Mentre la politica è occupata ad eleggere il nuovo Capo dello Stato e a garantire l’unità delle forze di maggioranza, il Paese si confronta con emergenze vecchie e nuove che, anche nell’ebrezza delle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ci tengono con i piedi per terra e non ci permettono di essere ottimisti e speranzosi per il loro rapido superamento.



La sicurezza del lavoro e sul lavoro è un’emergenza sempre attuale, perché nonostante le norme e le procedure condivise, la cultura della sicurezza fatica a radicarsi in molti settori produttivi, e senza di essa nessun dispositivo di protezione può essere efficace.

La prevenzione è fondamentale ed è lì che dobbiamo agire attraverso la formazione e l’assunzione di responsabilità, ciascuno per la propria sfera di competenza, da parte di tutti gli attori coinvolti nel sistema della salute e sicurezza sul lavoro.



Non si può morire sul lavoro a nessuna età, ma la morte di Lorenzo a 18 anni è ancora più odiosa ed inaccettabile perché, attraverso il sistema duale lui doveva apprendere sul lavoro, mentre concludeva il percorso di studio. Non era un lavoratore, non che sia meno grave morire da lavoratore, ma bensì uno studente che ha scelto insieme alla famiglia di frequentare l’istruzione e formazione professionale in modalità duale, quindi con un monte ore di alternanza rafforzata. Ecco perché la sua morte è ancora più dolorosa. Non stiamo però parlando della vecchia alternanza ribattezzata Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (Pcto), come sta erroneamente emergendo nei commenti frettolosi e poco approfonditi di questi giorni. Ecco perché è necessario fare chiarezza e far conoscere il modello duale per non dargli colpe che non ha.



Le norme disciplinano in maniera dettagliata questi percorsi prevedendo una collaborazione stretta tra ente di formazione e soggetto che accoglie gli studenti sia nella predisposizione del piano formativo che della convenzione.

Non dobbiamo cadere nell’errore di demonizzare il modello duale sia esso alternanza o apprendistato, né gli altri strumenti di apprendimento sul lavoro come stage e tirocini. Dobbiamo però monitorare e valutare la loro attuazione per correggerne le anomalie e le criticità che nel tempo possano verificarsi. La normativa, sia a livello nazionale che regionale, è complessa e in alcuni aspetti va rivista, prendendo spunto dalle indicazioni europee per garantire a queste esperienze qualità, riconoscimento delle competenze, formazione adeguata su salute e sicurezza, valorizzazione dell’esperienza in termini di inquadramento contrattuale quando si diventa lavoratori a tutti gli effetti; ma sempre avendo chiara la distinzione fra i vari strumenti che sono diversi tra loro. Sono anni che tutti gli attori coinvolti a partire dai ministeri competenti, Istruzione, Lavoro, le Regioni, le parti sociali, le rappresentanze degli enti di formazione, lavorano per rendere stabile e strutturale il sistema duale nel nostro Paese, che lamenta, rispetto ai partner europei, un ritardo inaccettabile nel riconoscere all’istruzione ed alla formazione professionale quella dignità e rilevanza che merita, quale percorso utile per offrire ai nostri giovani ed alle nostre giovani una migliore occupabilità.

A partire da noi parti sociali, non possiamo pensare di abbattere il numero dei Neet, quasi 2 milioni di persone dai 15 ai 29 anni che non studiano, non lavorano, non si formano, e contemporaneamente diminuire il tasso di disoccupazione giovanile, senza investire nell’apprendimento duale. Chi parla di sfruttamento, utilizzo dei giovani come manodopera a basso costo non sa cos’è il duale, parla a sproposito e getta discredito su strumenti che vanno sostenuti, fatti conoscere e apprezzare proprio dalle famiglie e dagli studenti e studentesse, ma anche dall’opinione pubblica. Gli abusi, l’aggiramento di oneri, doveri, obblighi contrattuali o di legge vanno sanzionati duramente senza sconti, ma non possiamo equiparare l’apprendimento sul lavoro allo sfruttamento, è ingiusto e soprattutto dannoso per le generazioni future che dovranno affacciarsi al lavoro e che meritano un’occupazione di qualità, retribuzioni adeguate, una valorizzazione dello studio e del lavoro che in molti settori in Italia è ancora un miraggio. Le riforme che accompagneranno l’attuazione delle misure del Pnrr su istruzione e formazione professionale, sistema duale, percorsi annuali di istruzione e formazione tecnica superiore (Ifts), i percorsi biennali e triennali attivati dagli istituti tecnici superiori (Its), saranno centrali per disegnare da qui ai prossimi anni un sistema di istruzione professionalizzante secondario e terziario, sia accademico che non, efficiente, distribuito in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, che abbatta i divari territoriali, permetta una verticalizzazione dei titoli e un sistema di passerelle che consenta ai diversi percorsi di riconoscersi a vicenda facilitando i passaggi sia in orizzontale che in verticale.

Vogliamo partecipare al disegno di queste riforme che dovranno vedere la luce nel corso del 2022. Serve un coinvolgimento delle parti sociali, perché non possiamo perdere un’occasione storica per ricucire uno strappo che negli anni si è colpevolmente allargato tra paesi che investono sui giovani e il nostro Paese. “Non è un paese per giovani” è una definizione che non ci possiamo più permettere.

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