L’orientamento per la scelta della scuola superiore è un impegno molto importante per i docenti di terza media, in quanto sono tenuti a compilare un documento che suggerisce il percorso più indicato a ciascun alunno.

Prima di questa decisione si svolgono varie attività per far avere agli studenti maggiori indicazioni rispetto a quanto hanno saputo in classe. Bisogna considerare infatti che non tutti gli insegnanti hanno avuto la continuità triennale sulla stessa classe, pertanto capita spesso che alcuni docenti arrivino proprio all’ultimo anno.



Di solito ci si avvale di una batteria di test tesi ad indagare interessi, autostima, metodo di studio (analitico o globale) e di ragionamento (logico-matematico, etc.). La figura dell’orientatore, quasi sempre con laurea in psicologia, aiuta a restituire, valutando i test, il profilo di ogni studente. Intervengono poi altre figure che organizzano incontri al fine di illustrare la panoramica delle scuole superiori della provincia. Infine si accompagnano gli alunni a visitare le scuole vicine.



È un momento molto significativo per i ragazzi e le loro famiglie, carico di aspettative e desideri che talvolta vengono deluse dal giudizio degli insegnanti.

È impossibile non avvertire la responsabilità di questa decisione, in quanto si è chiamati ad indicare un percorso di studi invece di un altro senza esser certi di operare per il bene dell’alunno. Quel che i ragazzi ci mostrano nel corso del triennio è solo una parte di quel che sono realmente. È un’età di grandi cambiamenti fisici, emotivi, che avvengono rapidamente e quel che vediamo di loro è un’istantanea come quelle di una vecchia polaroid, che coglie solo alcuni aspetti. Altra componente essenziale da coinvolgere in modo efficace è la famiglia.



È importante che la scelta della scuola di secondo grado avvenga fin dall’inizio della terza media, proprio perché i ragazzi sono “preadolescenti”. Vivono infatti un periodo caratterizzato per lo più da una forte spinta motivazionale, in quanto in loro prevale il desiderio, che si può riconoscere ad esempio nell’innamoramento. I ragazzi in questa età si innamorano ma non si dichiarano, si tratta di un innamoramento del cuore, si desidera l’altra o l’altro non per averla come fidanzata o fidanzato ma per intensificare il valore del sentimento provato, attraverso l’immaginazione, il pensiero, il sogno e la proiezione della mente. Il desiderio raggiunge l’apice quando nasce, si fonda su una mancanza quindi l’innamoramento non è dichiarato, proprio come quello cantato da Dante per Beatrice. È questo quindi un momento favorevole per la scelta della scuola proprio perché alta è la spinta motivazionale.

Cosa può fare il genitore? Stare vicino al figlio, a fianco ma un passo indietro. È importante che non sia un passo avanti, per non generare l’iper–protezione genitoriale cioè sostanzialmente andando a proiettare sul figlio il proprio ideale di figlio. È opportuno assecondare con ragionevolezza le istanze dei ragazzi, senza però cedere alla tentazione di “saltare” la scuola superiore in vista di una professione altisonante, quale ad esempio criminologa, biologa marina, cardiologo, eccetera, attività che prevedono una processualità molto impegnativa e in taluni casi oltre l’università. Occorre tener presenti elementi di realtà per assecondare le idee dei figli.

Allo stesso tempo è importante non banalizzare o rifiutare le loro opinioni ma porsi in atteggiamento di ascolto, esprimere il proprio punto di vista ed una propria ipotesi di scelta. Questo apre al confronto serio; non è plagio o imposizione, se dichiarato subito. Sono fondamentali due aspetti: l’autenticità e la reciprocità.

Tutto quello che un genitore dice in maniera autentica favorisce una relazione positiva per la crescita. È in tal caso un’ipotesi di scelta tra le altre, che viene confrontata poi contestualmente andando a visitare le scuole e realisticamente tenendo conto dell’effettivo potenziale del ragazzo. La reciprocità invece riguarda l’importanza dell’opinione dei due genitori che vanno verificate entrambe. È indispensabile che avvenga un riconoscimento reciproco: se il genitore si presenta come una persona umile e in ascolto consente al ragazzo di operare una scelta in autonomia. Vedere un genitore che abbassa la testa, che si rimpicciolisce è fondamentale per il passaggio alla piena maturità che avviene poi alla fine dell’adolescenza, quando lo sguardo da sanguigno diventa compassionevole verso il genitore. Imporre una scelta o caricare il proprio figlio di aspettative esagerate ha l’effetto di svalutare l’autostima del ragazzo e può generare un senso di abbandono o al contrario di rabbia e di ribellione.

Quale si può considerare buona una scelta?

L’importante non è che ciascuno trovi la scuola perfetta, ma che raggiunga un assetto all’interno di quell’ambiente; che instauri buone relazioni tra pari e con gli adulti, che apprenda un metodo di studio, assumendo un atteggiamento che può essere lineare cioè finalizzato all’esito (realizzazione e raggiungimento degli obiettivi) ma potrebbe essere anche un atteggiamento zigzagante, ovvero non ottenere particolare successo in un determinato contesto scolastico ma rimanerci comunque per costruire delle buone relazioni, sopravvivere a volte, anche recuperando le materie a settembre.

Vale la pena perciò perseguire la strada intrapresa percependo ed imparando dalla propria fatica, acquisendo così competenze fondamentali. Social skills come la resilienza, la capacità di lavorare in gruppo, di adattarsi, di essere flessibile costituiscono la chiave di ingresso dell’acquisizione del saper fare. È essenziale acquisire la capacità di elaborare le emozioni proprie e altrui, di avere una visione d’insieme della realtà che sia aperta al confronto, cioè una visione integrata, in cui il proprio mondo interno e tutte le figure di riferimento abbiano un senso senza rinunciare a nessun aspetto.

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