Dopo PISA 2022 l’Unione Europea sta iniziando una riflessione a tutto campo sui suoi esiti nelle diverse nazioni europee. Sotto la direzione della bulgara Ivana Ivanovna, commissaria per Innovazione, Ricerca, Cultura e Gioventù, è uscito The twin challenge of equity and excellence in basic skills in the EU, che si definisce come “un primo tentativo di valutare i risultati PISA 2022 in una prospettiva UE”. La parola chiave, perché nuova, in questo titolo è eccellenza.
Sempre l’Unione Europea, in un recente documento – Successful PISA stories in UE – si propone l’obiettivo di identificare le situazioni ed i Paesi che hanno migliorato le prestazioni degli allievi in PISA nel corso degli anni ed in particolare fra il 2006 ed il 2018. Si tratta significativamente soprattutto dei Paesi della zona ex-comunista, Polonia, Estonia, Lettonia, Bulgaria e Slovenia. L’impressione è che il miglioramento sia intervenuto in Paesi che si trovavano in una situazione scolastica al di sotto delle loro potenzialità, a causa del ristagno economico e sociale delle loro società, ancor più che a causa del disinteresse per la scuola che, al contrario, nella teoria socialista veniva vista come un forte strumento di emancipazione popolare. Caso diverso quello del miglioramento del Portogallo, che era partito nel dopo Salazar da un analfabetismo diffuso e la Svezia che, secondo il documento, avrebbe però registrato un miglioramento limitato al solo periodo 2012-18.
Gli altri Paesi, cioè quelli con i migliori risultati, appartenenti al nucleo storico europeo occidentale, sembrano ristagnare, se non addirittura, da almeno due edizioni, regredire, in particolare nella somministrazione 2022 post-Covid. Fra 4 anni sapremo se la tendenza si è invertita oppure no e perciò quanto in effetti ha pesato il Covid. Ma che ci siano anche altre ragioni di questa situazione vi è più di un dubbio, dubbio presente anche nel comunicato ufficiale PISA 2022. In effetti il documento UE rileva che da una parte non si è riusciti in questi Paesi a ridurre significativamente lo zoccolo duro dei non soddisfacentemente scolarizzati e dall’altra parte non si è allargato e consolidato il livello alto delle eccellenze.
“In generale il paragone con altri Paesi: USA, Giappone, Canada sembra parecchio sfavorevole per la UE che ha la percentuale più alta di risultati in Lettura e Scienze sotto gli standard di accettabilità e la seconda, dopo gli USA, in matematica. Una immagine allo specchio appare per la percentuale dei risultati più alti: la UE ha la percentuale più bassa in Lettura e Scienze e la seconda più bassa, sempre dietro agli USA, in matematica. Fra il 2012 ed il 2022 poi le tendenze UE sono state simili o leggermente più negative di quelle dei Paesi del G7 non europei. In altre parole, la UE non ha migliorato le sue performance relative paragonate con quelle delle altre grandi economie avanzate”.
Si diceva del riferimento all’eccellenza nel titolo del documento. Novità particolarmente interessante, perché fin qui l’attenzione era rivolta in modo quasi esclusivo all’inclusione ed all’equità, con analisi e conseguenti politiche rivolte quasi esclusivamente ai livelli bassi di scolarizzazione. Le eccellenze venivano viste quasi con sospetto, prevalendo in modo quasi esclusivo l’attenzione ai diritti dei meno favoriti e più deboli, tanto che, per legittimare in qualche modo interventi a favore dei livelli alti – interventi peraltro non ancora concretatisi – i cosiddetti “gifted” – cioè i plusdotati – erano stati inseriti nella categoria degli Special Needs, nata per ospitare gli studenti necessitanti di Bisogni speciali compensativi.
Ora invece sembra che la Unione Europea si stia rendendo conto che l’istruzione ha a che fare non solo con i diritti, ma anche con lo sviluppo e che, continuando a consumare il vantaggio accumulato negli ultimi secoli dall’Occidente, ed in particolare dall’Europa, si rischia grosso. “Gli skills di base rafforzano l’individuo e lo rendono in grado di partecipare alle società moderna, ma sono anche cruciali per sostenere una economia competitiva” dice sempre il documento UE.
C’è da dire però che, anche ad una anche attenta lettura delle misure previste, non è dato per ora riscontrare traccia di interventi espliciti a favore delle eccellenze. Né significative ipotesi esplicative del tutto, e lo si può comprendere, visto che si tratta del primo coraggioso approccio al tema. Ai privati commentatori può esser concessa un’ipotesi: la mollities della fine dell’Impero Romano?
Il riferimento alla competitività dell’economia UE prende risalto se si guarda ai Paesi che rivelano miglioramenti o stabilità nel livello di alfabetizzazione soprattutto in alto. Dal comunicato ufficiale PISA “in matematica, Singapore e altri cinque sistemi educativi dell’Asia orientale, Macao (Cina), Taipei cinese, Hong Kong (Cina), Giappone e Corea, hanno ottenuto risultati migliori rispetto a tutti gli altri. Questi stessi Paesi ed economie sono stati i secondi più performanti nella scienza, insieme all’Estonia e al Canada. In Lettura, l’Irlanda ha ottenuto buoni risultati così come Giappone, Corea, Taipei cinese e Estonia”. Si ricordi che l’oggetto specifico di PISA 2022 era la Matematica.
Può aiutarci a capire qualcosa di più il capitolo Le 4 tigri asiatiche in Education and challanges in the Pacific Rim della Oxford University Press, in cui come tali vengono identificate Hong Kong, Singapore, Corea e Taiwan più il delta del fiume delle perle in Cina e l’isola di Cebu nelle Filippine. Questi Paesi dell’Estremo Oriente riprenderebbero in un certo senso il ruolo ed il livello dei secoli precedenti al grande decollo scientifico-tecnico-industriale dell’Occidente del XIX secolo. Negli anni 90 il decollo asiatico si era già verificato: la crescita del PIL coreano, ad esempio, è stata macroscopica in 11 anni. Si è arrivati all’idea del miracolo e del “secolo asiatico” attraverso lo sviluppo tecnologico delle comunicazioni che ha esaltato questa realtà.
In questo quadro il testo citato sostiene che le funzioni dell’educazione possono essere riassunte come un processo di nation building, ottenuta attraverso la coesione sociale ed il riconoscimento del ruolo dello Stato. L’investimento in istruzione è stato peraltro in questi Paesi inferiore a quello dei Paesi OCSE anche per il grande ruolo ricoperto dal privato, all’inizio beneficenza e chiese. L’educazione vi avrebbe svolto un prioritario ruolo non causale, in quanto di supporto e facilitazione attraverso un sistema altamente competitivo e meritocratico. Al centro la primaria sia per l’alfabetizzazione che per la coesione sociale, con una grande importanza della partecipazione crescente delle donne alla istruzione ed alla produzione. In questo modo si sono sviluppati i consumi di base e si è realizzata una equa distribuzione del miglioramento. Passando ai livelli successivi di produzione, necessitanti una forza lavoro più qualificata, si è passati al secondario ed al terziario in ordine sequenziale, con anche grande sviluppo del pre-primario per facilitare il lavoro delle donne. La formazione secondaria, all’inizio molto elitaria, si è poi sviluppata per l’intervento dello Stato. Per la maggior parte si tratta di formazione generalista gestita in termini molto competitivi e meritocratici, per la quale le famiglie concorrono significativamente. La formazione tecnico-professionale è qui sempre stata minoritaria – come in Africa – e molto legata direttamente alle aziende, anche se molto sponsorizzata dai governi. In conclusione: alla base dello sviluppo scolastico ed economico non vi è stata la democrazia politica, ma una relativamente corretta redistribuzione del benessere sulla base delle opportunità scolastiche.
In questi Paesi dunque il tema delle eccellenze è trattato in modo esplicito come uno strumento di sviluppo, sono diffusi i salti di classe e sono nate scuole specializzate nei vari campi del sapere. L’ultimo documento OCSE, Policy approaches and initiatives for the inclusion of Gifted Students in OECD countries, cita il fatto che in Corea nella formazione degli insegnanti dalle 60 alle 120 ore sono dedicate al tema. Al convegno in Haifa di marzo 2023 dell’European Council for High Abilities una rappresentante del Kazakistan ha presentato il sistema nazionale di individuazione e trattamento della superdotazione.
In conclusione, questi Paesi pensano di aver bisogno delle loro eccellenze per il loro sviluppo. I Paesi occidentali, e l’Europa in particolare, hanno fin qui pensato di non averne bisogno. Siamo sicuri che sia la strada giusta?
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