Finisce un anno scolastico e tra le tante domande sollevate da questi nove mesi trascorsi in classe ve ne sono due che sono decisive per il presente e il futuro della scuola. Una riguarda qualcosa che è sulla bocca di tutti, ed è sventolata in ogni discorso su questioni educative o apparentemente tali. L’altra è molto più importante della prima, ma se ne sta nascosta.



Partiamo da quest’ultima. La questione nascosta, perché data per scontata e considerata poco rilevante, è quella dell’ora di lezione. Il Covid aveva dato una prima spallata all’ora di lezione e questo ha portato a metterla in secondo piano, dando sempre più rilevanza o a lavori di gruppo o ad esercitazioni oppure a verifiche e interrogazioni. Così ormai si sta costruendo un tipo di scuola in cui l’ora di lezione non è più l’ora di insegnamento ma viene occupata da tutt’altro: l’insegnamento è sostituito da pratiche di vario tipo oppure relegato ad un minimo irrilevante. Va osservato che tutte le innovazioni che sono state introdotte hanno la loro importanza, ma fare scuola inizia dall’insegnamento, dal rischio dell’insegnante di proporre ai suoi studenti un’ipotesi di lettura di un aspetto della realtà. Se viene meno l’insegnamento ciò che si genera è incertezza e disorientamento oltre che una banalizzazione della cultura. I ragazzi e le ragazze di oggi hanno bisogno di aver davanti insegnanti che propongono loro un’ipotesi con cui affrontare le discipline scolastiche e la realtà intera: un’ipotesi di senso da verificare affrontando lo studio. Oggi bisogna che gli insegnanti “riconquistino” l’ora di lezione e comunichino agli studenti e alle studentesse il loro sguardo sulla realtà.



Ma è solo riprendendosi l’ora di lezione che si può realizzare l’altra grande esigenza che viene oggi posta, quella dell’inclusione.

Chi oggi non parla di inclusione? Si deve però chiarire il livello esperienziale e originario dell’inclusione, che è quello del rapporto che si crea dentro ogni scuola, dentro ogni classe: l’inclusione è prima di tutto un rapporto, l’incontro tra due libertà, lo sguardo che incontra quello dell’altro e la reciprocità che si genera. L’inclusione, prima di essere uno scambio tra culture diverse, tra religioni e modi di vivere, è un rapporto di reciprocità che poggia sulla libertà. Per realizzare una vera inclusione occorre partire dal rapporto che si genera dentro una classe e in cui si dà all’altro accogliendo ciò che l’altro dà a noi: è un rapporto che ha il tempo e la dinamica della libertà, e come tale vive e cresce nel tempo.



Per questo diventa quanto mai importante l’ora di lezione. Che essa possa tornare ad essere lo spazio umano in cui uno, docente o allievo, incontrando l’altro scopre se stesso.

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