Uno Stato arrogante, un ministero dell’Istruzione autoritario, che prende quando e dove vuole, senza guardare in faccia nessuno. Accade quest’anno è già accaduto in passato. Gli uffici scolastici regionali, con le articolazioni provinciali, dopo la tornata dei precari, sta passando alla nomina dei docenti cosiddetti Covid. Sono coloro che vanno a sostenere le scuole per le supplenze e per sostituire o supportare i lavoratori cosiddetti fragili da Covid-19, che non possono insegnare in presenza, ma fanno lezione a distanza. Gli impiegati che al telefono propongono l’incarico annuale per ottenere subito il risultato dicono che è un’occasione unica per entrare a insegnare nelle scuole statali. Si fa punteggio e si inizia la carriera del precariato che potrebbe portare in pochi anni alla stabilizzazione del posto.



Molti che ricevono la proposta però sono docenti assunti nella scuola paritaria e accettano di passare a quella statale senza nemmeno pensarci, causando gravi difficoltà alla scuola di appartenenza.  Un direttore di scuola paritaria che l’altro ieri si è trovato in questa situazione ha scritto ai colleghi: “Non si trovano più maestre con diploma magistrale o socio-psico-pedagogico ante 2001/2002 (quelle abilitate senza necessità della laurea in formazione primaria ndr)  e le neo-laureate aspettano la ‘chiamata’ dello Stato per la Scuola Primaria. Non so come fare e se non assumo qualche insegnante non riesco a gestire la situazione e a sostituire le  dimissionarie”. 



Casi come questi sono frequenti, ma non era mai accaduto ad anno pienamente iniziato. Perché accade? innanzitutto la scuola italiana soffre di una carenza di docenti, sempre più marcata. Lo Stato poi offre contratti vantaggiosi, lavoro meno stressante (i  genitori sono solo utenti e non clienti che pagano una retta) e soprattutto il miraggio del posto fisso. Sembra un fenomeno incomprensibile, inaspettato sino a pochi anni fa, da evitare con normative ad hoc, anche perché la scuola statale e non statale dovrebbe essere gestita in modo ordinato, per garantire a tutti gli studenti italiani uguaglianza di trattamento e senza che la scuola del ministero dell’Istruzione faccia la parte del leone. Nello Stato tra l’altro il meccanismo del passaggio da un’istituzione scolastica all’altra non è previsto. I docenti annuali una volta nominati non possono spostarsi o dimettersi, pena la cancellazione dalle graduatorie.  Invece accade di continuo nelle paritarie ed è addirittura lo Stato a incentivare il passaggio. 



Gli effetti di questo meccanismo cominciano a farsi sentire. Innanzitutto viene impoverita l’offerta formativa delle scuole non statali, che tutti gli anni devono formare i docenti, ricominciando da capo. In pratica accade che le scuole paritarie formino il personale appena laureato, permettendo ai giovani docenti di acquisire esperienza, per poi prenderseli con una semplice telefonata. Una concorrenza sleale, da vero Stato totalitario. In Lombardia, in Emilia Romagna o in Liguria molti gestori hanno dovuto sostituire nel giro di pochi giorni decine di  insegnanti, nell’indifferenza dei direttori degli uffici scolastici regionali e provinciali, che non sembrano mai interessati alle problematiche delle scuole paritarie. 

“Colleghi non è pensabile di poter andare avanti così! – continua la lettera -. Sono veramente preoccupato e temo altre dimissioni con le stesse tempistiche. Nelle telefonate che vengono fatte alle docenti viene detto che devono accettare immediatamente oppure ‘perdono l’occasione’ e devono scorrere le graduatorie. Potete aiutarmi/aiutarci e porre la problematica a livello nazionale e al Ministro Azzolina prima che sia troppo tardi?”.

“Non è semplice trovare soluzioni”, precisa un funzionario  di una Usr del Nord Italia che non vuole comparire in prima persona, ma il “problema sussiste e va affrontato se non vogliamo che oltre alle difficoltà economiche le scuole paritarie declinino anche per qualità della didattica e per un turnover del personale docente esagerato”. È un campo scivoloso in quanto è difficile che uno Stato che si considera ancora il monopolista  del sistema d’istruzione corregga se stesso, in quanto  detta le regole e le norme generali sulla scuola, stabilisce gli stanziamenti, sanziona gli inadempienti e non accetta un effettivo pluralismo educativo.

La strada della parità scolastica sancita dalla legge 62/2000, di cui quest’anno si celebrano i vent’anni dalla promulgazione, è ancora irta di ostacoli e difficoltà.