Fatima, al centro di aiuto allo studio, aveva chiesto a Luca di sospendere per un attimo la lezione di storia. Era molto stanca, voleva prendere una boccata d’aria prima di fare l’ultima e decisiva tirata chiudendo con le guerre di successione del Settecento. Mentre Fatima usciva dall’aula, Raquel, che aveva visto la porta che si apriva, si era affacciata e aveva chiesto a Luca se potesse entrare.



“Certo” aveva risposto l’insegnante di italiano.

“Un fallimento!” aveva detto Raquel “in psicologia stamattina a scuola ho preso 5” e lo diceva a bassa voce, vergognandosi un po’ di quell’insuccesso.

“Come mai?” aveva chiesto Luca “La sapevi, come mai? Ti ha chiesto qualcosa che non avevamo fatto insieme?”



“No, no! Ma ad un certo punto ho come visto tutto buio e non ho capito più nulla, ho fatto scena muta, e dire che nella prima parte avevo risposto a tutto!”

Nel frattempo Fatima era rientrata ed era riuscita ad ascoltare l’ultima parte del dialogo. “L’interrogazione è andata male?” aveva chiesto all’amica che aveva risposto con un laconico “Sì”.

“Stanno pretendendo troppo da noi!” aveva allora detto in modo deciso ed spiccio Fatima, ripetendo per ben tre volte troppo. “Lo sa quante interrogazioni e verifiche ho in questi quindici giorni? Ben dieci! Le sembra?” Fatima era stanca ma anche arrabbiata. Luca, tuttavia, non aveva reagito alle frecciate di Fatima ed era tornato a chiedere a Raquel come mai le fosse accaduto quel blackout che l’aveva presa durante l’interrogazione.



“Ero troppo tesa, questo è il problema. Fatima ha ragione, ma io ero troppo tesa, questo mi ha fregato. Devo trovare una maggior tranquillità ma non so come fare! C’è tanto da lavorare, è vero, ma io sento troppa pressione su di me, sembra che ogni interrogazione sia l’ultima chance, famiglia e scuola mi stanno addosso, devo riuscire, sempre e solo riuscire, questo è il mio problema.”

Luca aveva messo la giacca vento e aveva detto alle due ragazze “andiamo a fare merenda qui al bar vicino”.

“Ma come, abbiamo da studiare!” avevano protestato all’unisono le due ragazze.

“Andiamo, andiamo” aveva ribadito Luca e mentre usciva aveva invitato anche Mohamed e Giulio a fare merenda. Così si erano seduti al tavolino del bar e ognuno aveva preso o una bibita o una cioccolata. “Non si parla di scuola” aveva gridato Luca e tutti si erano preso quello spazio di libertà, in cui godersi una metà pomeriggio.

Era arrivata in bicicletta Giulia e aveva chiesto cosa facessero lì al bar; forse che vi fosse un carico minore di compiti, finalmente?

“Ci siamo presi una pausa perché qui si sta perdendo il valore delle cose” aveva risposto Luca.

“Ci voleva!” aveva aggiunto Raquel, e rivolgendosi a Luca: “è vero, io ero pronta ma ho troppa ansia! Ho bisogno di qualcuno che mi ricordi come oggi che non è il voto a determinarmi, ho bisogno di ritrovare un po’ di libertà”.

Finita la merenda i ragazzi e le ragazze erano tornati al Centro e avevano ripreso lo studio, con maggior energia di prima. Luca in cuor suo sperava che pian piano quell’ansia che portavano da lontano si attenuasse sempre di più, avrebbe poi verificato la cosa, una merenda non sarebbe bastato, ma intanto c’era bisogno che il suo sguardo cambiasse, il suo modo di vederli impegnati, il suo modo di chiamarli al loro lavoro.

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