Arriva con la sua utilitaria piena di libri e di fumo. Perché c’è ancora gente che legge libri e che fuma. E quando scende dall’auto, se ne arrotola un’altra, di sigaretta. Con precisa lentezza. Non è un caso che lo chiamino Spinoza. Lui però è specialista nella storia e nella filosofia medievale, tanto che in latino ci potrebbe anche parlare. Ma adesso che arriva dal confine franco-tedesco dove studia da un po’ per le sue ricerche, parla meglio anche il tedesco, l’inglese e, ça va sans dire, sciorina un ottimo francese. È tornato per il concorso. Lui ne ha già vinti tre o quattro. Nella sua regione ha vinto anche quello ordinario, piazzandosi al primo posto. E chi gliela levava una cattedra, un posto, un buco in qualche liceo sperduto nel Centro Italia?
In realtà di cattedre non ce n’erano. Vincitore di niente, ha accettato l’invito di amici a venire nella grande metropoli. Lì certamente qualcuno lo avrebbe voluto. Lasciò il suo incarico di borsista all’università – anche perché la borsa era piccola, piccola e ciò nonostante l’università non gliel’avrebbe rinnovata – arrivò a Milano ed effettivamente trovò un posto in una prestigiosa scuola privata (nell’Italia in cui il dizionario deve essere riscritto in ottemperanza alle nuove dottrine woke o di cancel culture, rimane ancora prassi comune dividere le scuole in private e statali, senza che nessuno s’indigni). Lasciò la sua utilitaria parcheggiata in qualche via di Lambrate e cominciò a insegnare storia e filosofia ai ragazzi del liceo. Finalmente.
La metropoli aveva il suo fascino, gli amici anche. Perché non fare un altro concorso con possibilità di trovare fissa dimora nella capitale morale del Paese? Fatto e vinto. Vincitore di niente, però, come sempre. Perché di cattedre e posti e buchi non ce n’erano nemmeno lì. Ma Oscar continuava lento e preciso ad arrotolare le sue sigarette, a studiare, a incontrare ragazzi nella sua scuola privata. E ad affascinarli anche. Nonostante l’ostica materia per la quale in Italia sembra non esserci più posto. E invece quanto ce ne sarebbe bisogno, dice lui. E non solo perché farebbe comodo a lui. Tra competenze, riforme valoriali, intelligenze artificiali forse se qualcuno gli insegna a pensare a ’sti ragazzi potrebbe solo fare bene.
A Milano Oscar è rimasto fino a quando non ha vinto un bando di un’università sul confine franco-tedesco. Che gli offriva la possibilità di approfondire il lavoro della sua tesi, del suo dottorato, del suo contratto di borsista che in Italia non si sognavano più di rinnovare. Tirò fuori la sua utilitaria dal parcheggio di Lambrate, la riempì di libri e di fumo in un lunghissimo viaggio tra laghi e montagne e pianure. Fino allo sperduto paese sul confine franco-tedesco. Da cui adesso è tornato per fare questo strano concorso. Di cui nessuno sa nulla. Pare che non serva ad ottenere l’abilitazione. Pare che non serva a scansare gli ostacoli dei crediti da acquisire per accedere all’insegnamento. Pare un sacco di cose. Pare solo che serva perché, se arrivi primo, una cattedra te la danno.
Comunque, a seconda del sindacato a cui si è rivolto, Oscar si è sentito dire: comunque fallo. In Italia non si sa mai: una sanatoria, una leggina magari stravolge tutto e ti abbonano qualcosa per il futuro concorso. Un altro, a cui Oscar ha telefonato dal confine franco-tedesco con qualche difficoltà, lo aveva sconsigliato, tanto lui il ruolo già l’aveva, a che gli serviva ’sta farsa? Un altro ancora, a partire dalle stesse premesse, concludeva invece con il consiglio di farlo: è vero che lei professore il ruolo ce l’ha, ma nella sua regione quando mai le daranno un posto? Se vince questo in Lombardia, forse è la volta buona. Già, forse è la volta buona, ha pensato Oscar. Che ha ripreso la sua utilitaria, l’ha riempita di libri e di fumo e ha fatto il viaggio al contrario: dai monti, alle pianure, ai laghi, all’alta pianura milanese. È arrivato dagli amici della metropoli che lo ospitano qualche giorno. Giusto il tempo di arrivare con la sua utilitaria in una scuola della provincia prealpina e fare ’sto benedetto concorso, riposarsi una notte, mangiare insieme e fumare. E poi ripartire.
Io lo incontro da loro. E verrebbe voglia anche a me di fumare, nonostante abbia già smesso da tempo e lo so che fa male. Il concorso, ça va sans dire, Oscar l’ha passato con il massimo dei voti. Ma credo che ci sia un’altra prova da fare, forse un orale. Oscar finge anche lui di non sapere a che cosa andrà incontro. Quale sarà il suo destino nella scuola italiana. Magari alla fine se ne torna nella sua scuola privata. Ma certo sa che domani riprende la sua utilitaria, rifà il viaggio di nuovo. Di nuovo libri e fumo a fargli compagnia. Una voglia invincibile di continuare a studiare, di provare a insegnare. Un fuoco che chissà come continua a bruciare. E non è quello piccolo con cui si accende l’ultima sigaretta prima di andare a dormire. Il tuo fuoco ci mette speranza. Ti aspettiamo. Hai già vinto. Buon viaggio Oscar, buon viaggio Spinoza.
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