Chi non ricorda il putiferio mediatico del luglio scorso dopo la pubblicazione dei dati delle rilevazioni Invalsi 2021? Sconcerto universale per la “perdita di apprendimento” registrata in italiano e matematica in quasi tutte le regioni italiane (che al Sud è andata sommandosi al gap storico esistente). “Colpa della Dad” è stata la risposta sbrigativamente assolutoria, cui è seguito il “ritorno in presenza” come priorità salvifica, destinata però a restare un illusorio rimedio se il contesto non cambia, non solo sotto l’aspetto della diffusione del virus, ma soprattutto guardando alle urgenze sul piano didattico.



Su quella catastrofica “perdita di apprendimento” bisogna infatti metterci le mani, cioè serve la volontà politica di invertire la tendenza. La situazione è critica già al termine della secondaria di primo grado (meno 4 punti in italiano rispetto al 2018, con il 39% di studenti che non raggiungono il livello minimo), ma diventa impressionante al termine della secondaria di secondo grado (meno 10 punti in italiano, con una percentuale di studenti che non raggiungono il livello minimo che sale dal 35% al 44% rispetto al 2019, e una perdita generalizzata in tutte le macroaree del Paese, in particolare nei contesti svantaggiati).



Passata la bufera di luglio, seguita alla pubblicazione del rapporto Invalsi, oggi tutti sono concentrati sul rientro in presenza, vaccini e green pass. Ci siamo praticamente dimenticati di quella grave “perdita di apprendimento” dei nostri studenti.

Tuttavia la cronaca di questi giorni ci rimette con forza il problema sotto il naso. Leggiamo che Andrea Mazzucchi, direttore del Dipartimento di Studi umanistici dell’Università Federico II di Napoli, denuncia il fenomeno del mercato nero delle tesi di laurea, alimentato dal fatto che gli studenti non sanno scrivere e, consapevoli della loro incerta o insufficiente competenza in italiano, scelgono di rivolgersi ai ghost writers per la stesura del proprio elaborato.



È pur vero che quello di scopiazzare più o meno ampiamente la propria tesi è un vizietto non nuovo e piuttosto esteso. Adesso però esistono dei software specifici che consentono di individuare rapidamente la fonte dello scopiazzamento. Se il testo è scritto da un altro, invece, la prova è difficile da acquisire. Di conseguenza il fenomeno è in espansione, accresciuto dalle carenze sempre più pesanti degli studenti. Mazzucchi mette il dito sul punto dolente: “Non va poi dimenticata la scarsa capacità di scrittura degli studenti”. Occorre una riflessione seria, osserva, sulla preparazione dei laureandi nell’italiano scritto, che troppo spesso è precaria. “La lingua scritta ormai è per pochi”, conclude.  Che ne dice il ministro Bianchi?

È evidente che l’impresa di invertire la tendenza in tempi brevi non è nelle umane possibilità di un ministro dell’istruzione pro tempore, ma almeno porre le basi di un’azione mirata sì. Va riconosciuto al ministro Bianchi, economista ed ex assessore a scuola, formazione, ricerca, università e lavoro in Emilia-Romagna, uomo concreto insomma e con “le mani in pasta”, di aver inserito nel recente Atto di indirizzo per l’anno 2022 e per il triennio 2022-2024 degli obiettivi fattibili circa il potenziamento delle competenze degli studenti nell’ambito delle discipline Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), delle competenze digitali e delle competenze multi linguistiche. Una particolare attenzione è dedicata all’istruzione secondaria tecnica e professionale considerata “centrale”, tanto che nel Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) è stato previsto un intervento di riforma diretto ad allineare i curricula alla domanda di nuove competenze da parte del tessuto economico e produttivo del Paese. Un’attenzione privilegiata è riservata agli istituti tecnici superiori (Its), con interventi sia di riforma sia di investimento, con l’obiettivo dichiarato di incrementare del 100% il numero di iscritti.

Per il resto leggiamo tante buone intenzioni, ma ci sembrano quelle di sempre: si va dal “garantire il diritto allo studio e un’istruzione di qualità”, al “ridurre la povertà educativa”, “potenziare l’offerta formativa”, “promuovere processi di innovazione didattica e digitale”, “rilanciare l’autonomia scolastica”. Troviamo inserita anche una nuova “educazione alla sostenibilità”, in linea col Pnrr.

Evidentemente il ministro Bianchi ha scelto di concentrarsi su alcuni obiettivi specifici ritenuti realizzabili, anche grazie alle risorse del Pnrr. Tuttavia, in 10 pagine di documento di indirizzo, considerata la situazione rilevata dall’Invalsi nel 2021, ci si aspettava almeno un enunciato che richiamasse il proposito di rafforzare/recuperare, se pur parzialmente, quella “perdita di apprendimento” nelle discipline di base che penalizza non solo gli studenti ma la società tutta, se leggere e capire la lingua “madre” e produrre testi scritti con una certa sicurezza è diventata davvero una questione “per pochi”.

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