Quando si parla in questi giorni di esami di maturità, pare che l’unico dilemma sia soppesare i crediti, le seconde prove, le commissioni interne, in modo da non essere esigenti senza perdere la faccia. Gli studenti da un lato, a spiegare che non ci stanno a fare esami tosti dato che non hanno avuto gli strumenti per formarsi adeguatamente in tempo di pandemia; e hanno ragione. Dall’altro lato, le autorità scolastiche che vogliono reintrodurre le prove scritte perché la scuola deve comunque valutare il percorso finale degli studenti (e hanno ragione anche loro). Ma chi parla di contenuti e di educazione? L’unico problema sembra essere quello pratico di portare a casa l’anno scolastico.



Allora agli studenti direi: c’è ancora tanto di educativo nella scuola: rivendicatelo, anche se da anni la scuola è in sofferenza pedagogica. Mi domandavo in questi giorni come mai gli esami di scuola-guida vengano superati solo dal 70% dei candidati e quelli di maturità da più del 90%. Certo, se uno non sa guidare può fare grandi danni, ma anche un ragazzo che non è arrivato ad essere maturo a 18 anni e a cui viene dato con un diploma la possibilità di entrare in successivi step lavorativi o di studio. La scuola superiore è meno selettiva della scuola guida: rivendicate pari severità, perché la severità della pigrizia di chi insegna male è maligna, ma la severità di chi educa davvero vuole aiutarvi ad uscire fuori dal conformismo.



Il calare l’asticella delle pretese sugli studenti (in termini di studio e di responsabilità) nei Paesi occidentali è descritta da tanti e non va a vantaggio né degli studenti né dei professori: osservatori di varie provenienze culturali lo dicono chiaramente, da Paola Mastrocola a Ernesto Galli della Loggia, a Umberto Galimberti. E tutti trovano orrendo l’approccio scolastico al ribasso. Per Galli, “Una delle principali cause della decadenza italiana è stata la catastrofe educativa che ha colpito il Paese da almeno una trentina d’anni. Una catastrofe che ha disarticolato l’istituzione scolastica, producendo generazioni sempre meno preparate” (Corriere della Sera, 21 luglio 2021). E la Mastrocola, parlando dei ragazzi, afferma: “È ovvio che appena prendono un 4 in prima liceo si sentono disperati. Noi alla loro età eravamo capaci di sopportare brutti voti o anche delle umiliazioni in classe, una brutta figura. Loro invece arrivano a casa e si lamentano e il genitore cosa fa? Va dall’insegnante a dirgliene quattro. Oppure fa ricorso” (focus-scuola.it, 15 dicembre).



Gli esami di maturità del 2022 sono alle porte e ancora non hanno forma; ma che brutto segnale quello di crearli parlando solo di quanto chiedere e quanto ottenere. Perché non parlare di contenuti, di ricreare una educazione al rispetto, al merito, forti della brutta esperienza della perdita di contatti educanti prodotta dal Covid e della Dad? Difficile, perché occorrerebbe uno scatto di orgoglio.

Occorrerebbe che gli studenti e non solo loro uscissero da un modo “magico” di vivere: orizzonti pullulanti di influencer e realtà virtuale, che tutto colora delle tre caratteristiche della magia: assenza di sforzo, immediatezza dei risultati e senso di onnipotenza. Che qualcuno alzasse la mano e dicesse: “Sì, va bene, ma la scuola non ci può far sognare qualcosa di più alto?”. Non dico che gli studenti debbano scioperare e non presentarsi all’esame. Ma nemmeno tenere basse le loro richieste limitandosi a volere una “maturità soft”: occorre che diano il segnale che non gli sembra giusto passare se non si sentono pronti. Che insegnamento sarebbe per i soloni ministeriali! Occorre un segnale, un movimento che dica che gli studenti sono molto più delle piccole rivendicazioni passeggere di poter mostrare l’ombelico entrando a scuola (che abbiamo visto in questi giorni nelle scuole di Roma) o di dover fare uno scritto in meno alla maturità.

Invece continueranno a chiedere poco, al massimo un esame semplificato: sono abituati alla vita-nella-magia che hanno imparato dai loro genitori, per la quale, quando c’è una via facilona e gratuita, si imbocca e zitti. Ma almeno, che questo loro pretendere un esame di livello 6 mentre il loro animo e il loro desiderio di vivere è di livello 10, gli faccia sentire che qualcosa stride e suoni una sveglia.

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