Oscar era andato a scuola mezz’ora prima dell’apertura e aveva dovuto aspettare perché con le regole anti-Covid non si poteva fare eccezioni. Era molto emozionato, doveva sostenere la prima interrogazione in presenza dopo le numerose interrogazioni online del periodo della pandemia. Finora la presenza era stata un’esperienza affascinante, era bello ogni mattina incontrare compagni e compagne di classe e avere di fronte gli insegnanti, ma ora si era arrivati ad un rendere ragione che era qualitativamente diverso dalle interrogazioni davanti ad uno schermo durante le quali vi erano scappatoie di tutti i tipi.



Ora avrebbe avuto davanti l’insegnante e non ci sarebbe stata possibilità di sfuggire alla sua morsa. Oscar temeva di non essere più all’altezza e così era successo, le prime domande sulla storia medioevale lo avevano trovato impacciato. L’insegnante voleva una sintesi, ma lui non sapeva raccapezzarsi e diceva frasi a metà da cui non si capiva che cosa volesse intendere.



L’insegnante lo guardava in modo interrogativo e ad un certo punto lo aveva fermato. “Oscar, che cosa ti succede?” gli aveva chiesto direttamente in un tu a tu che non permetteva di barare.

“Sto andando male?” gli aveva risposto Oscar, evidentemente non avendo capito la domanda.

“Non ti preoccupare di come stai andando, ti sto chiedendo un’altra cosa, vorrei che mi spiegassi come mai sei così imbarazzato tanto da non riuscire ad imbastire un discorso con soggetto, verbo e complementi. Non è da te! Che cosa ti succede?”

“Ho paura di non essere più capace di rispondere alle domande di un insegnante.”



Il professore lo aveva guardato stupito, non capiva cosa Oscar volesse dire. Da quando vi è la scuola vi sono spiegazioni e interrogazioni!

“Sono entrato in classe con una paura addosso che io stesso non mi spiego!” aveva ripreso Oscar. “Abbia pazienza, lo so che sto dicendo una cosa che a lei sembra assurda, per me non lo è, la prego mi ascolti, ho bisogno di imparare di nuovo ad essere interrogato.”

“Io ti faccio le domande e tu mi rispondi, è tutto qui!” aveva ribattuto l’insegnante.

“Mi dia un’insufficienza, non so cosa dire e come dirlo, mi spiace, mi dia pure l’insufficienza che mi merito!” e si era messo le mani tra i capelli, come preso da una crisi di nervi.

L’insegnante era rimasto senza parole, lo aveva guardato con tanta intensità, non capiva cosa stesse succedendo. Com’era possibile un simile blocco? Come era possibile?

Si era poi piegato verso di lui e gli aveva accarezzato la testa. “Nessuna insufficienza – gli aveva sussurrato – voglio reimparare con te che cosa significhi interrogarti!”

Oscar d’improvviso aveva alzato la testa. Quella carezza inattesa era stato un soffio di tenerezza, aveva provato l’emozione di una compagnia che lo prendeva sul serio persino in una cosa banale, scontata.

Che il suo insegnante volesse imparare ad interrogarlo era una cosa da non credere!

“Ma sono io che devo rispondere alle domande dell’interrogazione, sono io a dover imparare!” aveva allora reagito Oscar, certo di portare chiarezza alla situazione strana che lui aveva creato.

“No” aveva prontamente controbattuto l’insegnante, “adesso ho capito, ti ho sempre interrogato perché tu rendessi conto di quello che hai imparato, ma la pandemia ha reso finta l’interrogazione. Ora l’interrogazione deve ridiventar reale, per entrambi. Riguarda anche me, sono io che ti interrogo”.

Oscar lo guardava, ora era lui che non capiva, quasi incosciente di quanto aveva fatto succedere.

“Abbiamo da imparare entrambi – aveva insistito l’insegnante – io a farmi interrogare, tu ad interrogare. È ribaltando le posizioni che si impara, entrando l’uno nello sguardo dell’altro. Questo oggi ho capito, ora vai a posto, il voto sta in questo compito che dobbiamo svolgere.”

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