Mohamed si era alzato presto il primo giorno di scuola: aveva dormito male, continuamente gli attraversava l’orizzonte un’amarezza profonda. Non aveva proprio voglia di ricominciare la scuola, ma non poteva far altro che passare dalla porta stretta della sua classe e ritrovare compagni e insegnanti. Se avesse potuto avrebbe evitato di farlo, ma non sapeva immaginare altro se non che il primo giorno di scuola non avvenisse; un sogno ricorrente ma drammaticamente vuoto, l’eliminazione impossibile di un giorno ritenuto da Mohamed il peggiore dell’anno.
Mohamed aveva fatto colazione senza parlare con nessuno. Preso dalla sofferenza dell’inizio non si era accorto né delle attenzioni di sua madre, né delle domande che gli avevano rivolto fratelli e sorelle. Era come in catalessi, ma la campanella di inizio che lui voleva allontanare in realtà diventava sempre più vicina. Mohamed rimpiangeva la pandemia, gli sarebbe piaciuto rimanere a casa davanti al computer, tutta la mattina in pigiama, continuando di fatto a dormicchiare.
Finita la colazione si era alzato per prepararsi e uscire, e aveva visto che tutti quelli che erano intorno a lui erano sorridenti e curiosi di ciò che li attendeva. Mohamed non aveva quella gioia e quella curiosità, ma d’improvviso l’aveva vista in loro e per la prima volta si era chiesto come fosse possibile. Una domanda che però aveva scacciato subito, facendola tacere. No, non ci poteva essere nulla di positivo nel finire le vacanze e riprendere la scuola.
Non aveva detto nulla, aveva sorriso anche lui in modo forzato e aveva salutato tutti. Sua madre gli aveva augurato un buon inizio e lui aveva risposto alzando le spalle, senza dire nulla.
Mohamed era uscito così di casa e si era diretto a scuola a piedi. Non aveva portato nulla se non il diario ed una biro. Poi dopo aver girato l’angolo, Mohamed si era trovato all’ultimo passo, ancora cento metri e sarebbe entrato nel cortile della scuola. Aveva fatto quei centro metri come un automa e si era trovato nel mezzo della folla di studenti.
“Mohamed, Mohamed!”. In quel momento aveva sentito il suo nome pronunciato da una ragazza che ben conosceva.
“Lucy” aveva risposto e lei aveva aggiunto “che bello vederti!”. Per Mohamed non vi era nulla di bello, ma la gioia della ragazza era stata travolgente.
“Ma tu non hai sentito niente? Tutto normale?” le aveva chiesto spontaneamente Mohamed, e avendo capito di essere stato oscuro, aveva chiarito che lui parlava dello strappo di essersi dovuto svegliare presto e di non essere potuto rimanere a casa.
“Be’! Certo, uno strappo! Figurati se non l’ho sentito, ma più dello strappo vale averti ritrovato. Vieni che c’è Sara, Marim, Luca, Riccardo. Su, vieni!”
Mohamed aveva sempre dentro quell’amarezza, e l’entusiasmo di Lucy gli procurava quasi un disagio.
“Vieni, Mohamed. C’è una amica nuova che viene dall’Ucraina. Si chiama Liuba”. Lucy con il suo entusiasmo aveva portato Mohamed dentro quel gruppo di amici che stava insieme nel cortile della scuola aspettando che suonasse la campanella dell’inizio.
“Ciao Liuba” aveva detto Mohamed e Liuba aveva risposto con un sorriso. Mohamed non aveva ancora quel sorriso, però vedendo quella ragazza costretta a venir via dal suo Paese e portata lì in mezzo a estranei, aveva considerato insensata la sua amarezza. Aveva desiderato di poter sorridere come lei, e per questo stava cambiando di umore. Lucy se n’era accorta e aveva dato una pacca sulla spalla a Mohamed che in cuor suo stava decidendo di iniziare.
“Fra poco suonerà la campanella, ma noi abbiamo già iniziato” aveva ad un certo punto detto Lucy.
“Sì” aveva reagito Riccardo “ma meno male che ci siamo visti, altrimenti avrei avuto voglia di rimanere a casa”.
“Anch’io” aveva allora sottolineato con forza Mohamed. “Grazie che questa mattina ci siete!”
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