Dopo aver ascoltato una recente presentazione di Calenda al suo libro sui mostri mentali (I mostri. E come sconfiggerli, 2020) che bloccano la nostra capacità di governare e rilanciare l’Italia sono ancora una volta rimasto muto al sentire la sua proposta di tempo pieno generalizzato.
La stessa cosa aveva fatto Passera nel 2014 quando nel programma del suo costituendo partitino Italia Unica aveva messo la stessa proposta sulla scuola.
Il bello è che entrambi sollecitavano e sollecitano, giustissimamente, la necessità che siano degli esperti di ogni settore a suggerire ed applicare i programmi specifici di riforma ed in primis dichiarano l’enorme importanza della scuola.
Per me questa contraddizione è la prova dell’assoluta egemonia che il pensiero sindacale esercita sulla scuola, oscurando i veri nodi da sciogliere e proponendo finte mete impossibili per conservare l’attuale assetto organizzativo del sistema scuola.
Ma basta analizzare le due parole che sembrano sinonimi, e lo sono da noi ma non in Europa, per far crollare il castello fuorviante del pensiero immobilista dominante.
In Italia il tempo classe è il più lungo d’Europa mentre il tempo scuola è il più corto, anzi coincide col tempo classe.
Il tempo scuola è quello totale in cui la scuola è aperta e al suo interno si svolgono molteplici attività sia di classe intera (curricolari) sia non di classe a cui gli alunni possono aderire con margini personali di discrezionalità.
Il tempo classe è quello del lavoro a classe intera che in Italia è l’unico funzionante.
Il lavoro a classe intera da noi si aggira e supera le 1000 ore annue, contro una media europea di 800.
A parità di costi, semplicemente riducendo di un quarto/un quinto la docenza dedicata alla classe intera si potrebbero attivare innumerevoli attività opzionali pomeridiane, oggi non solo necessarie ma indispensabili per agire davvero sui livelli culturali diversissimi degli alunni. Livelli diversissimi che non possono essere adeguatamente trattati nel lavoro a classe intera, che fatalmente è un lavoro a pioggia e non può essere davvero mirato.
Per quanto riguarda poi l’intrattenimento dei figli di famiglie con problemi organizzativi diversi e principalmente il lavoro dei due genitori, l’impegno fino alle 16.30 del pomeriggio è insufficiente ed infatti molti comuni attivano a loro spese il pre-scuola ed il post-scuola. Dilatare il tempo classe in nome di questa esigenza è evidentemente illogico per non dire peggio.
Quindi impostando sui due concetti chiari e distinti il discorso, sarebbe evidente che in Italia il tempo scuola va molto ampliato mentre il tempo classe va molto ridotto. Le conseguenze organizzative sono chiare e semplici e riguardano sia la gestione del personale statale che di quello eventualmente comunale. Anche i costi sono ponderabili e proporzionabili con le risorse sia statali che locali.
L’assurdo attuale di 6 ore consecutive di lezione sparirebbe e la buona gestione personalizzata degli studenti finalmente decollerebbe, a partire dall’apprendimento curricolare di base fino all’assistenza nello studio e nei compiti ed anche all’intrattenimento lungo in appoggio alle famiglie.
Ecco dunque le quattro parole magiche in grado di demolire la muraglia immobilista artificiosa del nostro sistema sindacal-politico-scolastico: tempo classe, tempo scuola, attività obbligatorie, attività opzionali.
Sarebbe un salto nel vuoto? No, tutta l’Europa prevede queste varianti e funziona meglio di noi sia per i risultati che per quanto riguarda l’ansia dei docenti e degli alunni.
Rimarrebbero certo tutte le altre problematiche che tante volte ho esaminato, dai concorsi ai trasferimenti, all’orario dei docenti, alla dislocazione delle vacanze ecc. Ma intanto comincerebbe a circolare, a costi sostenibili e rapidamente, una salutare brezza rigenerante.