La scuola era cominciata, le lezioni avvenivano ormai a pieno ritmo e gli ultimi giorni di vacanza sembravano lontani anni luce. Miriam, in un cambio d’ora, quasi a fine mattinata, ci stava appunto ripensando.
Erano gli ultimi scampoli di libertà, mancavano poche ora alla prima campanella dell’anno e lei, Noemi, Riccardo e Ahmed si erano ritrovati a guardare i compiti delle vacanze. Ognuno di loro aveva fatto a modo suo, chi tutto, chi tanto, chi poco, chi impegnandosi seriamente, chi invece di malavoglia.
Miriam aveva portato i dolci cucinati da sua madre, Riccardo da bere, acqua e Coca Cola. Prima di riguardare i compiti si erano svagati, erano al parco su una panchina appena verniciata e quindi apparentemente di bella fattura, Ahmed era per terra davanti agli altri, un po’ distratto dal suo telefonino.
Da dietro l’albero che sovrastava la panchina d’un tratto erano comparse Sara e Fatima e avevano gridato forte spaventando il gruppo, che in coro le aveva bellamente mandate a quel paese.
“Che ci fate al parco?” Aveva chiesto Sara non fermandosi alle reazioni degli amici e delle amiche.
“Siamo qui a riguardare insieme i compiti delle vacanze” aveva risposto per tutti proprio lei, Noemi.
“Ma dai! E perché?”
“Vogliamo controllarli, dobbiamo consegnarli e la prof ha detto che li valuta.”
“Be’, io un po’ li devo copiare” aveva ammesso Ahmed facendo ridere tutti.
“Bravo!” aveva detto Sara, “sono nelle tue stesse condizioni! Ma senza trovare dei compagni così, purtroppo.”
“Domani si inizia, io non sono proprio pronto” reagì Ahmed, aggiungendo che di notte aveva sognato un rinvio del primo giorno di scuola.
“Causa neve?” Si era lasciato scappare Riccardo.
“Proprio non ne ho voglia” aveva ribadito Ahmed, mentre tutti assentivano con la testa.
“Anch’io non ho voglia di iniziare” aveva allora detto Fatima, “non ho proprio voglia, ma stamattina sono andata a scuola perché dovevo ritirare dei documenti e ho incontrato l’insegnante di italiano che mi ha detto ‘domani ci vediamo’ e intuendo dalla mia faccia quello che pensavo davvero, ha insistito: “domani ci vediamo, non è bello vedersi?”.
“E tu?” aveva chiesto qualcuno.
“Io zitta, ma è stata una scossa, quel non è bello vedersi mi ha aperto una breccia. Ecco, lo dico anche a voi, chiedetevi se non è bello vedersi. Vedersi sui banchi, incontrarsi, stare insieme, conoscere qualcosa di nuovo insieme.”
Ahmed si era alzato e avvicinatosi a Fatima le aveva detto: “Se la scuola fosse così, ci andrei di corsa…”
“Ma è questa la scuola, è così!” gli aveva replicato con forza Fatima.
“Non sempre.” Ahmed non ne era convinto.
“Lo so, ci sono le fatiche e il primo giorno di scuola bisogna rompere le abitudini estive, però pensaci, tu non ce la fai e ti trovi davanti un compagno o una compagna che ritrovi, non è bello vedersi? Prova a pensarci”. Fatima era sempre più convinta, si vedeva che in lei aveva fatto breccia l’insegnante di italiano.
Era stato proprio così, pensava ora Miriam. Ritrovarsi aveva spazzato via tutti i pensieri, le ansie e i timori. E il tempo adesso volava.
In quell’istante il prof di matematica la chiamò alla lavagna.
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