Ci risiamo: per il secondo anno consecutivo l’esame di Stato conclusivo della scuola secondaria di secondo grado si svolge nella forma di un colloquio multidisciplinare, che saggia le conoscenze, e, soprattutto, le competenze degli studenti.

Comprendiamo che i tempi, e quest’anno così particolare, fatto di lezioni in presenza a macchia di leopardo, classi in quarantena, didattica a distanza e continui cambiamenti di orario e di scenario non poteva concludersi che in altro modo: sarebbe follia anche solo immaginare che gli studenti delle quinte di quest’anno abbiano avuto le stesse opportunità di avere una formazione accurata e approfondita come quelli dell’anno 2018–2019 o dei precedenti. Comprendiamo e abbozziamo.



L’elaborato che è stato assegnato agli studenti, del resto, ha risvegliato in alcuni casi i peggiori “istinti copiatori”, dato che la necessità di istituire “collegamenti” ha fatto rispolverare, e riconsultare, i vecchi siti che proponevano suggerimenti e temi per le mitiche, e per fortuna tramontate, tesine, nelle quali, come abbiamo già detto in altra sede, i “collegamenti” fra materie erano spesso tirati per i capelli e seguivano la logica del “bersaglio”, il popolare gioco della Settimana Enigmistica; con studenti che cercavano disperatamente di “attaccarsi”, come dicevano, a questa o quella materia. Il collegamento più azzardato? Dai serial killer ad Adolf Hitler (motivazione della sciagurata studentessa? “Hitler ha fatto uccidere tante persone!”); ma anche dall’elettroforesi all’Innocente del Vate il salto non è male!



La maturità 2021, ancora senza scritti, senza nemmeno una prova di italiano che saggi le competenze comunicative nella lingua materna, lascia perplessi, è indubbio. Da un lato questa formula più easy ha sicuramente i suoi vantaggi rispetto a – possiamo dirlo?  – l’inutile circo di qualche tempo fa, che implicava prima prova, seconda prova scritta, terza prova con quattro materie, regolamento severissimo per la correzione collegiale, tesina, discussione con tanto di riferimento all’alternanza scuola lavoro, ora Pcto. Si trattava di un circo pesantissimo per tutti, e per che cosa poi? Per un voto che, si raccomandavano dirigenti e presidenti di commissione, non penalizzasse lo studente e non si discostasse, ma anzi, possibilmente riflettesse la media dello studente (ovvero: media del 7,5? Almeno 75/100 come voto di uscita. Media dell’8? Auspicabile un voto dall’80 a salire). Ma se il senso dell’esame è, appunto, mettersi alla prova, mettendo in conto che spesso si può incontrare una difficoltà, e talvolta le aspettative possono venire frustrate, per tanti motivi – anche questo è educativo –, perché tutta questa macchinosità?



Certo, speriamo che almeno una prova scritta di italiano e una nella materia di indirizzo venga ripristinata: non sarebbe credibile un diplomato di liceo classico che non dia prova della sua capacità di tradurre dal greco o dal latino, o di liceo scientifico che non si cimenti in un problema di matematica e fisica, o di liceo linguistico che non si produca in una prova scritta avente per oggetto almeno una lingua straniera fra le due o tre studiate per un quinquennio. Ma per questo dobbiamo aspettare – speranzosi – il prossimo anno, pregando i numi e facendo i debiti scongiuri che il “provvisorio” non diventi definitivo, come accadde a fine anni Sessanta, con la famosa maturità con le due materie orali (delle quali una scelta dal candidato e la seconda che poteva essere cambiata dalla commissione), rimasta in auge per un trentennio.

Ci sarebbe poi da chiedersi che senso abbia un esame di Stato (come dico sempre: se non si chiama più maturità, un motivo ci sarà…) che promuove oltre il 98 per cento dei candidati ammessi all’esame, e che, a parte qualche patema la sera prima dell’orale, non ha nemmeno più lontanamente la valenza di un “rito di passaggio”; e viene anche da pensare se non sarebbe più sensato sostituire l’esame con qualche altra modalità di certificazione dei risultati a fine quinquennio di scuola secondaria di secondo grado: per esempio, con verifiche finali su tutto il programma dell’anno per ogni materia, e conseguente voto scorporato, molto più chiaramente, disciplina per disciplina: sarebbe un risparmio per le casse dello Stato, e forse spingerebbe a un impegno maggiore gli studenti nel corso dell’anno.

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