“Perché giacendo
A bell’agio, ozioso,
S’appaga ogni animale;
Me, s’io giaccio in riposo, il tedio assale?
Forse s’avess’io l’ale
Da volar su le nubi,
E noverar le stelle ad una ad una…”
Il tedio che assale l’animo irrequieto, ma certo di infinito, di Giacomo Leopardi nel Canto notturno è la noia che, sebbene in forme ed espressioni diverse, invade ogni giorno di più anche la nostra vita di uomini tecnologici. Il ritorno alle cronache della drammatica vicenda che ha avuto come protagonista l’inglese Molly Russel, suicidatasi nel 2017 a 14 anni in seguito – afferma il medico legale ingaggiato dalla famiglia – agli “effetti negativi dei contenuti online” cui la ragazzina aveva continuo accesso, scopre il coperchio su un mondo che spesso gli adulti non comprendono e sottovalutano. Troppo lontano da quello in cui sono cresciuti, troppo veloce il cambiamento di abitudini e stili di vita fra la loro generazione e quella dei loro figli. Una velocità sconvolgente perché mai registrata prima dal genere umano, ma ciò non suoni come giustificazione per genitori che, chiusa la porta della cameretta in cui si rifugiano i figli, si fidano ciecamente della loro indipendenza davanti allo schermo di un computer o di un cellulare. Vero è che oggi agli adulti viene chiesto sul piano educativo qualcosa di più complesso e meno istintivo di quanto hanno vissuto i loro predecessori e questo va messo nel conto.
Tuttavia, se Molly – e come lei chissà quanti altri coetanei – s’è trovata a trascorrere in perfetta solitudine decine e centinaia di ore su social che parlavano di morte e di suicidio (materiale che “non avrebbe dovuto essere a disposizione” secondo la sentenza del processo voluto dalla famiglia per dimostrare che quella della ragazza non è stata una fine consapevole) una responsabilità del mondo adulto deve essere cercata e condannata. Difficilmente la sentenza del tribunale inglese porterà a condannare questo o quell’individuo per istigazione al suicidio ma, fatte salve le prerogative della giustizia, non è questo il punto. Nessuna condanna riuscirà a puntare il dito contro il cuore del problema: la noia, la mancanza cioè di àncore valoriali cui possa iniziare ad aggrapparsi una giovinetta che da poco ha smesso di giocare con le bambole.
È la stessa noia dell’uomo contemporaneo, convinto di poter cancellare il desiderio di infinito con le “magnifiche sorti e progressive” della tecnologia. Ma se l’adulto può trovare motivi per opporre resistenza a questa deriva dell’anima, l’adolescente non ha difese davanti all’assalto di un mondo social sempre più vacuo, feroce, aggressivo. Forse s’avess’io l’ale: Molly (e con lei i 4mila minorenni che ogni anno si tolgono la vita in Italia per i motivi più diversi) cercava sui siti internet le ali da volar su le nubi/e noverar le stelle ad una ad una invece che in relazioni umane stabili e pulite. E la colpa non è stata certamente sua.
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