Sono stati giorni intensi per coloro che si sono preparati per i concorsi nel mondo della scuola. Come tanti altri docenti, li ho attesi anch’io e mi sono ritrovata, ancora una volta, faccia a faccia con i libri. Lo stupore è sorto in me quando ho ricevuto l’ennesima conferma di quanto la disciplina che insegno e che vivo mi sia entrata dentro e mi abbia forgiata. L’educazione fisica. Riconosco come tutto l’iter di formazione universitaria e le successive molteplici possibilità lavorative all’interno della scuola italiana di ogni ordine e grado, dalla primaria alla secondaria di secondo grado, mi abbiano permesso di acquisire una mentalità che definirei “allargata”.



Il grande rischio della scuola è quello di voler indicare un orizzonte di interdisciplinarietà, arrivando a far sostenere una prova finale all’esame di Stato al termine del secondo ciclo con tali caratteristiche, senza però riuscire spesso a viverla nella quotidianità. Coi nostri alunni puntiamo a far riconoscere nessi e collegamenti tra le varie conoscenze e i vari ambiti, instillando in loro la capacità di allargare la visione, di cogliere la complessità del reale, mai scindibile o catalogabile in modo settoriale. Eppure, noi docenti, spesso siamo i primi che rischiamo di rinchiuderci dietro ad uno sguardo limitato, ricercando pochi, reali ed efficaci scambi e collaborazioni con i colleghi delle altre discipline.



La scuola è bella perché è più ampia e perché innestata in una realtà più complessa e interconnessa. Proprio studiando le Indicazioni nazionali, già nel 2007 e chiaramente poi dal 2012 in avanti, ho coltivato nel cuore un sentimento di gratitudine verso molti docenti universitari che mi hanno permesso di cogliere la trasversalità della mia disciplina. Per me è motivo di grande entusiasmo cogliere come ogni elemento dell’educazione fisica possa diventare “agito” e strettamente connesso con ciò che altre discipline affrontano. Mi stimola ad una riflessione ancora più profonda la possibilità, in qualità di docente e con gli strumenti didattici e metodologici oggi a nostra disposizione, di diventare “ponte”, l’occasione concreta e tangibile di far esperire ai miei alunni la connessione tra teoria e pratica, rinforzando il loro conoscere e la loro consapevolezza.



A volte, mi accorgo di come noi docenti di educazione fisica siamo i primi sabotatori della nostra materia. Ci releghiamo in palestra e non evidenziamo, invece, la forza che ha il sapere che trasmettiamo proprio perché connesso col resto. Forse è necessario cominciare a ricercare più relazioni, in primis tra noi docenti. Le relazioni sono alla base dell’apprendimento e probabilmente siamo i primi a farne meno esperienza. Potremmo cominciare a valorizzare ciascuno la propria disciplina, a farla dialogare con le altre, a programmare assieme nuove unità di apprendimento, per diventare segno di questa connessione che combatte la frammentazione del sapere. Forse dovremmo ricordarci che tutti noi concorriamo a formare il tutto, l’intero, che è questa unitarietà del sapere che può tornare a renderlo affascinante per i nostri ragazzi.

Ciascuno torni a ciò che sa, a ciò di cui ha fatto esperienza e ne cerchi i punti di contatto con le altre discipline. Potremmo provare a metterle quotidianamente in dialogo, con professionalità e utilizzando gli strumenti che già sono a nostra disposizione.