Luigi stava lavorando con alcune ragazze su una novella del Boccaccio, quando d’improvviso nella stanza del centro di aiuto allo studio era entrata Marim, sventolando un foglio bianco e chiedendo chi sapesse la risposta alla domanda che c’era scritta ma che non si riusciva a leggere.
“Che domanda è?” aveva chiesto Nadia, non si capiva se per modo di dire o se veramente intenzionata a prenderla sul serio.
Marim l’aveva guardata e si era lamentata perché solo a lei capitavano delle insegnanti così complicate e con il gusto di mettere in crisi gli studenti.
“Ho capito!” aveva reagito seccamente Nadia “ma che domanda è?”
Marim allora aveva messo nelle mani di Nadia il foglio bianco che aveva sventolato prima.
“Leggi ad alta voce!” aveva chiesto con determinazione Luigi.
“La domanda è: Che senso ha studiare?” aveva letto ad alta voce Nadia.
Era sceso un silenzio profondo. La domanda implicava che si ragionasse, non che si ripetesse una formula e le ragazze, abituate a studiare a memoria, si trovavano a disagio di fronte ad un simile interrogativo.
“Io – aveva tentato Sara – non ho questa domanda, studio perché devo, punto e stop”.
“Dài, chiediamo a Google, lui sa rispondere a tutto” aveva allora detto Fatima, pensando di avere fatto una gran bella scoperta. E tutte si erano messe a chiedere a Google che senso avesse studiare.
“No, no! Google, non latino o filosofia ma studiare a livello generale” aveva precisato Sara, e Google, con la sua voce metallica, le aveva risposto che le conoscenze acquisite le sarebbero servite poi nella vita futura.
Sara aveva replicato che non le bastava quella risposta.
“Certo che mi sarà utile domani ciò che sto studiando adesso, ma io voglio sapere perché devo studiare ora” e Google stava in un imbarazzante silenzio, come le ragazze, come Luigi.
“Scrivo quello che ha detto Google” aveva allora chiuso il discorso Marim che aveva un compito impellente, infatti doveva rispondere alla domanda per iscritto.
“No, Marim, aspetta un attimo” l’aveva fermata Luigi e rivolgendosi a tutte le ragazze aveva rilanciato la domanda. “Ma perché, perché studiate?”
“Io sono d’accordo con Google, io studio perché bisogna farlo, se non lo facessi non avrei in futuro una professione dignitosa” aveva affermato in modo stentoreo Nadia.
“Solo per questo?” l’aveva incalzata Luigi e Nadia aveva risposto che vi era certo qualcosa d’altro ma non riusciva a dire che cosa.
Luigi aveva insistito, ma nessuna delle ragazze pareva cogliere il perché della sua caparbia insistenza, anzi cominciavano ad emergere le lamentele di chi non ce la faceva più di una scuola sempre più faticosa. Sara allora aveva di nuovo sottolineato che a lei non bastava il domani come ragione della fatica dell’oggi.
“E allora?” aveva richiesto Luigi, “e allora?” aveva insistito “perché lo fai?”
“Boh!” aveva risposto Sara a Luigi, che avrebbe voluto prenderla a sberle per quella sua resistenza a guardare dentro la sua giornata.
“Sara, perché studi? Perché vieni qui a studiare? Perché?”
“Perché studiare, imparare, fa crescere me! Perché è per me!” aveva detto allora Sara, come sorpresa di qualcosa che in realtà le stava accadendo, ma che aveva avuto bisogno di Luigi per essere afferrato.
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