Le Olimpiadi sono sempre un evento molto atteso mostrando, in modo più o meno contestato e contestabile, uno spaccato della società moderna. Da docente di educazione fisica e appassionata di sport le sto seguendo il più possibile; ho letto varie interviste agli atleti e mi sono nate delle considerazioni legate proprio a quella motivazione intrinseca mancante che si sta rilevando tra i nostri giovani alunni.
La tennista Paolini ha perso di misura la gara degli ottavi e dopo poche ore ha disputato il doppio con la compagna Errani; ai microfoni ha dichiarato: “Sono stata più discontinua di lei (Schmiedlova ndr.) all’interno della partita. Imparerò dai miei errori”. Il medagliato Filippo Macchi ha perso la finale di fioretto maschile non senza polemiche per la conduzione arbitrale. “La scherma è uno sport a discrezione degli arbitri, ma è colpa mia perché ero in vantaggio per 14-12 e dovevo chiudere prima il match. Ora bisogna guardare avanti perché c’è ancora una prova a squadre e lo devo ai miei compagni. Dalla scherma azzurra ci si attendono sempre tante medaglie, ma sul podio salgono soltanto in tre, la nostra disciplina si è evoluta in tutti i paesi. Cheung è un campione.”
La giovanissima nuotatrice Benedetta Pilato, quarta per un soffio: “Ci ho provato fino alla fine, mi dispiace, però sono lacrime di gioia, ve lo giuro. Sono felice: un anno fa non ero neanche in grado di fare questa gara e oggi ho nuotato la finale olimpica. Questo è solo il punto di partenza. Tutti si aspettavano di vedermi sul podio, tranne me. Un centesimo è davvero una beffa. Ma sono felice, è andata bene così… “.
Ci sono state parole e gesti significativi nel judo, nella ginnastica artistica a squadre, nel triathlon e in molte altre situazioni in cui i nostri atleti si sono giocati al massimo.
Loro sono i più bravi atleti di oggi. La maggior parte sono coetanei o poco più grandi dei nostri alunni. Mi hanno dato speranza anche ripensando alla grande fatica che sta facendo la scuola oggi nel far ritrovare motivazioni e desiderio nello scegliere di voler imparare e studiare. Tutti questi atleti per arrivare a gareggiare a questi livelli si sono sottoposti ad allenamenti quotidiani e hanno dovuto sviluppare una capacità di gestione della tensione, della pressione e della frustrazione.
Nessuno di loro ha accusato altri per i propri errori, ciascuno si è assunto le proprie responsabilità e ha anche saputo riconoscere il valore dell’avversario (nonostante sia un valore sportivo non è scontato rilevarlo, si pensi alla nazionale inglese che si è sfilata immediatamente la medaglia d’argento al termine delle ultime due edizioni dei campionati europei di calcio).
C’è sicuramente il rammarico per un risultato non ottenuto sapendo quanto sudore c’è stato per arrivare a giocarsi quella gara, ma c’è anche la capacità di godere e di essere felici per il percorso fatto, per i progressi personali, per le proprie vittorie che non è detto coincidano per forza con una medaglia. Tutti loro hanno cercato di esprimere il massimo del loro potenziale (si pensi al ginnasta Carlo Macchini gareggiare alla sbarra nonostante il dolore per un crampo).
Dietro a questi grandi atleti c’è un mondo molto complesso fatto di scelte, sacrifici e forza di volontà e sicuramente molta meno notorietà rispetto ad altri sport. C’è passione, desiderio, amore per il proprio sport, per i valori che incarna, c’è umiltà e rispetto, c’è dedizione, tenacia, coraggio.
Innanzitutto, questi Giochi sono l’occasione per mostrarci che sono ancora molti i ragazzi che ogni giorno scelgono di impegnarsi con dedizione e ardore in qualcosa che li coinvolga interamente come persone. Inoltre, questo spaccato sportivo può diventare occasione e pungolo da far conoscere ai nostri alunni perché nelle parole o nei gesti di altri giovani possano sentirsi provocati, possa accendersi qualche scintilla, possa mostrar loro uno stile con cui stare nelle sfide, non intendo solo quelle sportive!, personali ma anche relazionali fatte di rispetto e stima e non solo di prevaricazione, intrise di un senso di sacrificio per la squadra o di tenacia nel non mollare di fronte alle cadute o a eventuali ingiustizie subite.
Lo sport è solamente la “scusa” da cui partire che la realtà oggi ci offre e mi sembra possa diventare una chiave di lettura con cui ripartire a settembre, riaccendendo il braciere della cultura che è la nostra sfida olimpica che ci attende!
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