto esterno in classe, in cui uno dei principali argomenti era come i vari metodi contraccettivi influissero sul piacere personale nell’atto sessuale, come se appunto il problema fosse la semplice soddisfazione del proprio piacere in “sicurezza”, cioè senza rischiare il concepimento o di prendere malattie infettive.

L’altro viene sempre messo in secondo piano, prima di tutto viene il proprio istinto/piacere, che appunto essendo istinto sembra essere ineducabile, incontrollabile.

Alcuni anni fa in una quarta superiore ho mostrato un breve video in cui si raccontava la storia di un uomo e una donna che dopo aver vissuto una vita sessuale abbastanza libera e dopo aver incontrato la fede, avevano deciso di vivere la castità fino al matrimonio. Alcune mie alunne che vivevano una situazione di grande confusione su questi argomenti mi dissero che era impossibile che si trattasse di una storia vera, perché nessuno viveva più la sessualità in questo modo, nel rispetto del proprio corpo e nel rispetto dell’altro: già a 16-17 anni si sentivano “usate” dei maschi e a loro volta si erano rassegnate ad essere considerate “oggetti per il piacere”.

Dopo il percorso di alcune lezioni in cui abbiamo cercato di capire che cosa stessero cercando attraverso il sesso vissuto in modo caotico, abbiamo scoperto che il loro desiderio era di amare ed essere amate senza ricatti o imposizioni, senza dover sottostare al desiderio dell’altro; poi hanno voluto incontrare tutta la mia famiglia, percependo, da quello che raccontavo della mia esperienza, che proprio lì c’era un modo di vivere l’amore e la sessualità diverso, più vero, più umano, pieno di libertà e rispetto dell’altro.

La prima educazione che possiamo dare ai nostri giovani è innanzitutto su come noi adulti oggi, in questo istante, stiamo vivendo questi aspetti della nostra vita, chiedendoci se al centro del nostro sguardo c’è un desiderio di possesso o il rispetto e l’amore. I nostri giovani stanno imparando da noi questo sguardo, qualsiasi esso sia, nel bene e nel male.

Don Luigi Giussani, davanti ad una tragedia che scosse l’opinione pubblica disse “Se ci fosse una educazione del popolo, tutti starebbero meglio”. In gioco ci siamo noi adulti, a cominciare dallo sguardo di amore e rispetto che abbiamo perduto, ma che i nostri giovani desiderano più di ogni altra cosa. O capiamo questo o le tragedie di questi giorni sono destinate a crescere, nonostante i tentativi pur lodevoli che in tanti stanno cercando di attuare.

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