Quanto andrà avanti la chiusura delle scuole? Nessuno sembra poter indicare date certe. Quel che è certo invece è che i genitori hanno sempre a casa i figli e questo ha aumentato in modo esponenziale il tempo e le energie che ogni giorno vi dedicano e che sono loro richieste.

Allora, forse, prima che grandi analisi sulle condizioni educative che si sono venute a creare, occorre ringraziare i genitori per tutto quello che stanno facendo per i figli in questa situazione di piena emergenza, che ha sorpreso e travolto tutti. Sicuramente non è per nulla semplice ciò che è ora chiesto loro, proprio per la natura drammatica e così esigente della circostanza che stiamo vivendo.



Eppure risulta ammirevole come i genitori siano attenti al bisogno dei figli di sentirsi in sicura compagnia e non impauriti.

In questo contesto la scuola è chiamata in causa come, in modo molto felice, espresso dal Capo dipartimento del ministero dell’Istruzione, Giovanna Boda, in chiusura di una nota inviata recentemente alle scuole italiane: “Giova allora rammentare sempre che uno degli aspetti più importanti in questa delicata fase d’emergenza è mantenere la socializzazione. Potrebbe sembrare un paradosso, ma le richieste che le famiglie rivolgono alle scuole vanno oltre ai compiti e alle lezioni a distanza, cercano infatti un rapporto più intenso e ravvicinato, seppur nella virtualità dettata dal momento. Chiedono di poter ascoltare le vostre voci e le vostre rassicurazioni, di poter incrociare anche gli sguardi rassicuranti di ognuno di voi, per poter confidare paure e preoccupazioni senza vergognarsi di chiedere aiuto”.



Esiste un compito primario, insieme alla didattica, che la scuola deve compiere: confermare alle famiglie la propria presenza e con essa l’intenzione di continuare con intensità quella collaborazione educativa iniziata, una collaborazione educativa che ha come unico scopo il bene dei figli, gli alunni e studenti della scuola.

Uno dei più grandi educatori italiani, don Luigi Giussani, dalla cui esperienza educativa sono nate tante e vitali scuole libere create e gestite da genitori e docenti, così scrive nel volume intitolato Il rischio educativo: “In particolare la genialità educativa della famiglia si rivela nella scelta dei collaboratori che essa si assume nell’opera di educazione dei figli”.



Allora è oggi necessario ripartire da qui, vero punto fondante della scuola: riprendere in mano la collaborazione alla famiglia nell’opera di educazione dei figli, perché questo mette nelle migliori condizioni per continuare, proprio in circostanze drammatiche come le attuali, a lavorare insieme e poter scoprire nuovi e sorprendenti aspetti di questa collaborazione tra adulti.

Così tutto quello che le scuole stanno mettendo in atto possa essere chiaramente finalizzato a conseguire quella collaborazione, proprio anche nell’urgenza che impone la realtà di guardare al significato della vita e alla domanda sul destino di ognuno e dei ragazzi in particolare.

In questo contesto per i genitori e i docenti è e sarà fondamentale guardare i ragazzi, vederli all’opera, correggerli e imparare da loro, sostenerli nella loro libertà di impegno con la realtà.

Credo che ci siano in Italia due ambiti (e coloro che ci operano) “in prima linea” in questa emergenza per il Coronavirus: gli ospedali e le scuole.

Gli ospedali perché sono chiamati, anche in situazioni estreme, a curare i contagiati, a salvare le vite delle persone, lavorando in condizioni impensabili fino a qualche settimana fa.

Le scuole perché svolgono un compito essenziale, indifferibile: l’educazione e la formazione, perché l’educazione dei giovani è il futuro e la speranza di una società. E ora lo debbono fare in una condizione mai prima sperimentata.

Famiglia e scuola continuino a sostenersi a vicenda nelle fatiche che la situazione comporta. Si possa contare gli uni sugli altri per valorizzare, condividere, suggerire cambiamenti, dare ragioni e chiedere chiarimenti sull’esperienza che si vive e gli strumenti che si utilizzano. Anche lo scambiarsi esperienze educative potrà essere di grande aiuto reciproco.

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