“Questa guerra è assurda e disumana” aveva concluso l’insegnante di storia dopo una stentata discussione in classe. Nessuno dei ragazzi e delle ragazze aveva reagito, era chiaro a tutti che quanto aveva detto l’insegnante di storia era sacrosanto, quella che si stava combattendo in Ucraina era una guerra del tutto contraria alla ragione.



Ma come tutti erano d’accordo con le conclusioni dell’insegnante, così nessuno aveva trovato nel richiamo sentito una ragione sufficiente per muoversi. Anzi, quella discussione aveva ottenuto l’effetto contrario: una maggior distanza e un profondo senso di impotenza cui non si poteva sopperire con il richiamo doveristico ad interessarsi della guerra.



Lucio, dopo che l’insegnante aveva chiuso la discussione, aveva riordinato il suo banco e aveva preparato la sua borsa; pensieroso stava aspettando la fine dell’ora quando il suo compagno di banco Ahmed, sottovoce, aveva commentato: “Però Putin non ha tutti i torti!”.

“Ma cosa dici?”, aveva reagito Lucio, guardando in tono intimidatorio il compagno.

“Quello che penso” aveva ribadito Ahmed “gli ucraini è da anni che fanno violenza ai russi”.

“Ma ti rendi conto di quanto dici? Stai giustificando tanti e inutili morti. Non ti venga in mente di ridire certe cose”, lo aveva zittito Lucio e Ahmed si era ritirato in buon ordine.



Suonata la campanella, ognuno se ne era andato per la sua strada. Ahmed aveva rincorso Lucio e si era giustificato, dicendogli che i russi rimanevano invasori e non potevano essere in alcun modo assolti dal tribunale della storia, “però”, aveva aggiunto, “avevano subìto anche loro delle ingiustizie, soprattutto nel Donbass”. Lucio non aveva risposto se non con un secco e poco sentito “Va bene!”.

Nel pomeriggio Lucio era andato nel centro di aiuto allo studio, aveva bisogno di matematica. All’ingresso aveva visto Emanuele, un volontario, e lo aveva fermato, mettendosi a raccontare quello che era accaduto la mattina. Quando aveva finito il suo racconto, Emanuele gli aveva chiesto che cosa avesse imparato. “Niente!”, aveva risposto seccamente Lucio, “il prof ci ha chiamato ad un dovere, la conseguenza è di fatto che ognuno di noi ha le sue idee, ma nessun interesse per il popolo ucraino e per quello russo. Il dovere crea indifferenza! Io ho le mie idee, Ahmed le sue, ma che ora a Kiev vi sia chi soffra non ci interessa”.

“Quindi qualcosa hai imparato da questa disastrosa mattina?”, aveva insinuato Emanuele e prima di avere una risposta “che a te interessa il destino di Ahmed e non che abbia le tue idee”.

“Ma che c’entra?”, aveva ribattuto Lucio.

La guerra è che non ti interessa più il destino dell’altro! Ma lo hai capito tu con il tuo disagio per il richiamo doveristico del tuo prof. Tu non ti muovi per un dovere, ma per amore”

“E Ahmed?”.

“La stessa cosa, lui si muove per delle idee e se lo fai anche tu sarete l’uno contro l’altro”.

“Ora capisco. Oggi quando arriva Ahmed chiamami!”.

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