La Dad salverà l’anno (scolastico)? Le scuole secondarie di secondo grado riusciranno a riorganizzare efficacemente il tempo scuola in vista del ritorno in classe, previsto per il 50% degli studenti già al 7 gennaio, quando comunque la didattica a distanza sarà ancora una risorsa importante? 

Mentre chi è più qualificato di noi cerca di risolvere lo spinoso problema logistico e organizzativo, cerchiamo di mettere su carta alcuni effetti collaterali della Dad. Ricordo che nel mese di marzo, quando non tutti avevano la netta percezione dello tsunami che stava per abbattersi sulla scuola, e sui modi di fare scuola, alcuni colleghi – pochissimi, per fortuna! –, spiazzati e insieme convinti che entro tre-quattro settimane si sarebbe ritornati in classe, magari dopo Pasqua, si erano rifiutati categoricamente di fare lezione on line, in quanto “non consento agli studenti e alle loro famiglie di intrufolarsi nella privacy della mia casa”.



Ora, a parte l’impuntatura di principio, su cui non metto becco (ma, a meno di non avere in casa la Saliera del Cellini e il Caravaggio trafugato a fine anni Sessanta, o un laboratorio clandestino per sintetizzare droghe sintetiche, non capisco una così granitica presa di posizione), e a parte il fatto che è sempre possibile usare degli sfondi fittizi, per cui si può fare lezioni immaginando di stare in una baita montana in agosto o in una biblioteca immensa di stile british, forse questi colleghi non avevano ben compreso che anche noi docenti entriamo quotidianamente nel privato degli studenti, nelle loro camerette, nei loro soggiorni e nelle loro cucine e riusciamo ad avere a volte una percezione precisa delle dinamiche familiari vissute dai ragazzi, molto più di quanto non accada in tempi di didattica frontale. E, si sa, la conoscenza è sempre utile per farsi un’idea precisa di una situazione e per valutarla.



Ecco dunque una precisa, oserei dire linneiana, catalogazione dei genitori in tempo di Dad.  

Al primo posto troviamo, senza dubbio, la figura più amata (si fa per dire) dai docenti: 

Le souffleur ovvero il suggeritore

Accuratamente appostato fuori dal raggio della webcam, come il suggeritore piazzato in teatro nella sua buca, le souffleur, credendosi astutissimo, sibila le risposte al figlio durante le interrogazioni. Siccome però il docente proprio scemo non è, si rende conto benissimo che, se pure lo studente, a garanzia della sua buona fede, si inquadra le mani, vuote, e la scrivania, sgombra da libri e appunti, il linguaggio del corpo non mente mai, e dunque si notano precise occhiatine oblique lanciate nella direzione della genitrice o del genitore. Inoltre, in sottofondo, basta alzare un po’ il volume, si sentono sibili e fruscii, di pagine del libro di testo sfogliate compulsivamente. Il docente di solito prima chiede di alzare il volume, e poi cambia in corsa le domande, in modo da bruciare sul tempo le souffleur. Che, di solito, va detto, dà pure suggerimenti sbagliati. Avete presente quella tipologia di genitore che di solito fa i compiti (analisi del testo, versioni, schede di libri, problemi di trigonometria) per il figlio, e li fa regolarmente male e sbagliati? Ecco, le souffleur ne è l’evoluzione ai tempi della Dad.  



Segue poi, bene attestato per ogni classe, almeno un esemplare di… 

Sindacalista

Noi tutti abbiamo avuto un genitore che, regolarmente, prenotava un ricevimento urgente perché assolutamente convinto del fatto che il figlio fosse stato vessato e conculcato nel corso dell’interrogazione (sugli scritti c’è meno spazio di manovra, perché, come dicevano i Romani, verba volant, scripta manent, e le correzioni in rosso pure).

Ora, in tempo di Dad, il sindacalista, che non ammetterebbe neppure morto di essere rimasto appostato dietro la porta o sotto la scrivania del figlio per ascoltarne in diretta l’interrogazione, chiede il colloquio a distanza per esprimere le sue rimostranze, in quanto “dalla registrazione della lezione” disponibile in piattaforma, si evince con tutta chiarezza che il figlio ha avuto meno tempo per rispondere, che l’insegnante lo ha valutato con maggiore severità rispetto ai compagni (“a Paolino Paperino lei ha dato 7, ma ha parlato molto meno di mio figlio”), oppure gli sono state poste domande non pertinenti in quanto facevano riferimento a concetti non presenti sul libro di testo.

Ma siccome chi di Teams ferisce, di Teams perisce, è sempre possibile ricordare al genitore di andarsi a risentire e rivedere le registrazioni delle lezioni, dove, guarda caso, il docente si sofferma su alcuni concetti, integrando il libro di testo o chiedendo di prendere appunti – e magari postando pure del materiale – sui quei fantasmatici argomenti. Senza contare, come ho dovuto varie volte ricordare, che se un ragazzo studia e risponde in modo autonomo alle domande, organizzando da sé il discorso, ovviamente la prova orale dura poco, certo meno di quella di uno studente cui vanno tolte con le pinze le parole di bocca per palese mancanza di studio, e che va aiutato e guidato. “A meno di non ritenere inevasa la domanda cui la risposta non arriva in pochi secondi”; nel qual caso tutte le interrogazioni durerebbero poco. Ma, per fortuna, non siamo in un quiz televisivo. Non ancora, almeno. 

Terza tipologia umana è quella definibile come… 

L’aspiratrice ovvero la maniaca del folletto

Ove per Folletto non si intende un membro del Piccolo Popolo. Il genitore in questione, di solito una genitrice, non è infatti amante di Tolkien e della letteratura fantasy, ma è un compulsivo adoratore dell’elettrodomestico omonimo e deve passarlo secondo la sua personale e rigida tabella di marcia. E poco importa se il figlio o la figlia sta facendo lezione on line. “Resta pure, resta pure, non mi disturbi!”, dice alla progenie mentre le passa sotto la sedia e intorno, rumorosamente, l’aspirapolvere (lui non disturba te?). “Continuate senza fare caso a me, faccio in un attimo!”, dice mentre aspira le briciole della colazione dal ripiano del tavolo da cui si è collegato il figlio.

Questa tipologia umana mi ricorda molto mia nonna, che pretendeva di girare e sbattere il materasso alle 6,30 del mattino della domenica mentre ancora stavo a letto, dicendomi “Tranquilla, tu continua pure a dormire!”.

A volte anche il resto del circo familiare, specialmente se lo studente si collega dalla cucina o dal salotto, è terribilmente distraente: nonna che guarda la tv, fratellini che litigano, cagnolino che abbaia, membri della famiglia che vanno e vengono continuamente. E talora, come mi è capitato, lo studente ha anche un Pdp per Dsa fra cui delle difficoltà di concentrazione: del resto, nessuno riuscirebbe a concentrarsi decentemente in una situazione di questo tipo. Di positivo c’è solo che, in questo caso, l’insegnante può capire finalmente perché il Pdp tanto scrupolosamente preparato e seguito in classe non dia gli esiti sperati…

Ma proseguiamo.

La salutatrice e il salutatore

Questa è la tipologia umana più cordiale della compagnia, ma a me ricorda tanto la moglie del custode della nostra scuola elementare, che, quando ero bambina, viveva in un appartamento con una porta che dava direttamente sulla nostra classe. Per cui, a metà mattinata, fatte le pulizie di casa, la porta si spalancava e la signora si palesava in classe, magari con la scusa di offrire una tazzina di caffè alla maestra, o per “fare un saluto”, che si risolveva in una mezz’ora abbondante di chiacchiere. Noi bambini la adoravamo; la maestra, un po’ meno, e lo attestava con sguardi di fuoco lanciati alla signora, che però non coglieva, o faceva finta di non cogliere, e se ne stava sulla soglia, quasi a illustrazione di una celebre aria mozartiana (“Come scoglio immoto resta”).

La salutatrice, oggi, è quella garrula figura che sbuca improvvisamente, di ritorno dalla spesa, mentre sposta la biancheria asciutta, mentre scende da un piano all’altro, davanti allo schermo “per farle un saluto, prof”. E fin qui, tutto bene: peccato che il saluto sia un’occasione ghermita al volo per fare quattro chiacchiere (i bar sono chiusi in mezza Italia, in effetti…) e per strappare magari un ricevimento estemporaneo, alla faccia degli altri venti o venticinque studenti collegati oltre al figlio. E ovviamente, alla faccia della privacy

La cuoca

È la quinta tipologia umana, nota a tutti i docenti che fanno lezione in ore che vanno dalle 12 alle 14. Mentre tu, docente, stai spiegando Lucrezio o Virgilio, o la sintassi dell’accusativo e i verbi assolutamente impersonali, e mentre cominci ad avvertire un certo languorino, si sente, da fuori campo, un urlo: “È prooooooonto! Venite a tavola!”. Visto che siamo in Dad, nelle scuole superiori, almeno da qualche settimana, dovrebbe essere ormai noto l’orario delle lezioni. Ma, si sa, lo studio richiede energie, e poi “sa, prof, mio marito/ il figlio maggiore/ il nonno mangiano presto” (e allora, quando si era in didattica frontale, che accadeva? Il figlio studente che rientrava dopo le 14 rischiava continuamente la morte per inedia?).  

Da queste poche annotazioni, possiamo capire come la Dad, oltre ad averci costretto tutti a riflettere sui nostri modi, talora inveterati, di fare lezione, almeno un altro vantaggio ce l’abbia: essa è una potente lente di ingrandimento per capire meglio – senza volerlo – l’ambiente e i rapporti in cui si sono formati i nostri studenti, consentendoci di conoscerli meglio. Non una cosa da poco, direi. Nel frattempo, per favore, chi può spenga il Folletto.