Gentile Ministro Bianchi,
mi sia consentito rivolgermi direttamente a Lei, in vista della riapertura delle scuole, a settembre.

Mi rendo conto che molte nostre scelte siano strettamente correlate ai dati epidemiologici e, anche se questo potrebbe sembrare un periodo di bonaccia, in cui tutti gli indicatori più pericolosi paiono placarsi (contagi e decessi, ad esempio), nessuna persona ragionevole può confidare, in maniera fideistica, sul definitivo superamento della pandemia. Infatti, in questi giorni, in Gran Bretagna, si sta registrando un nuovo aumento dei contagi (variante indiana) e, generalmente, quel paese anticipa l’evoluzione epidemiologica italiana di alcune settimane (così com’è occorso con l’altra variante, appunto, quella inglese). Mi rendo conto, quindi, che la situazione di settembre, sotto molti aspetti, dipenda da fattori difficilmente ponderabili.

Pur tuttavia, la mia scuola, l’Itis “G. Galilei” di Arezzo, ha bisogno, se non di certezze, quantomeno di alcuni orientamenti. Dirigo un istituto di 1.700 alunni circa, dove lavorano più di 220 docenti e una settantina di persone, appartenenti nello specifico al ruolo amministrativo, a quello degli assistenti tecnici e a quello dei collaboratori scolastici. Le scelte compiute per gli alunni hanno, necessariamente, una loro incidenza anche per le famiglie. Se ipotizziamo che ciascuna di esse sia composta di due o tre persone (compreso il nostro alunno), l’attività scolastica del “Galilei” riguarda alcune migliaia di persone.

È per questo motivo che abbiamo la necessità di organizzarci per tempo.

In questi giorni, il nostro collegio dei docenti ha deliberato dei modelli d’orario, definendo preliminarmente degli scenari in funzione di alcune variabili. Queste ultime riguardano sostanzialmente degli interrogativi. Li elenco, senza approfondirne il senso, perché altrimenti dovremmo espanderci troppo.

Permarrà, nelle aule, il metro di distanza tra le “rime buccali”? Sarà opportuno mantenere lo scaglionamento degli alunni in entrata e in uscita da scuola? Gli alunni rientreranno in classe al 100% oppure potremo continuare ad attivare, almeno parzialmente, la didattica a distanza?

Se restasse l’obbligo di distanziamento di almeno un metro, le aule del nostro istituto non avrebbero una capienza adeguata. Ho informato le istituzioni competenti circa questa situazione, ma, con onestà, mi è stato risposto che le aule non si creano dal nulla.

Forse, potremmo “scomporre” la palestra della scuola, costruendo nuove aule, ma tutto questo richiederebbe tempo. Poi… sarà possibile procurarsi un’altra palestra? Non è certo pensabile prevedere uno studio solamente teorico delle scienze motorie… Probabilmente, potremmo ovviare all’insufficienza degli spazi tramite la didattica a distanza, cioè, lasciando a casa ciascuna classe, a turno, almeno un giorno la settimana. In tal modo, quegli alunni che seguissero le lezioni in Dad, lascerebbero libere delle aule, consentendo a tutti gli altri alunni di mantenere il giusto distanziamento in presenza. Per questa ragione sarebbe opportuno sapere se potremo continuare ad attivare la Dad oppure no.

Insomma, sarebbe bene ricevere, da parte ministeriale, degli orientamenti, o almeno delle risposte di buon senso, fondate sul principio di prudenza. Il “governo” delle scuole è tutt’altro che agevole, perché la pandemia ha messo a dura prova le persone. Gli organi collegiali (che, tra l’altro, andrebbero celermente riformati!) non sempre sono luoghi di discussione razionale, perché talvolta vi prevale il malessere diffuso e il particolarismo degli interessi. Anche per questo, sarebbero utili le indicazioni di cui sopra. Altrimenti, perché non riconoscere esplicitamente che gli elementi imponderabili sono tali da impedire qualsiasi indicazione? In questo caso, si dovrebbe confidare nell’autonomia delle singole scuole. Almeno avremmo maggiore chiarezza. Sarebbe bene, quindi, inviare ai presidi un messaggio, semplice e diretto, come il seguente: “Fate ciò che potete; noi vi sosterremo”.

Non sempre, nel corso di questo lungo inverno, abbiamo avvertito il sostegno dell’amministrazione scolastica. In certe occasioni, quest’ultima è apparsa più intenta a costruirsi un ruolo che non impegnata a dare un effettivo contributo; oppure, si è dedicata (particolarmente durante il precedente governo) a somministrare questionari di monitoraggio, sulla cui utilità nutriamo tutt’oggi forti dubbi.

Sappia, inoltre, signor Ministro, che, mentre i sindacati pubblicano degli opuscoli di istruzioni sulle procedure di delibera per varare il “Piano estate” (opuscoli che poco hanno a che fare con la dovuta osservanza del principio di legittimità e che somigliano piuttosto a dei “manuali” di tecniche ostruzionistiche), una parte del corpo docente e i presidi si danno da fare con convinzione per attuare il piano che Lei ha inteso varare.

Forse, questo è il momento di pronunciare delle parole chiare e coraggiose.

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